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Data: 30/03/2014
Testata giornalistica: Il Centro
Lavoro, il governo tira dritto. Poletti: «Prendersi il rischio». Nuovo Stop della Cgil. Camusso: il Paese non riparte con il precariato, dare certezze

ROMA L'agenda e le condizioni le ha già dettate il premier venerdì: il governo presenterà il disegno di legge delega sul lavoro in parlamento domani, e senza accettare condizionamenti: «Basta con i poteri di veto dei sindacati» ha detto. È un sabato di nuove polemiche, dunque, quello che segue le dichiarazioni di Matteo Renzi, con Susanna Camusso, leader della Cgil, che avverte l'esecutivo: «Nella riforma non c'è nulla di nuovo, anche perché c'è un presidente del Consiglio diverso, ma con la stessa maggioranza. Se ci sono molteplici forme di precarietà - aggiunge - il Paese non riparte: abbiamo quattro milioni di giovani precari, invece dobbiamo ricostruire percorsi professionali e dare certezze». Quello che accade in Italia sulla precarietà, sostiene, «non ha eguali al mondo». Davanti alle resistenze della Cgil, il governo alza le barricate. Il ministro dell'Interno Angelino Alfano, leader del Ncd, annuncia su Twitter di essere pronto a «difendere in Parlamento dagli attacchi della sinistra Pd il decreto sul lavoro che ha “smontato” la legge Fornero». Nessuna marcia indietro, dunque. Avverte il titolare delle Infrastrutture, Maurizio Lupi: «Non è il momento degli ultimatum. Il decreto Poletti al massimo può essere migliorato nella direzione che pone. E se un pezzo del Pd pensa di stravolgerlo e di tornare alla rigidità della Fornero, che ha dato solo insuccessi, se lo scorda». Arriva a ruota anche la benedizione del presidente degli industriali, Giorgio Squinzi, ospite con Susanna Camusso del convegno di Confindustria a Bari: «Sul lavoro il governo e il ministro Poletti hanno dato prova di rapidità e di coraggio, ora occorre che il Parlamento confermi questa scelta in fase di conversione». Da Milano, dove partecipa alla fiera "Fa' la cosa giusta", il ministro del Lavoro, più volte evocato, dice la sua: «Sono rispettoso dei rappresentanti delle imprese e dei lavoratori: ci si incontra, si discute, ma chi ha il compito di decidere, decide» dice, ricordando che «ci sono modelli di contratto vecchi di 120 anni, quindi se diamo una cambiatina non è male». Per il ministro in un Paese che non ama i pionieri, bisogna «prendersi il rischio» di cambiare «perché non ci pioverà dal cielo un'altra Fiat: ci vuole la voglia di intraprendere e di sperimentare e una politica non è grado di agevolare tutto questo». Ma il Pd ancora una volta è di fronte a una lacerazione interna. «La riforma va avanti esattamente come ribadito _ dice il neo vice segretario Debora Serracchiani _ Il decreto può essere migliorato, ma non si nasconde ipocritamente dietro a quello che avviene, come i contratti a termine non rinnovati per paura della stabilizzazione». Il presidente della commissione Lavoro Cesare Damiano, esponente storico della sinistra del partito, però, chiede modifiche: «Renzi ha affermato in Direzione che il contratto a termine e l’apprendistato sono “intoccabili”, ma che il decreto si può migliorare. Di fronte a questa contraddizione non c’è che una strada: confermare che non vogliamo stravolgere il decreto, ma proporre aggiustamenti». Quattro le modifiche a cui la commissione (in cui la maggioranza dei componenti Pd appartiene alla minoranza del partito) sta lavorando: accorciare il periodo delle “acausalità” del contratto a termine, ora fissata in tre anni; ridurre il numero delle proroghe, otto, possibili nei 36 mesi; recuperare una quota di formazione pubblica; ripristinare almeno al 30% la percentuale di apprendisti da confermare a tempo indeterminato prima di nuove assunzioni. «Altrimenti – dice – viene il sospetto che si voglia trasformare l’apprendistato in un contratto di lavoro usa e getta a basso costo». Dal fronte sindacale, il leader della Uil, Luigi Angeletti chiede di «uscire dal piano del dibattito solo idelogico»: «Bisogna avere l’umiltà di fare cambiamenti e verificarne gli effetti», afferma mentre il segretario dell’Ugl Giovanni Centrella definisce «anacronistica e dannosa» la scelta di rendere più flessibile il lavoro. E anche dall’ex ministro del Lavoro Elsa Fornero arriva un monito: «Il decreto non smantella proprio niente di quello che ho fatto, dà una sferzata: ma bisogna stare attenti perché il rischio è che aumenti il precariato: rende facile l’accesso al contratto a tempo determinato e dunque le imprese faranno questo tipo di contratto».

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