Quattro liste civiche, forse cinque, Udc e Nuovo centrodestra. Altro che intesa possibile. Guerino Testa ha già messo in moto la macchina da guerra per sfidare il sindaco uscente Luigi Albore Mascia nella corsa a Palazzo di città. Ieri mattina il presidente della Provincia era tra i banchi del mercato di via Pepe a parlare con la gente e a fare volantinaggio. Fra qualche giorno inaugurerà il suo comitato elettorale in pieno centro, tra piazza Salotto e via Nicola Fabrizi. Ma sembra che altre sedi saranno aperte anche in periferia: una per ogni quartiere.
«Adesso non si fermerà più», assicurano i fedelissimi di Testa. Una campagna elettorale da condurre con il coltello fra i denti pur di strappare anche un solo voto ai cugini di Forza Italia. Perché lo strappo nell'ex Pdl ha portato a questo: la coalizione di centrodestra, partita sempre vincente nella città di Pescara, oggi non ha più certezze. E le insidie non stanno solo nella lite in casa, ancora ricomponibile nell'eventuale secondo turno di ballottaggio, ma anche in altre variabili che a poco più di quaranta giorni dal voto sfuggono ad ogni pronostico: vedi il peso elettorale del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo ma anche dello stesso Ncd di Guerino Testa e Federica Chiavaroli, partito nuovo di zecca e ancora da immatricolare che si presenta per la prima volta di fronte agli elettori. Ecco perché anche la lettura dei sondaggi ha ormai la stessa valenza dell'oroscopo: ci credo, non ci credo.
Ma non è solo caccia al voto. Nei due schieramenti rivali è scattata anche la caccia ai consiglieri. Livio Marinucci, Massimo Pastore, Alfredo Cremonese e Andrea Salvati hanno già fatto la loro scelta di campo a sostegno di Guerino Testa. Il sindaco Albore Mascia ha dalla sua Forza Italia, Pescara Futura e Alleanza Nazionale ma da qui al 24 aprile, ultima data utile per la presentazione delle liste, sarà caccia grossa anche tra i banchi del consiglio comunale che ieri è tornato in aula per chiudere la partita dei debiti fuori bilancio. Una seduta svogliata e con i banchi semivuoti, dove era lampante che tutti hanno ormai la testa da un'altra parte. Basta guardare le sedi dei comitati elettorali che appaiono come funghi tra le vetrine del centro. Chiudono i negozi, spunta il candidato, per la gioia di chi non prendeva più un euro di affitto da mesi e per quella delle tipografie, dove le rotative hanno ripreso a girare a pieno ritmo.
L'altra cosa ancora poco chiara è quanti saranno i candidati sindaci per la sfida del 25 maggio. Un numero oggi variabile tra sette e otto, il che non aiuta ad eliminare la frammentazione delle liste e delle coalizioni in una gara sempre più ad excludendum. Una sorta di imbuto che renderà inevitabile il ricorso al secondo turno per conoscere il nome del nuovo sindaco. La vera partita si giocherà infatti tutta lì, nelle due settimane che precederanno il voto di domenica 8 giugno. Sino a quella data sarà solo pretattica, con un rischio in più, quello della cosiddetta anatra zoppa: un sindaco che esca dalle urne vincente ma senza i numeri sufficienti per governare in consiglio comunale. Qualcosa di simile accadde a Luciano D'Alfonso quando vinse le elezioni del 2003 e si ritrovò con un consiglio comunale spaccato esattamente a metà: venti consiglieri da una parte, venti dall'altra. Poi, nel corso della legislatura, furono ben 11 i consiglieri che lasciarono i banchi del centrodestra per approdare sull'altra sponda e l'anatra zoppa si trasformò in un tacchino.