ROMA Più soldi in busta paga anche per i lavoratori dipendenti con reddito basso, i cosiddetti incapienti: coloro che essendo di fatto già esenti dall’Irpef non ricaverebbero alcun beneficio dall’innalzamento delle detrazioni. Il governo sta lavorando per attuare una misura di questo tipo, annunciata dallo stesso presidente del Consiglio, ma le difficoltà non mancano. L’imperativo è fare presto, perché il decreto legge che sarà approvato il venerdì prima di Pasqua dovrà consentire di rendere operativo il beneficio per tutta la platea di lavoratori coinvolti - ed eventualmente anche per gli incapienti - con la retribuzione di maggio.
Filippo Taddei, responsabile economico del Pd, ha chiarito che in termini finanziari questo secondo intervento sarebbe aggiuntivo rispetto all’impegno di 6,7 miliardi necessario ad assicurare gli 80 euro in più al mese a coloro che hanno un reddito fino a 25 mila euro lordi l’anno. Servirà dunque una copertura ulteriore. Non è questo però l’unico problema. Lo stesso Taddei ha fatto presente che se l’erogazione del bonus avrebbe certamente effetti positivi sulla loro capacità di spesa di queste persone, per altri versi potrebbe essere preferibile intervenire nei loro confronti con strumenti più tipicamente di contrasto alla povertà, magari sotto forma di servizi sociali piuttosto che di erogazione in contanti.
Perché il beneficio sia visibile nelle buste paga di maggio, come per gli altri dipendenti, la via maestra è chiedere al sostituto d’imposta, ossia al datore di lavoro, di inserire la somma aggiuntiva nello stipendio: l’azienda la recupererebbe poi compensando sulle somme versate allo Stato per conto dei propri dipendenti (quelli non incapienti). La definizione esatta dei destinatari non è però immediata. Se un lavoratore dipendente non ha carichi di famiglia versa imposta pari a zero fino ad un imponibile d circa 8.100 l’anno. Ma se ci sono coniuge e figli a carico questa soglia diventa decisamente più alta: dunque sarebbe necessario fare alcune verifiche. Inoltre a questi livelli di reddito sono frequenti situazioni di lavoro atipico o precario, che possono rendere più complicata l’individuazione degli aventi diritto.
C’è un precedente: nel 2009 fu erogato un bonus una tantum agli incapienti, differenziato per fasce di reddito e carichi familiari. Le somme andavano da 200 a 1.000 euro, ma in un’unica soluzione. In quell’occasione gli interessati hanno dovuto fare un’apposita richiesta al datore di lavoro, autocertificando il proprio diritto. In caso di difficoltà con il datore di lavoro il pagamento poteva essere effettuato anche direttamente dall’Agenzia delle Entrate su conto corrente (dietro richiesta presentata attraverso un Caf) oppure anche presso un ufficio postale.
Anche stavolta quindi potrebbe essere scelto questo meccanismo; l’alternativa è coinvolgere l’Inps nell’operazione, eventualmente attraverso una riduzione dei contributi previdenziali trattenuti ai lavoratori.
LE POLEMICHE
Ieri nel dibattito sugli sconti fiscali ai lavoratori è intervenuto anche il Movimento 5 Stelle, sostenendo che l’effetto positivo degli 80 euro in più al mese sarebbe in gran parte vanificato dalla cancellazione della detrazione per coniuge a carico. Il riferimento è una parte del disegno di legge Jobs Act, nel quale si ipotizza - allo scopo di incentivare il lavoro femminile - l’istituzione di un apposito credito d’imposta e la conseguente «armonizzazione» dell’attuale detrazione. Si tratta però di una misura ancora tutta da definire, che avrebbe l’obiettivo di portare le donne a lavorare, dunque in una situazione che non giustificherebbe la percezione della detrazione da parte del marito. In ogni caso - ha precisato Filippo Taddei - non c’è nessuna intenzione di abrogare lo sconto per i coniugi.