ABRUZZO. Nel confronto con Giulio Borrelli «non ho mai detto che ‘non mi dimetto’».
Così il candidato del centrosinistra Luciano D’Alfonso replica al mare di polemiche inerenti la questione giudiziaria che lo vede coinvolto con un processo d’appello pendente a L’Aquila (Housework) che lo ha visto assolto in primo grado.
Oggi D’Alfonso sottolinea di non aver detto quella frase, anche sulla scorta di chi gli ricorda che è comunque obbligato a rispettare la legge Serverino che in caso di condanna non definitiva lo sospenderebbe per 18 mesi.
Ma cosa ha detto veramente D’Alfonso a quattr’occhi con l’ex giornalista del Tg1? Che si dimetterà? Che non lo farà? In realtà non c’è stata nessuna risposta netta (in pieno stile dalfonsiano, eppuire sarebbe bastato un “sì” o un “no”…) ma l’ex sindaco, continuamente incalzato dalle domande di Borrelli, ha detto senza ombra di dubbio che pure con una condanna sulle spalle andrà avanti tanto che il suo interlocutore gli ha poi chiesto: ma è sicuro che la coalizione poi la sosterrebbe? E lui ha detto sì. Borrelli alla fine dell’incontro ha deciso che Abruzzo Civico lo sosterrà ugualmente ma in caso di condanna il movimento romperà il patto d’alleanza.
Di certo D’Alfonso tuttavia non ha mai detto che si dimetterà in caso di condanna.
IL DIALOGO
«La domanda è precisa», gli ha chiesto Borrelli che voleva una risposta netta: «cosa farà nel caso in cui dovesse arrivare una condanna in secondo grado? Deve essere preciso: i cittadini lo vogliono sapere».
D’Alfonso: «escludo la revisione del primo grado ma laddove ci dovesse essere c’è l’ulteriore grado della Cassazione».
Borrelli: «Quindi lei nel caso venisse condannato, non glielo auguro, che succede?»
D’Alfonso: «Vado all’ulteriore grado»
Borrelli: «Quindi lei non pensa che si possa tornare a votare fino a che non c’è una sentenza definitiva della cassazione?»
D’Alfonso: «Vado avanti»
Borrelli: «Quindi aspetta il terzo grado di giudizio?»
D’Alfonso: «Assolutamente sì, convinto del fatto che l’appello non potrà che darmi ragione».
Borrelli: «E lei pensa di poter resistere fino al terzo grado con una condanna in appello…anche con questi alleati che già le contestano alcune cose…?»
D’Alfonso: «Certamente, per la qualità delle assoluzioni che ho ricevuto».
LA REPLICA DI OGGI
D’Alfonso, come detto, oggi ci tiene a ribadire che non ha mai detto che non si dimetterà e spiega che nell’intervista «mi sono limitato a richiamare un pacifico diritto di ogni cittadino, quello di ottenere l'accertamento della verità anche nei successivi gradi previsti dall'ordinamento. Per il resto naturalmente valgono per me le leggi che valgono per gli altri, legge Severino in testa. Non sono tipo da leggi ad personam, ricordo semmai che tra 2004 e 2005 fu confezionata al mio indirizzo una legge contra personam». Il riferimento è alla legge ‘ammazza sindaci’.
«Personalmente», continua D’Alfonso, «col conforto del parere dei legali, ritengo che il ricorso in appello non abbia motivi tali da poter superare la piena assoluzione che ha disposto il Tribunale». Il candidato presidente sottolinea di non gradire gli attacchi di una parte politica «che trova occasione per dichiarare su di me a prescindere».