Ci sarà un confronto duro e aspro. Dopo lo smarrimento, i sindacati si stanno riorganizzando e ora sono sul piede di guerra per la «fuga in avanti» di amministrazione comunale e Atac. Per lunedì è prevista una riunione plenaria di fuoco fra tutte le sigle del trasporto, dove si concorderà una strategia unitaria, che potrebbe portare ad una raffica di scioperi. Le ostilità si sono aperte con la decisione dell’ad Danilo Broggi, presa insieme all’assessore capitolino alla Mobilità, Guido Improta, di avviare la procedura di esubero di 323 lavoratori, fra quadri e dipendenti amministrativi, da trasformare eventualmente in controllori da piazzare in bus e metro. In realtà, gli accordi con le sigle sindacali sembravano essere altri. «Si era parlato di un utilizzo non a tempo pieno - spiega Simona Rossitto, segretario regionale Uil Trasporti - Invece ci troviamo con l’apertura della 223». In sostanza, il patto azienda-sindacati puntava a far ruotare tutti i 1200 dipendenti amministrativi nel ruolo di verificatori; invece, la procedura avviata dall’azienda, ai sensi della legge 223/91, art. 4, individua nello specifico i lavoratori da tagliare e prevede, seppur come ultima ipotesi, il licenziamento collettivo per motivi economici. Non solo, nell’informativa inviata all’azienda ci sono nel dettaglio la quantità e le tipologie dei dipendenti da rimuovere per ciascun ufficio. «In pratica, mancano solo nome e cognome», affermano rassegnati in azienda. Dal canto suo, Broggi avrebbe confidato a persone a lui vicine che «è stato necessario compiere una forzatura, in quanto i sindacati continuavano a rimandare l’apertura del tavolo».
Quel che spaventa le parti sociali, in particolare, è lo spettro della privatizzazione. E che quella degli «esuberi» possa essere in realtà un modo per spianare la strada a possibili acquirenti. «Opzione che non può essere attuata in queste condizioni economiche», continua a sostenere Improta, nonostante alla porta del Campidoglio continuino a bussare aziende come Busitalia, del gruppo Ferrovie dello Stato, interessatissime a "rilanciare" l’azienda dei trasporti sul modello già messo in campo a Firenze. «È bene che i cittadini - hanno detto chiaramente ieri i segretari romani di Cgil, Cisl e Uil, Roberto Giordano, Gianpaolo Pavoni e Felice Alfonsi - sappiano che non è con la privatizzazione del servizio che si risolvono i problemi, bensì con una politica sui trasporti che parta dalla individuazione delle risorse necessarie». L’altro fronte caldo in Atac è quello dei dirigenti da tagliare, voce che nel 2013 ha portato l’azienda a spendere quasi 10 milioni per stipendi e assegni ad personam. Il cda avrebbe già individuato le prossime 25 figure apicali che, di qui a breve, potrebbero lasciare l’azienda. In realtà ieri mattina, nel fermento generale che vige a Via Prenestina, si diceva che le lettere di licenziamento fossero già state inviate, ma la notizia non è stata confermata. Pare, invece, che un buon gruppo di dirigenti si sia messo da qualche tempo in malattia e che il ritardo nelle operazioni di «taglio» siano dovute anche a questo fattore. Non solo: ci sono da calcolare anche le buonuscite. Fonti interne, a questo proposito, non escludono che l’azienda, nei casi che lo consentono, possa decidere di proporre la sostituzione del risarcimento monetario con un reintegro a