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Data: 13/04/2014
Testata giornalistica: Rassegna.it
Fiom, Camusso: “La Cgil casa comune, non condominio”. No all’autoesclusione della Fiom dalla consultazione Cgil sulla rappresentanza. L'intervento del segretario generale al congresso delle tute blu

“La Cgil è bene che resti una grande casa comune, e non un condominio”. Così, in apertura del suo intervento al congresso Fiom, Susanna Camusso.

Una casa comune che deve affrontare, primo fra tutti, il problema di una drammatica crisi industriale. “Il nostro apparato industriale è diminuito più o meno di un quarto”. Il nodo è quello degli indirizzi, di una politica industriale. Ma questo nodo non è stato affrontato: non è accaduto con i governi degli ultimi anni, non succede con l’attuale esecutivo. Il nodo, ancora, “è come l’investimento pubblico orienta i diversi settori”. E non si può parlare solo delle nuove realtà industriali, ma guardare anche ai settori tradizionali – si pensi alla siderurgia –. Sbagliata dunque l’idea che l’unica cosa operazione possibile sia privatizzare per fare cassa.

“Il governo ha detto che non intende confrontarsi – ha proseguito Camusso –. La Cgil non ha mai pietito né pietisce un qualunque tavolo al solo fine di essere ammessa al confronto”. Ma questo non significa rinunciare al cambiamento, non discutere di industria, sviluppo, “di quella che chiamiamo green economy”.

Leva decisiva di questo cambiamento deve tornare a essere la contrattazione. Interrogandosi e intervenendo sulla frantumazione dell’apparato produttivo, su come si è modificato il rapporto tra settori e cicli; quindi se valgono ancora le vecchie, canoniche divisioni: agricoltura, industria, terziario. Questione cui si collega il tema della confederalità e dell’inclusione. “Il governo non offre una riunificazione delle forme contrattuali. È la contrattazione che deve permetterci di inclusivi, allora”. Partendo innanzitutto dal tema degli ultimi e poi dall’intero universo del precariato. “Noi abbiamo ormai in tutte le categorie lavoratrici e lavoratori che sono ai margini. Un mondo, dall’assistenza alla logistica, con le retribuzioni più basse, che non capisce la nostra discussione”.

E ancora: si parla di salario minimo. Attenzione, perché “l’idea, nel governo, è un’altra: quella di un salario minimo che sostituisce il contratto nazionale di lavoro e la contrattazione”.

“Noi pensiamo da sempre che il cambiamento sia la nostra frontiera quotidiana. Ma se il cambiamento è una cifra politica non aggettivata siamo sicuri si vada nella direzione giusta? Ci sono oggi giovani, fra l’altro, “che rappresentano abbastanza poco anche se sono in posti di responsabilità del paese”. Certo, quest’idea del cambiamento affascina. Ma una grande organizzazione deve andare oltre: provare a individuare le novità vere da mettere in campo.

“Bisogna capire allora come ci riorganizziamo. Bisogna rispondere colpo su colpo alle cose che vanno bene e a quelle che non vanno”. Il tema è come costruire un movimento vasto che metta al centro la questione del riequilibrio dei poteri – che non è nei progetti del governo, ha fatto intendere Camusso riprendendo le preoccupazioni espresse da Rodotà nell’applauditissimo intervento che l’aveva preceduta –, “come costruire un movimento basato su una forte partecipazione. Capace di contrastare l’arroganza che il sindacato ha di fronte: “L’idea che tutto ciò che si contrappone – ai progetti dei fautori del ‘cambiamento’, ndr – è irrilevante”.

Importante, da questo punto di vista, anche “un salto di qualità della nostra democrazia interna”. “Abbiamo bisogno di guardare non solo all’alto, ma anche al basso, ai nostri delegati”. Le grandi stagioni di crescita del sindacato sono venute sempre grazie a una forte partecipazione. Oggi c’è una difficoltà in più, rispetto al passato: “Bisogna collegare soggetti che non si conoscono reciprocamente: pensare a una casa comune, non a una somma di appartenenze”.

Da ultimo, il testo unico sulla rappresentanza. “Maurizio dava i risultati della consultazione tra i metalmeccanici – ha osservato il segretario generale della Cgil rivolgendosi a Landini –. Io però Maurizio una domanda te la faccio. Vale il giudizio dei lavoratori, certo (l’86,6%, iscritti e non iscritti, ha votato no, ndr). Ma ti chiedo: come fa la Cgil a chiudere la sua consultazione?”. Gli iscritti alla Fiom sono iscritti anche alla confederazione: come fa la Cgil se Corso Trieste non comunica i risultati del voto degli iscritti? “Un’organizzazione sta insieme se le regole che ha le applica. Abbiamo un dovere verso gli iscritti, l’autoesclusione – della Fiom, ndr – è l’unica cosa che non può succedere”.

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