PESCARA Non è più il tempo delle interviste in prima serata e delle difese via etere. Dopo le lacrime e gli spot in tv torna nel silenzio della sua sede «naturale», il tribunale di Pescara, l'inchiesta «Il Vate». Un ritorno in grande spolvero con l'atteso faccia a faccia tra l'ex assessore regionale alla cultura, Luigi De Fanis, e la sua ex segretaria, e oggi sua prima accusatrice, Lucia Zingariello. Troppe le versioni della donna, troppe le ritrattazioni e troppe le «verità» che hanno tenuto De Fanis per quattro mesi, fino al 14 marzo, agli arresti domiciliari. Cristallizzare la prova. È questo che hanno chiesto i legali dell'ex assessore, Massimo Cirulli e Domenico Frattura, quando hanno avanzato la richiesta di incidente probatorio. Alle 10 il confronto si farà e la Zingariello, accompagnata dai suoi legali, dovrà rispondere alle domande del gip Maria Carla Sacco, del pm Giuseppe Bellelli e degli avvocati di tutti gli indagati. Non sono solo De Fanis e Zingariello i protagonisti di questa vicenda infatti, ma a dover rispondere con loro, a vario titolo, dei reati di concussione, truffa aggravata e peculato, ci sono anche Ermanno Falone, rappresentante legale dell'associazione Abruzzo Antico utilizzata «come filtro – scrive il gip – attraverso cui far transitare le erogazioni dei contributi regionali» e Rosa Giammarco, responsabile dell'Agenzia per la Promozione Culturale della Regione, che si sarebbe invece «adoperata per far ottenere i finanziamenti in favore dell'assessore». Nonostante le tinte «rosa» che hanno portato sulle prime pagine dei giornali i due, in Tribunale protagonisti saranno, come doveroso, i fatti giudiziari, quelli cioè che hanno fatto scattare le manette ai polsi degli indagati. È sulle presunte tangenti che De Fanis, con la complicità degli altri tre, avrebbe chiesto a diversi imprenditori, che ruota l'intera vicenda. Tangenti chieste, in particolare, in occasione dell'erogazione dei fondi pubblici per il finanziamento delle attività culturali da realizzare per il 150esimo della nascita di Gabriele d'Annunzio. La Zingariello dovrà nello specifico chiarire sui rapporti tra lei, De Fanis e l'imprenditore Andrea Mascitti quello che, denunciati i fatti alla Forestale, ha di fatto incastrato l'ex assessore riprendendo un loro incontro con una telecamera nascosta. Identificatasi come colei che in questi mesi ha subito una «discriminazione sessuale» per aver fatto ciò che le veniva chiesto, dovrà una volta per tutte chiarire la sua posizione e difendersi da quell'accusa per cui, scrisse il gip nell'ordinanza con cui le notificava gli arresti domiciliari poi revocati, «svolse mansioni da intermediaria nell'attività illecita posta in essere da De Fanis stesso. Anche per lei appare concreto il pericolo di reiterare condotte delittuose analoghe a quelle già accertate a suo carico». L'ex segretaria per la quale l'ex assessore ha in più occasioni ammesso di aver letteralmente perso la testa, dovrà anche chiarire quelle contraddizioni sui viaggi a Roma e Bologna per i quali, sostiene l'accusa, i due avrebbero «usato la macchina della Regione a Roma per raccomandare il fratello di Zingariello alle Poste e a Bologna per una visita medica della donna». Raccomandazione che al pm la donna ha riferito riguardasse invece la figlia di De Fanis nonostante questa risulti impiegata da ben prima di quel viaggio. Con un incidente probatorio fissato ben prima della sua apparizione nella trasmissione «Otto e mezzo», non è difficile immaginare che l'attenzione si poserà anche sul famoso «contratto» firmato dalla donna su un pezzo di carta. Contratto con cui si sarebbe impegnata, perché costretta, aveva detto di fronte al pm, ad offrire sesso in cambio di 3 mila euro al mese. Contratto del quale ha poi smentito l’esistenza.