ROMA Un bonus per gli incapienti pari al 3-4 per cento del reddito da erogare probabilmente attraverso il datore di lavoro. Il governo punta a definire nel decreto legge di domani tutta l’operazione sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, sia quelli che hanno una retribuzione sufficiente a versare imposte, sia quelli che trovandosi a livelli più bassi non avrebbero benefici da un semplice aumento delle detrazioni Irpef.
L’opzione principale era fino a ieri quella di un intervento di natura fiscale, quindi proprio attraverso l’Irpef. Ma la possibilità di agire attraverso l’Inps sui contributi resta in piedi a livello tecnico e sta guadagnando terreno, in vista della decisione politica finale che comunque dovrà essere presa nelle prossime ore. Anzi appare plausibile che la strada della decontribuzione venga adottata per la generalità dei lavoratori: dunque si avrebbe per tutti un taglio di 3-4 punti dei contributi previdenziali, che attualmente sono poco più di 9 per la parte di competenza del dipendente. Quale che sia la soluzione prescelta occorre fare presto, per centrare l’obiettivo di concretizzare il beneficio nelle buste paga di maggio.
L’ABBONAMENTO TV
La giornata di ieri è stata caratterizzata da anche da una sorta di giallo sul tema del canone Rai. È circolata l’ipotesi di utilizzare i proventi della lotta all’evasione a questo tributo, per dare copertura proprio al decreto sull’Irpef (per 150 milioni). Ma nuova sarebbe stata soprattutto la modalità escogitata per stanare chi non paga l’abbonamento alla televisione pubblica: sostanzialmente, questo sarebbe stato legato alle utenze elettriche. Sarebbero quindi stati tenuti al pagamento tutti coloro che hanno un contratto di fornitura, in modo da far pagare il canone insieme alla bolletta.
L’ipotesi, che a quanto pare proviene dal lavoro svolto dal gruppo del commissario Carlo Cottarelli, è stata però esclusa dalla presidenza del Consiglio. È comunque possibile che venga presa in considerazione in una fase successiva.
Dunque le copertura alla riduzione del cuneo fiscale arriverà dalle voci indicate pur sommariamente nel Documento di economia e finanza: retribuzioni dei dirigenti pubblici, spesa sanitaria, acquisti di beni e servizi, trasferimenti alle imprese. Dovrà essere messa insieme una somma pari a 4,5 miliardi, mentre poco più di 2 arriverebbero da voci una tantum: il maggior gettito Iva atteso a seguito del pagamento dei debiti della pubblica amministrazione e l’incremento dal 12 al 26 per cento dell’aliquota imposta alle banche per la rivalutazione delle quote di Bankitalia.
L’ultimo nodo da sciogliere è allora quello relativo alla forma che dovrà prendere la riduzione del cuneo fiscale. Finora si è parlato soprattutto di un intervento sulle detrazioni Irpef, con l’obiettivo di garantire a tipicamente a coloro che hanno un reddito tra i 20 e i 25 mila euro un beneficio di 1000 euro l’anno, i famosi 80 al mese. Questo schema pone qualche problema relativamente ai lavoratori incapienti (quelli che hanno uno stipendio al di sotto degli 8 mila euro l’anno, se senza carichi familiari, o altrimenti anche maggiore). Il datore di lavoro, che agisce come sostituto d’imposta, dovrebbe erogare loro una somma riservandosi poi di recuperarla sui successivi versamenti allo Stato. Una percentuale pari al 3-4 per cento del reddito garantirebbe un beneficio analogo, in proporzione, a quello degli 80 euro.
LA VIA PIÙ SEMPLICE
Per questa categoria di dipendenti sarebbe più semplice intervenire tagliando i contributi previdenziali, che comunque sono trattenuti a tutti. Anzi avanza in queste ultime ore l’idea di percorrere questa via per tutti i lavoratori. Ovviamente per evitare una riduzione delle future pensioni (calcolate con il sistema contributivo) lo Stato dovrebbe assumersi il relativo onere: i contributi diventerebbero quindi figurativi.
La controindicazione a questo tipo di intervento è che, pur in presenza di un intervento pubblico compensativo, il meccanismo delle pensioni verrebbe reso meno traspar