ROMA Clima pesante intorno al Dl sul lavoro. Dopo le modifiche in Commissione, il provvedimento approda oggi alla Camera accompagnato da forti polemiche. Oltre al no delle opposizioni (M5S e Forza Italia in testa), il governo deve fronteggiare anche i mal di pancia di Ncd e Scelta Civica che hanno maldigerito le correzioni volute soprattutto dalla minoranza del Pd. Nel fine settimana Palazzo Chigi ha lavorato per mediare, ma Matteo Renzi e il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, considerano ormai blindato il testo che, entro il 19 maggio prossimo, deve convertire il decreto legge approvato a metà marzo. Il testo uscito dalla Commissione, ha ripetuto in queste ore Poletti a chi ne ha raccolto i pensieri, «ha rispettato i contenuti fondamentali del decreto senza stravolgerlo e ora serve un’approvazione rapida in modo da consentire il completamento di tutto l'iter parlamentare». Dunque ora il governo si aspetta che la maggioranza voti compatta per trasmettere al Senato un corpus di norme senza ulteriori variazioni. Anche perché, ha ricordato il ministro a chi ascoltava i suoi ragionamenti, «serve una risposta urgente alla necessità di rilanciare l'occupazione semplificando il ricorso al contratto a tempo determinato e all'apprendistato». Prendere o lasciare, insomma. A costo di ricorrere alla fiducia entro la fine della settimana se i malumori non cesseranno. «Forse non sarà necessario», si fa notare in ambienti di governo. Ma intanto per tutta la giornata di ieri ampi settori della maggioranza hanno tenuto alta la temperatura. «Il decreto per come era impostato originariamente – ha polemizzato Fabrizio Cicchitto di Ncd - è un punto essenziale della strategia economica del governo e noi ci batteremo perché in aula venga ripristinato».
LE CRITICHE
Andrea Mazziotti di Scelta Civica ha rincarato la dose affermando che «gli emendamenti introducono vincoli burocratici e rischi di contenzioso per le imprese che andavano evitati». Al centro delle polemiche, in particolare, le modifiche che nei giorni scorsi hanno riguardato proprio l’apprendistato e il contratto a tempo determinato. In particolare su quest’ultimo dossier, la riforma disegnata da Renzi aumenta da 12 a 36 mesi la durata massima dei contratti a termine per cui il datore non è obbligato a giustificare la ragione per la quale non assume a tempo indeterminato. Ebbene, il testo originario consentiva otto proroghe contrattuali rispetto all’unica permessa dalla riforma Fornero, mentre la commissione Lavoro le ha ridotte a cinque. Così per l’apprendistato: la riforma Poletti autentica non prevedeva nessuna condizione di assunzione per il datore di lavoro che impiega un apprendista, così come cancellava l’obbligo del progetto formativo in forma scritta. Il nuovo testo introduce invece per le aziende oltre i 30 dipendenti l’obbligo di stabilizzazione del 20 percento degli apprendisti prima di poterne impiegare ulteriori. Per le donne in gravidanza con contratti a termine di almeno sei mesi, inoltre, viene stabilito che la maternità sarà conteggiata ai fini del diritto di precedenza in caso di assunzioni a tempo determinato o indeterminato nei 12 mesi successivi alla scadenza del contratto. Tuttavia si tratta di modifiche che, a giudizio di Poletti, non cambiano la sostanza delle cose.