ROMA Se le pubbliche amministrazioni d’ora in poi non pagheranno i fornitori entro i tempi stabiliti non potranno fare assunzioni. Nemmeno collaboratori, precari, o contratti di servizio. È una delle ultime novità emerse dalla versione finale del decreto che contiene il bonus Irpef di 80 euro al mese per i redditi tra gli 8 e i 24.000 euro. Il provvedimento ieri, subito dopo la firma dal presidente della Repubblica, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale. È già in vigore e inizierà il suo iter in Parlamento con l’approdo al Senato martedì prossimo, 29 aprile. Già con la busta paga di fine maggio i lavoratori dipendenti toccheranno con mano il bonus.
Nel frattempo non si placano le polemiche sull’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie (comprese quelle derivanti dagli interessi dei conti correnti e dei depositi postali, con la sola esclusione dei titoli di Stato) la cui aliquota passa dal 20 al 26%. Cosicchè in serata Palazzo Chigi precisa: «La misura degli 80 euro in busta paga non è finanziata dalle rendite ma dai tagli alla spesa». Concetto ribadito con un tweet anche dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan: «Nessuna nuova tassa sulla ricchezza. Aumentano le imposte sui guadagni della ricchezza finanziaria». E ancora: «La finanza sia al servizio di impresa e lavoro». Padoan ricorda poi il taglio del 10% dell’Irap.
SMALTIMENTO DEBITI
Il governo Renzi, dunque, affila le armi per lo smaltimento dei debiti della Pa. Perché non è un paese civile quello dove le aziende chiudono i battenti per crediti, e in questi anni è accaduto a tante, a troppe imprese sane. Ma anche perché c’è una direttiva Ue da rispettare sui tempi di pagamento e se non lo si fa scatteranno pesanti sanzioni.
Per cui ecco la nuove scure su chi diluirà troppo i tempi nel pagare i fornitori di beni e servizi: stop a qualunque tipo di assunzione. Anche precaria. Una norma che va ad aggiungersi al già vigente blocco del turnover (spesso aggirato proprio con i contratti di collaborazione e consulenza). I tempi concessi per pagare i debiti, d’altronde, sono più lunghi di quelli previsti dalla Ue: massimo entro 90 giorni nel 2014 e 60 nel 2015. Per l’Europa dovrebbero essere 30. Ma evidentemente il governo ha scelto di essere realista.
Per evitare che la polvere finisca sotto il tappeto e che le amministrazioni pubbliche non sappiano realmente quanti e quali siano i loro debiti, il decreto prevede anche l’obbligo di un «registro unico delle fatture». Dovrà essere operativo da luglio. In pratica ogni amministrazione, entro 10 giorni dal ricevimento, dovrà annotare nel proprio registro «le fatture o le richieste equivalenti di pagamento» per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali. Non ci potranno quindi più essere registri separati per settore. Questo nuovo adempimento - si legge nel decreto - è «parte integrante del sistema informativo contabile» delle amministrazioni.
OSSIGENO PER LA RIPRESA
Per accelerare lo smaltimento del pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, il decreto stanzia circa 9,6 miliardi che si aggiungono ai 47 già previsti. In particolare 6 miliardi sono finalizzati a pagamenti «certi, liquidi ed esigibili» da parte di Regioni ed enti locali; 2 miliardi serviranno per pagare i debiti delle società partecipate da enti locali; 770 milioni per le anticipazioni nel settore sanitario; il resto delle risorse stanziate servirà per pagare i debiti dei ministeri. In realtà lo spazio finanziario per a disposizione del governo per i pagamento, senza impattare sul deficit, sarebbe di 13 miliardi. Ma si è preferito restare sotto, anche perché lo stesso governo ha seri dubbi sulla possibilità di smaltire effettivamente gli oltre 9 miliardi stanziati, tant’è che la relazione tecnica del decreto contabilizza nel 2014 solo 5 miliardi. A mettere i bastoni tra le ruote ai cassieri potrebbero esserci infatti le regole del patto di stabilità interno.
IL FONDO DI GARANZIA
Arrivano nuove norme e nuovi strumenti per facilitare la certificazione dei crediti vantati nei confronti della P.a, e quindi la loro cessione. Il meccanismo passa attraverso le banche che acquistano i crediti e possono cederli alla Cassa Depositi e Prestiti, la quale a sua volta può prevedere dilazioni di pagamento di molti anni. È prevista la garanzia di ultima istanza dello Stato: a questo proposito ci sarà uno specifico fondo sul quale il governo mette un miliardo di euro.