PESCARA Sono quattro i candidati presidenti alla Regione Abruzzo, 14 le liste per 406 candidati. Nel 2008 erano 15, ma allora i candidati presidenti erano 6. E molti di più i candidati nelle liste, perché in Consiglio c’erano 40 posti da assegnare, oggi sono 29 più il presidente vincitore e il secondo arrivato. L’uscente Gianni Chiodi corre contro la storia e contro l’attualità. La storia dice che nessun presidente di Regione è stato mai riconfermato in Abruzzo. L’attualità suggerisce che il clima del paese non lo avvantaggia (Renzi e Grillo sono al massimo dei consensi, Berlusconi arranca dentro una coalizione divisa). E nessuno oggi può dire che peso avrà sull’elettorato l’inchiesta sulla Rimborsopoli che lo coinvolge assieme a parte della giunta e dei consiglieri di maggioranza, tra cui il coordinatore regionale del suo partito Pagano. Chiodi usa tutte le sue risorse (e la rendita di posizione di presidente uscente) per riguadagnare terreno. Non ultima la più classica delle trovate elettorali: la lettera “istituzionale” recapitata agli abruzzesi, allegata questa volta a una comunicazione della Sogei-Agenzia delle Entrate in cui si annuncia l’invio della nuova tessera sanitaria. Insieme alla comunicazione della Sogei c’è la lettera del presidente Chiodi che annuncia e spiega «ai cittadini e alle cittadine» l’iniziativa. Il Pd ha già annunciato un ricorso «alle autorità competenti». La senatrice Pezzopane farà un’interrogazione parlamentare. Il diretto sfidante di Chiodi è Luciano D’Alfonso, al quale però non mancano problemi interni. La costruzione dell’alleanza non è stata facile. Idv, Sel e Comunisti italiani non erano entusiasti della sua candidatura, vista la storia giudiziaria del candidato Pd, in attesa di un processo e di un appello. Ma anche la composizione di otto liste non ha facilitato il compito. D’Alfonso ha lavorato per portare dalla sua parte pezzi importanti del centrodestra (Daniela Stati) o esponenti Pd defilati ma ancora forti elettoralmente (Donato Di Matteo e soprattutto Giorgio D’Ambrosio) ma non tutti hanno apprezzato lo sforzo. Anzi, sul nome dell’ex sindaco di Pianella la coalizione potrebbe spaccarsi (vedi servizio nella pagina successiva). I problemi delle due principali coalizioni potrebbero favorire la candidata del Movimento 5 Stelle Sara Marcozzi. Le sue sono liste di “sconosciuti” scelti dalle primarie della rete (così come la candidata presidente), ma è questa anche la forza del movimento, al quale la mancanza di esperienza e di radicamento elettorale non dovrebbe pregiudicare i consensi. Come dimostrano le riunioni pubbliche. Oggi i 5 Stelle sono forse gli unici che possono garantire piazze piene ai comizi (e non solo quando c’è Beppe Grillo). Certo, vale sempre il vecchio adagio comunista “piazze piene, urne vuote”, ma la Marcozzi potrebbe essere la sorpresa di questa tornata elettorale. Candidatura di testimonianza quella di Maurizio Acerbo, che di fronte alla carta D’Alfonso ha dovuto rinunciare all’alleanza con il centrosinistra e rischiare di correre solo e dunque contro lo sbarramento del 4 per cento. La speranza del consigliere uscente di Rifondazione comunista è di capitalizzare la forza elettorale della Lista Tsipras alle europee, e portare alle urne anche “disobbedienti” e “insurrezionalisti»”che in genere le disertano. Non si spiegherebbe altrimenti la candidatura del teramano Davide Rosci, agli arresti domiciliari per i disordini di Roma dell’ottobre 2011.
E D’Ambrosio si candida all’insaputa del Pd
L’ex presidente dell’Ato Pescara: nessun passo indietro la mia candidatura l’ha voluta Tabacci
PESCARA Due giorni fa a domanda diretta, Giorgio D’Ambrosio assicurò che non si sarebbe candidato con Centro democratico, come sostenevano alcune voci. «Mi rimetto alle decisioni del partito (il Pd, ndr.)», aveva assicurato. E in effetti venerdì sera le liste di Cd chiuse della circoscrizione di Pescara non comprendevano il nome dell’ex sindaco di Pianella ed ex presidente dell’Ato pescarese. Poi ieri alle12 la sorpresa: al secondo posto della lista circoscrizionale c’è anche D’Ambrosio. Inevitabile lo sconcerto tra gli altri candidati che ora minacciano di dimettersi in massa. Ma lo sconcerto è ancora più grande nel Pd che si è visto annullare una decisione certamente sofferta (D’Ambrosio è un robusto portatore di voti) da un (piccolo) partito alleato. «Il Partito Democratico considera il comportamento di Centro Democratico grave e scorretto per aver candidato, all'oscuro della coalizione, Giorgio D'Ambrosio la cui candidatura è stata rifiutata dal Pd per ben due volte», spiega il segretario regionale del Pd, Silvio Paolucci. «Al momento per il Pd, per la coalizione di centrosinistra e per il candidato presidente Luciano D'Alfonso, i candidati sono 239 e non 240». Altre voci interne al partito parlano di una imminente espulsione. «Ma ora sono candidato e vado avanti perché la mia candidatura non è ritirabile», ha dichiarato D'Ambrosio che prosegue: «Vogliono fare uscire Centro Democratico dalla coalizione? Così perdono le elezioni. Io sono di fatto uscito dal Pd» spiega «rispetto il codice etico e nessuno si può permettere di processarmi». «Il mio referente è Tabacci, è lui che ha voluto la mia candidatura» chiude D'Ambrosio, «e nessuno ha diritto di veti sulla mia persona». Tabacci ieri ha dato un altro dispiacere al Pd e a D’Alfonso nominando coordinatore regionale del partito Angelo Di Paolo, l’ex assessore di Chiodi prima arruolato da D’Alfonso e poi costretto al passo indietro. «C'è un grande lavoro da fare in Abruzzo per riportare la politica al centro delle decisioni che interessano i cittadini ormai troppo spesso disillusi», ha dichiarato Di Paolo. E Tabacci ha invitato il Pd a non mettere in essere ricatti. Ma Idv e Sel chiedono gesti decisi.«Il Centro Democratico deve far uscire il candidato o deve avere il coraggio di dichiarare, di fatto, l'uscita dalla coalizione. Mettere a rischio la coesione e l'intesa di una intera coalizione per imporre agli altri alleati nomi di candidati non desiderati è un atto di uno squallore irresponsabile» tuona il segretario regionale Idv Alfonso Mascitelli che invita il Pd a rispettare i patti: «Il 19 aprile abbiamo sottoscritto, come partiti del centrosinistra, un accordo che impegnava il candidato presidente a garantire che non vi fossero candidature inopportune. Consentire oggi al Centro Democratico di infrangere questa intesa è uno schiaffo alla sensibilità di migliaia di abruzzesi, alla dignità delle altre forze politiche e alla stessa autorevolezza del candidato presidente». Chiaramente critico Acerbo (candidato presidente di Rifondazione), che però a Teramo ha candidato Davide Rosci, il leader di Azione Antifascista agli arresti domiciliari dove sta scontando una condanna a sei anni di reclusione per l’assalto al blindato dei carabinieri negli scontri di Roma del 5 ottobre 2011. Cinque anni fa Rifondazione candidò Rosci anche al Comune. Per lui allora la competizione elettorale fu un successo che per pochissimi voti non lo portò in consiglio comunale: fu il primo dei non eletti di una lista che centrò un seggio in assise con Sandro Santacroce. Le vicissitudini giudiziarie (Rosci oltre alla condanna già passata al vaglio dei giudici di Appello per gli scontri di Roma, è stato processato in primo grado e assolto anche per gli scontri tra “rossi e neri” a Teramo), non hanno scalfito l’impegno politico del giovane teramano e soprattutto la sua fedina penale, ancora immacolata. Motivo per cui Rosci è candidabile per un posto all’Emiciclo.