ROMA Credito d’imposta in busta paga da maggio, come promesso dal presidente del Consiglio, o al massimo da giugno solo in caso di problemi tecnici. In tempi rapidissimi, a quattro giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto legge sull’Irpef, l’Agenzia delle Entrate ha diffuso la circolare con i chiarimenti operativi che dovranno rendere possibile l’immediata applicazione del beneficio. Viene così specificata, ad esempio, la platea degli aventi diritto, di cui faranno parte anche co.co. sacerdoti e lavoratori socialmente utili. E si precisa che chi non ha un datore di lavoro obbligato a fare da sostituto d’imposta, come i lavoratori domestici, potrà fruire dei 640 euro annui solo con la dichiarazione del 2015. Intanto il provvedimento del governo continua a suscitare perplessità, come quelle del segretario della Cisl Bonanni, che lamenta un importo complessivo minore di quello promesso (riferendosi alla suddivisione della somma su dodici mensilità, invece che sulle otto che restano da maggio a fine anno).
Al momento però - confermano le Entrate - per il diritto al bonus dovranno essere valutati la tipologia del reddito, il suo importo e la teorica “incapienza” rispetto alla detrazione per lavoro dipendente. Oltre ai dipendenti in senso stretto si vedranno riconoscere il credito d’imposta quei lavoratori il cui reddito è considerato assimilato: collaboratori coordinati e continuativi, borsisti, sacerdoti, soci di cooperative, lavoratori socialmente utili. Non avrà diritto però chi supera i 26 mila euro l’anno, mentre l’ importo sarà proporzionalmente ridotto a partire dai 24 mila. La verifica va fatta senza considerare il reddito dell’abitazione principale.
I BENEFICI
La soglia verso il basso è meno immediata da identificare: potranno ricevere il bonus i dipendenti per i quali l’imposta lorda (derivante dall’applicazione delle aliquote dei primi due scaglioni) supera la detrazione per lavoro dipendente. Se il rapporto dura tutto l’anno questa condizione di verifica al di sopra degli 8.145 euro di imponibile, altrimenti risulterà più bassa: in ogni caso il bonus è riconosciuto in proporzione ai giorni di lavoro effettivo nell’anno. La circolare conferma però che l’incapienza che deriva da altre detrazioni (ad esempio se l’imposta è azzerata da quelle per familiari a carico) non pregiudica il diritto al credito.
Buona parte del provvedimento delle Entrate è dedicata agli adempimenti dei sostituti d’imposta, in modo da assicurare l’effettivo riconoscimento della somma agli interessati. Ciò dovrà avvenire entro maggio, al massimo a giugno se ci saranno problemi tecnici con le procedure di pagamento. I datori di lavoro procederanno automaticamente, non servirà quindi alcuna richiesta da parte dei dipendenti: la somma di 640 euro sarà suddivisa tra le residue otto mensilità del 2014, dunque con un importo di 80 mensili. Chi però non ha un sostituto d’imposta (tipicamente colf e badanti che lavorano presso famiglie, ma anche i disoccupati che hanno lavorato nei mesi precedenti) dovrà attendere la dichiarazione dei redditi del prossimo anno. Infine va anche considerato che nel corso dell’anno non è noto l’esatto reddito finale. Per questo il credito d’imposta sarà riconosciuto in base a quello “previsionale”: chi ha redditi diversi dovrà comunicarlo al datore di lavoro che provvederà a riprendere il bonus entro il conguaglio di fine anno. Lo stesso avverrà in caso di variazioni rilevanti della retribuzione.
Vale il reddito individuale
Il sistema fiscale italiano è largamente basato sul singolo contribuente. Anche i requisiti per il diritto al bonus saranno quindi misurati in base al reddito individuale: vuol dire ad esempio che se in una famiglia ci sono due lavoratori dipendenti con reddito inferiore annuale ai 26 mila euro, entrambi riceveranno il credito d’imposta, mentre se ce n’è uno solo al di sopra di questa soglia il beneficio non scatterà. Le detrazioni per carichi familiari non influenzeranno poi la soglia minima sopra la quale si ha diritto ai 640 euro annui. Quindi a parità di situazione familiare non riceverà nulla chi ha un reddito annuale al di sotto degli 8.145 euro, mentre chi supera questo importo lavorando dodici mesi si vedrà riconoscere il beneficio dal sostituto d’imposta.
In quali casi c’è il conguaglio
Il reddito da tenere in considerazione per la verifica del diritto al bonus è quello complessivo percepito nell’anno, esclusa la parte che deriva dall’abitazione principale (da molti anni irrilevante ai fini dell’Irpef). Naturalmente il datore di lavoro può non essere al corrente di eventuali altri redditi percepiti dal suo dipendente, per cui si regolerà sulla base delle informazioni in suo possesso, proiettando il reddito mensile sull’anno con le consuete procedure. Se però il dipendente rileva di non aver diritto al credito, ad esempio perché sa che il suo reddito complessivo sarà superiore ai 26 mila euro, dovrà darne comunicazione: la somma sarà recuperata al più tardi con il conguaglio di fine anno o di conclusione del rapporto di lavoro. Lo stesso avverrà in casi di forti variazioni del reddito da lavoro.