ROMA La newco destinata ad essere posseduta al 51% dai soci italiani di Alitalia e al 49% da Etihad piace al governo italiano ed è in piena sintonia con i desiderata di Abu Dhabi. Al momento non c’è nessuna presa di posizione ufficiale ma è evidente che il piano messo a punto dai soci di Cai venerdì sera e anticipato dal Messaggero, ha rimesso la trattativa entro binari più sicuri. Da un lato infatti disinnesca i contrasti tra le banche sulla ristrutturazione immediata del debito, dall’altro consente alla missione Alitalia guidata da Roberto Colaninno di volare lunedì verso il Golfo con una proposta concreta che ha l’avallo delle banche azioniste, Intesa e Unicredit, e l’appoggio determinante dell’esecutivo.
LASCIATI A TERRA
Ieri sono proseguiti i contatti per definire i dettagli della nuova articolazione societaria, ma l’architettura centrale, ideata dallo studio milanese guidato da Sergio Erede e su cui è stato trovato il punto d’equilibrio, non verrà modificata. A meno di clamorose sorprese dell’ultima ora.
La nuova Alitalia, che per comodità chiameremo Alihad, sarà una società sana, ben capitalizzate (800-900 milioni) e senza debiti o legami con il passato. Oltre alla cosiddetta operatività industriale (slot e voli) nella newco confluiranno circa 10 mila dipendenti (3 mila in meno rispetto all’attuale organizzazione) con un costo del personale molto competitivo. Verranno invece lasciati a terra, cioè nella bad company, i rischi finanziari legati ai contenziosi legali e fiscali del passato, la zavorra del debito bancario e i dipendenti considerati in eccesso rispetto alle richieste di Etihad. Proprio sul tema del debito, particolarmente delicato, si sono concentrate le discussioni tra le banche. Del resto Intesa Sanpaolo, quella che ha spinto di più per questa soluzione, ritiene la creazione della bad company condizione imprescindibile per andare avanti. Nei fatti però il problema del debito bancario resta ovviamente aperto. Semmai la questione viene solo rinviata nel tempo. Perché, va chiarito, la gestione della bad company, dall’indebitamento agli esuberi, sarà tutta in capo ai soci Cai. In altre parole, lo Stato non dovrà metterci un solo euro. Potrà eventualmente dare una mano sul fronte delle garanzie di sostegno al reddito per quanti verranno espulsi dal nuovo perimetro di Alihad. Proprio per questo ieri i sindacati hanno espresso massima preoccupazione e invitato i soci italiani e l’esecutivo a fare chiarezza.
GOVERNO IN CAMPO
Come accennato, l’esecutivo si muove in silenzio ma tifa per Alihad. Consapevole dell’estrema delicatezza del momento e del precario equilibrio su cui si fonda il piano messo a punto dallo studio Erede. Da Palazzo Chigi filtra comunque ottimismo. «Siamo ad un passo dalla finale», dice una fonte autorevole mentre il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, va oltre: «Martedì ci sarà l’auspicato incontro ad Abu Dhabi tra Alitalia ed Etihad e credo che la settimana prossima sarà decisiva. Io personalmente come ministro, ma prima Enrico Letta e ora Matteo Renzi, ci siamo battuti perché la nostra compagnia prendesse una strada diversa da quella seguita negli anni precedenti». Ad Abu Dhabi invece aspettano di vedere nero su bianco la proposta che accoglie di fatto tutte le richieste avanzate nell’ultima lettera.
Quella lettera sottotono che ha riallacciato il filo
ROMA I toni sono soft e la disponibilità al dialogo massima. Così come la volontà di chiudere in fretta un’accordo ormai vicinissimo. Semmai c’è solo il «personale stupore» per la durissima lettera ultimatum inviata da Etihad il 17 aprile. La risposta di Gabriele Del Torchio, che il Messaggero ha potuto leggere, è un capolavoro di diplomazia per riacciuffare una trattativa a rischio di rottura, anzi, di fatto chiusa. Al presidente di Etihad, James Hogan, cui Gabriele Del Torchio si rivolge con una confidenziale «dear James», l’ad di Alitalia esprime la volontà di trovare una soluzione adeguata, dopo una trattativa lunga (iniziata a fine dicembre) e tanti sforzi fatti dalle rispettive delegazioni. Il top manager è «confidente nel fatto» che «in spirito di collaborazione» la transazione possa avere successo per le due compagnie. Certo c’è anche un pizzico di disappunto perché a Roma si aspettavano, soprattutto dopo l’incontro di Hogan con il premier Renzi e il ministro Lupi «una lettera con il business plan» e i termini «dell’investimento».
LE RISPOSTE
Poi c’è la replica su tre punti chiave sollevati da Etihad: contenziosi legali e fiscali del passato da neutralizzare; ristrutturazione del debito e il leasing degli aerei, il Fondo Volo e la strategia per gli aeroporti. Sulla prima questione, Del Torchio scrive che c’è accordo tra i maggiori soci per costruire uno «schermo» in grado di mettere Etihad al riparo dai rischi legali e fiscali della vecchia gestione. Sempre i maggiori shareholder - aggiunge il manager - sono pronti a mettere mano al portafoglio con un aumento di capitale ad hoc. Disponibilità poi a valutare altri interventi, se Etihad lo riterrà necessario, per «sterilizzare» altri «eventuali possibili perdite sui conti relativi al 2014».
Sul fronte del debito la posizione è più sfumata. Segno evidente che all’epoca non era ancora stato raggiunta un’intesa di massima. Per questo Del Torchio si limita a dire che sulla base delle «discussioni preliminari», si attende comunque una risposta «costruttiva» alle richieste di Etihad sulla ristrutturazione degli impegni finanziari, per facilitare l’intesa finale. Per quanto riguarda gli aerei in leasing si assicura poi che i risparmi potrebbero essere anche superiori ai 20 milioni previsti dal piano industriale. E questo anche alla possibile collaborazione del futuro alleato arabo.
GARANZIE
La terza questione riguarda esuberi e sviluppo della rete aeroportuale. Del Torchio scrive che il governo italiano ha già approvato misure specifiche, il cosiddetto Fondo Volo, per gestire il settore dell’aviazione civile. Risorse già stanziate sia per il personale di terra che per quello di volo, e che si estenderanno fino al 2018. Nessun problema, infine, per lo sviluppo di Linate con «l’espansione delle rotte di Alitalia verso l’Europa, la Russia e il Medio Oriente». Dalle conversazioni con il governo, fa capire Del Torchio ad Hogan, «crediamo che si tratti di un obiettivo conseguibile». La missiva si chiude sollecitando un incontro a breve - incontro che avverrà martedì 6 - per mettere a punto i dettagli, esaminare il business plan, chiudere con «successo» un’operazione «che negli ultimi mesi è costata molti sforzi e tanto tempo alle due compagnie».