Il presidente dell'associazione nazionale delle aziende di trasporto pubblico locale chiede alla politica indicazioni chiare sulla direzione da prendere e le risorse necessarie per continuare a erogare un servizio così importante per il paese. Serve lo sviluppo di "una politica industriale che favorisca e incentivi forme di aggregazione tra aziende". Per creare e rendere competitivi grandi gruppi in stile europeo, dove tutti i servizi di staff sono gestiti a livello centrale e messi a disposizione delle varie aziende operative locali
Risorse “certe e sicure nel tempo”, un’idea politica chiara e “due punti di riferimento normativi obbligati” da tenere da conto nel pensare al Tpl del domani. Possibilmente favorendo l’aggregazione delle aziende in grandi gruppi. Marcello Panettoni affida a Clickmobility la sua ricetta anti crisi, in una delle sue ultime interviste da presidente di Asstra (l'associazione nazionale delle aziende di trasporto pubblico locale), dopo sette anni di un incarico che scadrà nei prossimi giorni.
Una lunga carriera come uomo politico e come specialista dei trasporti – è stato consigliere regionale in Umbria, assessore ai trasporti del comune di Perugia e presidente della provincia – e primo collaboratore di Claudio Burlando negli anni del varo della legge di riforma radicale del trasporto pubblico locale (la legge 422 del 1997), al dirigente umbro – già presidente di Avm Venezia e vice presidente nazionale di Confservizi – chiediamo di fare il punto sul momento di un settore “ancora essenziale per il vivere civile”.
Stiamo vivendo il momento forse più difficile mai vissuto dal trasporto pubblico locale. Come vede la situazione del settore, in generale?
La vedo come l’ennesima fase di incertezza e transizione. Con un’aggravante, però. E cioè il fatto che mentre i nostri servizi sono sempre gli stessi, le risorse erogate si sono ridotte e continuano a diminuire. Il che non fa altro che aumentare i deficit delle aziende, i disavanzi di gestione e quest’anno supereremo la soglia del 50% delle aziende in rosso: soggetti che erogano servizi che non vengono pagati. E non solo, a questo si aggiunge un altro particolare. Registriamo ritardi di pagamento accertati per 1 miliardo e 200 milioni, e capisce come la cosa possa ulteriormente pesare in termini di interessi passivi.
Un’incertezza su tutti i fronti? Normativa, politica, finanziaria?
Dal punto di vista politico, abbiamo apprezzato molto la rinnovata attenzione al nostro settore da parte del Governo. Un interesse del quale abbiamo ampiamente dato atto. Ma è evidente che ancora non c'è né è in via di disegno un’indicazione chiara circa le politiche da attuare.
In tanti considerano la confusione e la mancanza di razionalizzazione normativa in materia il principale problema del settore. Quale opinione ha della normativa vigente in tema Tpl, e a suo parere quale direzione dovrebbe prendere?
Il nostro è un settore che ha caratteristiche precise, che non può essere confuso con altri. Non siamo l’acqua, il gas o l’elettricità. Come associazione riteniamo ci siano due punti di riferimento obbligati per il Tpl: il regolamento europeo 1370, e la legge 422. Se all’orizzonte ci sono aggiornamenti materia, questi vanno fatti nel solco della direzione indicata da queste due leggi.
Altro problema di fondo del Tpl si lega all’incertezza sui finanziamenti. Concorda, o pensa ci siano altre, e ancora più gravi criticità?
Dovremmo smetterla di pensare che le riforme si fanno solo con le norme, e senza risorse. Ammesso che questa sia la volontà del Governo, se si punta ad accelerare i processi della competizione ci vuole una gara che sia effettivamente contendibile. Un mercato è tale quando sussistono due elementi fondamentali: la normativa e le risorse che vengono messe a disposizione. Se le risorse sono largamente inferiori agli obblighi di servizio che si richiedono nel bando di gara, il mercato non può reggere.
Parlando di finanziamento: quale pensa dovrebbe essere il primo canale di sostentamento per il Tpl, e verso quale futuro si sta andando?
Come si suol dire, “i soldi non hanno colore”. Abbiamo bisogno di un cespite di prelievo adeguato. Che sia l’accisa sul gasolio, l’Iva o l’Irpef, l’importante è che il parlamento individui un cespite sicuro nel tempo e lo garantisca, in modo che possano arrivare al settore - in maniera certa - le risorse necessarie.
In quanto associazione delle aziende di trasporto pubblico locale, la ricetta per uscire da questo momento di stallo è piuttosto chiara.
Si, e da tempo. Alla mia prima assemblea da presidente neoeletto, sette anni fa, come Asstra indicammo come necessario lo sviluppo di una politica industriale. Consapevoli che le nostre aziende sono troppo frantumate, chiedevamo al governo di favorire e sviluppare forme di incentivazione all’aggregazione in termini industriali dei proprietari della aziende. Il che non voleva dire fare una grande azienda da tante piccole, badi bene. I paesi europei insegnano: i grandi gruppi sono - appunto - grandi gruppi, non grandi aziende.
Ovvero?
C’è una sostanziale differenza. In questione non ci sono aziende da 50 o 200 mila dipendenti, ma gruppi finanziario-industriali che si occupano di Tpl con svariate unità operative locali. Gruppi in cui tutti i servizi di staff, dalla finanza e l’ingegneria fino alla biglietteria, i modelli gestionali, gli acquisti e l’amministrazione sono gestiti a livello centrale e messi a diposizione alle varie aziende operative locali. È questo il modello a cui arrivare a attraverso la competizione sui mercati, ed è quanto accaduto in gran parte dei paesi europei.
Quindi quale pensa debba essere il mercato ideale? Quello dove operano pochi campioni nazionali, in stile francese, o un mercato con operatori piccoli e locali?
Il numero delle aziende viene spesso usato a proposito, o a sproposito, a seconda di quello che interessa e si vuole dire. In Francia ci sono tre grandi gruppi ma lo stesso numero di aziende minori che fanno Tpl tanto discusso in Italia. Sono circa un migliaio, come da noi. La differenza è che questi grandi gruppi possiedono a loro volta cento aziende medie che agiscono sui vari bacini, e i piccoli operatori convivono in maniera operativa con le unità territoriali di questi grandi gruppi. È evidente che le carte migliori, in questi casi, le hanno in mano i grandi gruppi e le aziende medie collegate. Dopodiché, la possibilità che ci siano tanti piccoli operatori locali che fanno servizi marginali, aggiuntivi o subaffidamenti esiste anche da loro, come può esistere da noi.
Ha parlato di bacini unici regionali. Qual è la sua opinione a riguardo? Come giudica questa soluzione gestionale in materia di Tpl?
Dico solo che l’Antitrust si è espresso chiaramente sul tema. Non è uno strumento che favorisce la concorrenza. Non sono io a dirlo, ma l’Antitrust, l’autorità pubblica competente in materia.
Attualmente, in Italia, pensa che il Tpl possa diventare un business?
Nelle situazioni di crisi ci sono due possibili vie d’uscita. O la catastrofe, o la rinascita. Mi auguro che questa non sia solo l’ennesima fase di animato confronto con il governo di turno e le regioni e possa invece essere la premessa per dare - o ridare - al nostro paese un servizio essenziale per il vivere civile, di sostegno sostanziale alla ricchezza prodotta soprattutto nelle grandi aree urbane, un aiuto significato ad abbattere l’inquinamento e il consumo territorio oltre che – ovviamente, come è sempre stato – un grande strumento di coesione sociale.
(*) Presidente Asstra (Associazione nazionale delle aziende di trasporto pubblico locale)