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Pescara, 24/11/2024
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Data: 05/05/2014
Testata giornalistica: Il Fatto Quotidiano
80 euro, Renzi contro il dossier dei tecnici del Senato: “Contro di me per vendetta”. E sui sindacati “Non mi fermeranno. Sono contro perché gli tolgo potere”

“Sarei curioso di sapere quanti di quelli che contestano le coperture degli 80 euro hanno stipendi sopra il tetto dei 240mila euro, e ovviamente è un caso che quelle critiche vengano dal Senato che voglio abolire”. Il premier Matteo Renzi ha letto il dossier del servizio Bilancio di Palazzo Madama in cui le coperture del bonus fiscale promesso per fine mese sembrano assai fragili. Ha letto, non ha gradito, ma non si è stupito: lui vuole abolire il Senato per trasformarlo in una camera di rappresentanza degli enti locali, normale che l’apparato, la burocrazia, si ribelli. Renzi capisce, ma nessuna pietà: “Ci sarà il blocco del turnover e i funzionari avranno un ruolo unico tra Camera e Senato”, ha spiegato il premier ai suoi interlocutori in queste ore. Tradotto: quelli che oggi criticano le coperture del decreto Irpef si godano il momento di celebrità, perché dopo la riforma (Renzi continua a essere sicuro che si farà), perderanno il loro status e dovranno mescolarsi con i colleghi di Montecitorio.

Renzi vuole affermare il primato della politica sui tecnici che – non sempre a torto – in questi anni hanno imbrigliato anche i governi più determinati, come quello di Mario Monti nei primi mesi del 2012. Ma il premier ci tiene anche a contestare le valutazioni del servizio Bilancio del Senato nel merito. Dicono i tecnici che 600 milioni di gettito Iva dal pagamento dei debiti della pubblica amministrazione sono troppi, chissà quanto arriverà davvero. “Ma se noi paghiamo 13 miliardi, dovrebbero entrare circa 2,6 miliardi di Iva, come fanno a dire che 600 milioni è una stima eccessiva? Purtroppo mi hanno impedito di fare la ritenuta alla fonte, che avrebbe evitato ogni forma di evasione e garantito le entrate”, è il calcolo del premier. Che è piuttosto seccato soprattutto dal fatto che il Senato contesti l’aumento della tassa sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia detenute dalle banche azioniste. Nel dossier del servizio Bilancio si rileva che alzare il prelievo al 26 per cento potrebbe “non garantire quell’esigenza di anticipata conoscenza da parte del contribuente del carico fiscale posto sulle proprie attività economiche”, e quindi sarebbe incostituzionale. Peccato che, nota il premier, l’intervento fiscale non può essere considerato retroattivo visto che riguarda l’anno in corso, semplicemente “le banche si erano convinte, sulla base di una circolare dell’Agenzia delle Entrate, che l’aliquota sarebbe stata al 12 per cento, io ho sempre pensato che dovesse essere almeno il 20, visto che è un aumento di capitale, e l’ho portata al 26. Il nostro intervento è tecnicamente inappuntabile, anche se può non piacere all’Abi di Antonio Patuelli”. La lobby delle banche però è forte e, dopo aver ottenuto dal governo Letta l’enorme regalo della rivalutazione delle quote di Bankitalia (un balsamo per i bilanci e la promessa di un considerevole aumento di dividendi), non si arrenderà. Il pericolo per Renzi è che le banche facciano ricorso contro l’aumento del prelievo al 26 per cento, ma anche in quel caso non sarebbe a rischio l’intero gettito da 1,8 miliardi, ma soltanto l’aumento, circa 900 milioni (o forse solo 400).

Renzi sa che si gioca molto con gli 80 euro, domani arriveranno le previsioni economiche della Commissione europea che dovrebbero confermare i numeri del Documento di economia e finanza del governo. A Palazzo Chigi e al ministero dell’Economia contano su una certa indulgenza europea, visto che la Commissione sta per essere rinnovata, e non accettano che i tecnici del Senato siano più severi di quelli di Bruxelles. “Come fanno a dire che mancano coperture? Dei 700 milioni di risparmi sulla spesa dello Stato, ben 400 li assicura la Difesa, dalla lotta all’evasione stiamo recuperando 100 milioni al mese e possiamo arrivare a 500, 900 milioni arrivano dai risparmi sui costi della politica, soltanto la cancellazione delle Province vale 120 milioni di euro su otto mesi del 2014”. La battaglia è appena cominciata, i tecnici del Senato sono avvertiti, il premier farà di tutto per difendere i suoi numeri.

Renzi: “I sindacati non mi fermeranno. Sono contro perché gli tolgo potere”

“E’ iniziata la rivoluzione. Una rivoluzione pacifica, ma che le resistenze del sistema non fermeranno. Il fatto che tutti gli organismi siano contro lo considero un elemento particolarmente incoraggiante: noi non facciamo favoritismi”. A dirlo è il presidente del Consiglio Matteo Renzi in un’intervista al Corriere della Sera. “I miei avversari non sono in trincea. Sono piuttosto nella palude – rilancia il capo del governo – Nell’establishment ci sono, come dappertutto, forze conservatrici”. Renzi sottolinea che “è evidente che una larga parte della classe dirigente ci osteggia”. In particolare nel mirino finiscono i sindacati: “Dobbiamo fare di tutto – spiega il segretario del Pd – per consentire a chi vuole creare lavoro di farlo. Le resistenza del sindacato sono rispettabili, non comprensibili”. Per il presidente del Consiglio “anche i sindacati, come la politica, devono farsi un esame di coscienza, devono cambiare. Sogno un sindacato che, nel momento in cui cerchiamo di semplificare le regole, dia una mano e non metta i bastoni tra le ruote”. Insomma: “Non sarà un sindacato a fermarci”. Un punto sul quale Renzi sembra voler battere con convinzione visto che in un retroscena di Repubblica il concetto che esprime è lo stesso, peraltro rincarando la dose: “Ho i sindacati contro perché gli tolgo il potere“. La leader della Cgil Susanna Camusso nelle scorse ore aveva espresso forti critiche nei confronti degli emendamenti presentati dal governo al decreto lavoro in Senato che prevedono, tra le altre misure, anche una sanzione pecuniaria per le imprese che sforano il tetto del 20% dei contratti a termine al posto dell’obbligo dell’assunzione a tempo indeterminato. “Noi non abbiamo problemi ad ascoltarli – ribatte Renzi – Ma vogliamo negare che occorra un cambio radicale delle regole del lavoro?”.

Dunque per Renzi “è iniziata la rivoluzione: una rivoluzione pacifica, ma che le resistenze del sistema non fermeranno. Non dico che dobbiamo cambiare tutto, ma che dobbiamo cambiare tutti. Sono qui per cambiare il Palazzo; non accetteremo che il Palazzo cambi noi. Non diventeremo ‘buoni’ al punto da modificare il nostro dna”. “E’ evidente che una larga parte della classe dirigente ci osteggia. E’ altrettanto evidente che noi non arretreremo davanti all’obiettivo di garantire ai cittadini” una Pubblica amministrazione in cui si sentano “padroni di casa”. Renzi insiste: “Se l’Italia avrà un sistema burocratico più efficiente, potrà attrarre più investimenti“; “se riusciamo a cambiare l’Italia qui i soldi arrivano a palate”. “Se il sindacato dei prefetti, l’associazione dei segretari comunali e la lobby dei consiglieri provinciali si oppongono è un problema loro, non nostro”.

Si batte senza risparmio per difendere la scelta dell’aumento in busta paga di 80 euro al mese a chi guadagna fino a 24mila euro all’anno. “La decisione” sugli 80 euro “spetta alla politica, che al Senato è molto compatta” afferma replicando ai dubbi avanzati dai tecnici di Palazzo Madama sulle coperture e, intervistato dal Corriere, sottolinea: “Abbiamo calcolato in modo prudenziale ogni voce. Ora i tecnici del Senato – casualmente – esprimono dubbi. L’avevo messo in conto”. “L’aspetto più divertente – continua il premier riferendosi alle resistenze incontrate – è che io non vivo questa vicenda con la foga di uno che deve dimostrare a tutti i costi che si può fare. Io so che si può fare”. Parole analoghe in uno sfogo del presidente del Consiglio raccolto dal Fatto Quotidiano, “sarei curioso di sapere quanti di quelli che contestano le coperture degli 80 euro hanno stipendi sopra il tetto dei 240mila euro, e ovviamente è un caso che quelle critiche vengano dal Senato che voglio abolire”. Così come nel retroscena di Repubblica si riferiscono i pensieri di Renzi con i suoi fedelissimi sulle perplessità mosse al decreto dai tecnici, anche in tema di incostituzionalità: “Non esiste l’accusa di incostituzionalità. E anche sulle coperture sostengono cose incredibili. Ma, guarda caso, queste critiche arrivano dai tecnici del Senato. Hanno capito che è cambiato il vento, che anche loro rischiano tagli alle retribuzioni”.

Al Corriere, in più, Renzi conferma la sua previsione secondo la quale si tornerà al voto nel febbraio 2018, cioè a scadenza della legislatura. E riflette sul voto del 25 maggio: “La legittimazione popolare non l’avrò mai, neanche se il Pd stravincesse alle Europee; a questo giro è andata così, mi basta la legittimazione costituzionale prevista dalle norme”. Poi replica attacca Beppe Grillo e Piero Pelù. Nel primo caso, dice, “mi ha molto colpito l’atteggiamento di Grillo a Piombino. E’ andato in un’azienda che sta morendo” – sostiene – “a strumentalizzare un dramma con il solo obiettivo di prendere voti e attaccare i sindacati”. Infine, sul cantante che lo ha attaccato dal palco del concertone del Primo Maggio a San Giovanni replica: “Sono vecchie polemiche fiorentine che lasciano il tempo che trovano”; “mi dispiace solo la spocchia sugli 80 euro da parte di un certo mondo artistico, imprenditoriale, salottiero”. Licio Gelli? Mai incontrato: “mio padre mi ha cresciuto nel mito di Tina Anselmi”.

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