ROMA Che non si piacessero, era noto da tempo. Ma nessuno avrebbe mai immaginato un attacco così duro, forte. Susanna Camusso ha scelto il palcoscenico mediatico più grande che aveva a disposizione in questo periodo, quello dell’apertura dei lavori del XVII congresso della Cgil a Rimini, un’appuntamento che ha cadenza quadriennale e per questo motivo ha un forte seguito di telecamere e taccuini. Da quel palco la leader del più grande sindacato italiano, ha accusato il presidente del Consiglio della più grave colpa che si può fare a un premier di un paese democratico: mettere a rischio la democrazia. «Contrastiamo e contrasteremo l’idea di un’autosufficienza del governo» esordisce la Camusso, riferendosi alle tante dichiarazioni di Renzi contro la concertazione. Un atteggiamento che - attacca - è «una torsione democratica verso la governabilità a scapito della partecipazione». In ogni caso, avverte, anche senza concertazione il sindacato sarà «protagonista», farà sentire le sue ragioni. E chiosa: «Non abbiamo la vocazione al soggiorno nella sala verde» di Palazzo Chigi.
Poco dopo, e sullo stesso palco, sottoscrivono le preoccupazioni sulla fase democratica che sta vivendo il nostro Paese anche i leader degli altri due grandi sindacati confederali. «Le fonti di democrazia sono molto striminzite. Gli spazi di partecipazione molto ristretti» dice Raffaele Bonanni, numero uno Cisl. Che poi rincara: «Chi va di fretta fa fuori la democrazia». E così il segretario generale Uil, Luigi Angeletti, che pur premettendo che Renzi gli è «simpatico», avverte: «Ci considera come propri dipendenti. Ma noi non spariremo e non declineremo». Il fronte comune dei sindacati si rivela compatto anche nelle «quattro sfide» tematiche da lanciare al governo: pensioni, fisco, lavoro povero e ammortizzatori sociali.
In serata arriva la replica altrettanto dura del premier: «Noi stiamo cercando di cambiare l’Italia. I sindacati devono capire che la musica è cambiata. Non possono pensare di decidere o bloccare tutto loro. Se vogliono affrontare le questioni, noi ci siamo. L’Italia ha già aspettato troppo. E’ triste che si preoccupi del governo invece che dei disoccupati». Qualche ora prima già il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, aveva fatto capire che non ci sarebbe stato nessun cambiamento di rotta: «La concertazione è finita da tempo». Confronto sì, ascolto sì, ma poi «il governo assume le proprie responsabilità nelle decisioni, credo questo sia un modo democratico di fare le cose» dice Poletti da Parigi. Tocca al ministro della Giustizia, Andrea Orlando, unico rappresentante del governo presente in sala, cercare di smorzare un po’ i toni: «Le difficoltà nel confronto si possono superare» assicura.
SCINTILLE E CREPE
Non è certo la prima volta che Camusso e Renzi si sono trovati su posizioni divergenti. E non è nemmeno la prima volta che dalla poltrona più importante in corso d’Italia si prendano le distanze dalle decisioni del premier espressione del principale partito della sinistra, al quale gran parte degli iscritti Cgil politicamente da sempre si riferisce. Cofferati contro D’Alema è solo uno degli esempi. Ma mai si era arrivati ad adombrare rischi per la democrazia. Le parole della Camusso aprono quindi una crepa profonda nel rapporto tra Pd e Cgil. E, a loro volta, contribuiscono ad evidenziare ancor di più i dissensi interni al partito. Ed ecco che Stefano Fassina elogia «il coraggio» della relazione della Camusso, che considera «condivisibile». Apprezza anche Epifani, ex segretario Pd nonché ex numero uno Cgil: «È una buona relazione». Dalla sua (ma solo in parte) Renzi trova solo Massimo D’Alema: alla Camusso - rivela - «ho detto che sarebbe stato meglio qualche apprezzamento in più per il governo».
Più trasparenza e ricambio: e Matteo rottamò il sindacato
ROMA E’ la ridotta del fronte No Renzi. E’ il congresso di Rimini. E’ qui, che si vuole fare la festa al premier e in casa Cgil nessuno può dirsi renziano perchè nessuno al momento è renziano. A parte, in parte, Maurizio Landini e proprio la sintonia tra il premier e il leader sindacale più ”rottamatore” rende ancora più complicato il rapporto tra Renzi e Camusso. E mentre Matteo e Susanna continuano a tirarsi fendenti, il capo della Fiom rivolge alla segretaria della Cgil le stesse accuse che lei rivolge al nemico di Palazzo Chigi: «Sei anti-democratica».
Rimini è il luogo (come si dice a Roma e non in Romagna) dell’areggeme che t’areggo tra la minoranza del Pd presente in massa, e guidata da Epifani, Cuperlo, Speranza, il pasdaran Fassina e se ci fosse Bersani verrebbe portato in trionfo, e il sindacato che non sopporta il premier. Ed è anche il luogo, questo congresso, dell’ennesima riprova di quanto sia impossibile al momento una sintonia tra Renzi e Camusso, nonostante il leader del Pd abbia bisogno per le elezioni europee dei voti che porta il sindacato (non solo la Cgil ma anche Cisl e Uil che si sono allineate al generale Susanna), e l’incomunicabilità tra due tipi tosti è fatta di colpi su colpi. Il Rottamatore vorrebbe rottamare la Cgil («La musica deve cambiare»), gli rimprovera la scarsa trasparenza (e qui c’è il feeling con Landini), lo vede «contro di me perchè tolgo potere al sindacato» e insomma al conservatorismo italiano la Cgil partecipa, secondo Renzi, a tutti gli effetti: «Le resistenze dei sindacati sono rispettabili ma non comprensibili».
PONTIERI
Non c’è Poletti che tenga, il ministro-mediatore - ex segretario del Pci a Imola - il quale avrebbe potuto almeno un po’ rammendare il rapporto. Non sortiscono effetti i tentativi di pace, molto relativa, del responsabile economico dei democrat, il renziano Filippo Taddei, il quale avverte i presenti: «Io penso che i punti di convergenza tra il Pd e la Cigl siano molto superiori a quelli di divergenza». Ma davvero? L’imbarazzo del ministro Orlando, seduto in prima fila, si esprime così: «La relazione di Camusso contiene stimoli importanti ed elementi di diffidenza e di pregiudizio che si possono superare». E se non si supereranno, Renzi - parole sue - se ne farà una ragione. Nel luogo dell’incomunicabilità, anche Massimo D’Alema - che pure in passato aveva assai criticato Cofferati come leader della Cgil ma qui resta pur sempre un «compagno», al contrario del Renzi «berluschino» - cerca di ritagliarsi un ruolo da paciere poco adatto a questa fase: «A Susanna - spiega l’ex premier andando via da Rimini - ho detto che sarebbe stato meglio qualche apprezzamento in più per il governo». Ma non è aria.
Ha il rumore dei tamburi di guerra, tutta interna al Pd, la presenza a Rimini di generali e di colonnelli dell’esercito No Renzi vogliosi di farsi forza abbracciando Mamma Cgil. Occhio a Civati. C’è Cesare Damiano, il quale guida la Commissione Cgil, come è stata soprannominata la Commissione Lavoro della Camera, dove è stata annacquata la legge sul lavoro del governo, fino a mettere in difficoltà il premier con gli alleati del Nuovo Centrodestra di Alfano. Cuperlo affascina i presenti con il suo silenzio mitteleuropeo. Epifani si sente di nuovo a casa. Fassina uber alles. E via così tra anti-renziani e ”diversamente renziani”. Non poteva mancare, da fan da di Camusso, Nichi Vendola. Pronto (ma a Napoli si direbbe «anche ’e purece teneno ’a tosse», anche le pulci hanno la tosse) a un’Opa amichevole sulla Cgil, se Renzi continua a rottamarla.