PESCARA I muscoli del presidente con tanto di giacca aperta a mostrare i pettorali: Gianni Chiodi abbandona il consueto profilo basso per alzare i toni complice il clima che si è creato ieri nella sede del comitato elettorale. L'occasione era la presentazione di tutti i candidati di Forza Italia alla Regione. Complice anche la presenza del partigiano «azzurro», il parà Jonny D'Andrea, ferito in una missione in Afghanistan, a sua volta candidato, Chiodi si è scatenato menando spavaldi fendenti a Luciano D'Alfonso e a Sara Marcozzi, senza neanche prendere in considerazione Maurizio Acerbo. Al confronto, il coordinatore regionale del partito Nazario Pagano e il sindaco uscente di Pescara Luigi Albore Mascia si sono dovuti accontentare di fare da comparse. Ma due ragioni ulteriori all'entusiasmo infarcito di sicurezza del presidente vengono dal più recente match televisivo con gli avversari e dai freschi sondaggi che lo danno in grande recupero su Luciano Ovunque. Il quale, stando allo stesso Chiodi, è stato annichilito dal confronto mediatico. Il presidente uscente ha messo alle corde il candidato del centrosinistra, ci ha messo del suo pure Acerbo (L'altro Abruzzo), e alla fine D'Alfonso, pur replicando alla sua maniera, ha dovuto abbozzare, mostrando le riconosciute doti di incassatore. Nell'atmosfera arroventata del comitato, Chiodi ha iniziato a mostrare i muscoli parlando del parà Jonny a proposito del quale ha rivelato un retroscena vecchio di due anni: «Alla serata di gala del Niaf a Washington, fra Hillary Clinton e Nancy Pelosi, - racconta - fui chiamato a parlare del ruolo dell'Italia in Afghanistan, dimostrando che quella del nostro Paese era una missione di pace finalizzata a riportare una convivenza civile in quelle terre. E citai, per l'appunto, il caso di Jonny D'Andrea. Fatto sta che il giorno dopo, i media statunitensi titolarono "Chiodi attacca il Times". Credo che al Times stanno ancora cercando di capire chi sia Chiodi, comunque vado orgoglioso di quel momento, come di tutto il lavoro svolto alla guida della Regione». In tal modo, Chiodi ha trovato un buon jingle per gonfiare il petto sulle cose fatte e su quelle da fare, da contrapporre alle ambizioni degli avversari, uno su tutti Luciano D'Alfonso: «L'ho visto in grande difficoltà - sostiene - e più volte l'ho punzecchiato sulla sua voglia di apparire sicuro a ogni costo, mentre secondo me si tratta di apparenza». Sicurezza che invece Chiodi sfoggia a piene mani: «Io so che uno solo dei candidati di Forza Italia prenderà più voti di almeno due liste civetta di D'Alfonso». Poi prova a smontare gli slogan dalfonsiani, da Abruzzo Facile ad Abruzzo Veloce: «Parole senza senso. Io non voglio un Abruzzo facile, ma competitivo, né voglio un Abruzzo veloce, ma moderno ed efficiente». Per il Movimento 5 Stelle, non presente alla sfida tivù con la candidata Sara Marcozzi, Chiodi non spreca troppe parole: «Sono fermi alla politica del "no", amministrare è un'altra cosa. Certo, faranno un buon risultato, ma arriveranno terzi, scommettiamo?». Finale riservato a Gaetano Quagliariello (Ncd) che avevo detto «Se arriviamo primi come lista, rivince anche Chiodi». Secondo Chiodi, al contrario, «Forza Italia trascinerà la coalizione perché è una corazzata, poi ben venga il successo del Nuovo centrodestra, ma se Forza Italia va al massimo mi sento più tranquillo».