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Pescara, 24/11/2024
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Data: 07/05/2014
Testata giornalistica: Il Tempo d'Abruzzo
Il caso «Mare-monti» riporta D’Alfonso sulle montagne russe La difesa voleva un rinvio e lo spostamento a Roma

PESCARA Entra nel vivo la campagna elettorale ed entra nel vivo anche l'ultimo dei procedimenti in primo grado che conta tra gli imputati l'ex sindaco di Pescara, oggi candidato alla presidenza regionale, Luciano D'Alfonso: il processo sulla mancata costruzione della cosiddetta «Mare-monti». Un via e uno stop insieme in realtà quello deciso nell'udienza del 13 marzo dal giudice Antonella Di Carlo. Respinta infatti la richiesta dei legali dei 11 imputati perché il procedimento fosse spostato a Roma, la Di Carlo, a seguito del breve battibecco intercorso in aula tra l'avvocato di D'Alfonso, Giuliano Milia e il pm Gennaro Varone, ha scelto la strada della mediazione decidendo che quella di oggi fosse l'unica udienza del mese di maggio. Proprio la campagna elettorale in corso aveva infatti spinto Milia a chiedere al giudice il rinvio dell'inizio del dibattimento al periodo post elettorale, ma la sua richiesta si era decisamente scontrata con la posizione di Varone che in quello di D'Alfonso vede «un impegno di natura privata». Gelati gli animi prima che si finisse in un circolo infinito di obiezioni ed eccezioni la Di Carlo ha quindi deciso di lasciare che una delle due udienze inizialmente fissate prima del 25 maggio si svolgesse regolarmente così da procedere almeno all'ammissione delle prove. Concorso in falso il reato di cui l'ex sindaco, insieme ad Angelo Di Ninni, incaricato della Provincia di Pescara di valutare l'impatto ambientale della variante che avrebbe dovuto unire Penne al mare, si trova a rispondere. Un appalto, quello della «Mare-monti», da 32 miliardi di vecchie lire modificato dagli imputati, secondo l'accusa, per garantire un «indebito vantaggio» ai fratelli Paolo, Carlo e Alfonso Toto dei cui interessi, scrive il pm, D'Alfonso sarebbe stato «tutore, quale esponente di spicco della politica abruzzese». L'inchiesta, esplosa il 19 aprile 2010, con l'arresto di alcuni degli imputati d'eccellenza del procedimento tra cuil'ingegnere Carlo Strassil che, secondo l'accusa, così come il commissario straordinario Valeria Olivieri e il responsabile del procedimento ed ex provveditore alle opere pubbliche della Toscana Fabio De Santis, già coinvolto nell'inchiesta sugli appalti del G8, avrebbe ottenuto, grazie ad alcune consulente affidate dalla Toto a società in qualche modo a loro riconducibili, un corrispettivo che non era altro che l'effetto di una «corruzione» utile a ìvendere il controllo dell'ente pubblico sul privato. Consulenze «fittizie» secondo Varone, che al solo Strassil avrebbero fruttato 2 milioni di euro. Nella vicenda Di Ninni avrebbe avuto un ruolo determinante essendo stato lui ad attestare «falsamente» nella sua perizia geologica, sostiene l'accusa, «la compatibilità ambientale di un tracciato che invece invadeva platealmente i confini della riserva del lago di Penne». Con D'Alfonso, i Toto, Strassil, Olivieri, De Santis e Di Ninni sono chiamati a rispondere a vario titolo di corruzione, truffa aggravata, falso ideologico e concussione, l'ex dirigente Anas Michele Minnea, l'allora membro del cda della Toto Cesare Ramadori e il direttore dei lavori della «Mare-monti» Paolo Lalli. Già ammesse le parti civili nel procedimento, ovvero Anas, Comune e Provincia di Pescara, Comune di Penne e Comune di Farindola autorizzate dalla Corte a citare la Toto spa come responsabile civile del procedimento, la Di Carlo dovrà oggi ricalendarizzare le udienze cercando di scongiurare il rischio di prescrizione cui i reati, esclusa la corruzione, sono ormai prossimi.

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