SULMONA «Annus horribilis» il 2013 per il lavoro in Abruzzo: dodici mesi che hanno cancellato tre anni di apparente crescita, specie nei rapporti di lavoro dipendente. Lo scorso anno, infatti, ben 24 mila persone hanno perso il posto di lavoro, compensati solo in parte dall'attivazione di 6 mila unità di lavoratori autonomi. Dato, quest'ultimo, «non rassicurante - spiega lo studioso Aldo Ronci - in quanto probabilmente maschera rapporti di dipendenza mediante ricorso all'apertura di partite Iva e ai contratti di Co.co.co in particolare nel settore dei servizi». Così male non andava da 15 anni: «Neanche nel 2009 - continua lo studioso - quando il decremento dei lavoratori dipendenti segnò in Abruzzo 22 mila unità, in parte recuperato nel triennio 2010-2012 (con un picco di nuove assunzioni nel 2011 di 13 mila unità), si era avuta una caduta così verticale nell'occupazione».
IL CAPOLUOGO IN APNEA
Ancora una volta è la provincia dell'Aquila a far registrare le falle maggiori: nel 2013 ci sono stati 11 mila dipendenti in meno a cui non ha fatto da contrappeso neanche il settore autonomo, dove sono stati persi altri mille posti. A Chieti, che pure ha subito il pesante calo nel settore industriale (-10 mila unità nell'ultimo quinquennio), i 4 mila dipendenti in meno nel 2013, sono stati compensati da 4 mila nuovi lavoratori autonomi; a Teramo a fronte dei 3 mila dipendenti in meno, sono stati creati 2 mila posti autonomi e a Pescara ai -6 mila dipendenti, hanno fatto solo in parte fronte mille nuove posizioni autonome. Nel quinquennio (che ha segnato un decremento dei dipendenti di 31 mila unità) però è Chieti ad avere la maglia nera con 18 mila unità in meno e un valore percentuale del -15,3 per cento, quasi il doppio di quello nazionale (-8,1 per cento). Nel 2013 perdono soprattutto l'industria e il commercio, la ristorazione (tutte con -9 mila unità), le costruzioni (-6 mila), mentre registra una lieve crescita l'agricoltura (più mille posti di lavoro). Lo stato di crisi, «anzi di piena recessione dell'Abruzzo», è certificato d'altronde anche da altri dati allarmanti: il Pil nella nostra regione ha subito un decremento nel quinquennio del 9,8 per cento a fronte del 7,4 per cento nazionale, mentre l'export è diminuito del 12 per cento, quando in Italia, al contrario, si è registrato un aumento del 6 per cento. «E' urgente - conclude Ronci - per innescare lo sviluppo in Abruzzo l'avvio di lavori pubblici per investimenti nelle infrastrutture, la diminuzione della pressione fiscale per il rilancio dei consumi e il reperimento di risorse destinate a sostenere e incentivare la competitività delle imprese specie le più piccole».