Bilanci dissestati, debiti da appianare, servizi a singhiozzo, carrozzoni di personale difficile da ricollocare, indagini giudiziarie, scioperi continui, evasori in continuo aumento: il trasporto pubblico locale è in crisi profonda, e non da oggi. Il caso Atac- l’azienda di trasporto pubblico di Roma che è stata travolta da 744 milioni di debito e uno scandalo per 49 assunzioni sospette - è solo la punta dell’iceberg: il 75% delle aziende è in perdita, per un valore complessivo di circa un miliardo di euro. E questo significa tagli al personale, che rappresenta il 60% dei costi, prezzi più alti dei biglietti (+10,5%), crollo dei passeggeri (-16%), un servizio sempre meno efficiente. E la crisi non aiuta: gli evasori, nella media nazionale al 19%, raggiungono picchi del 33% a Napoli, del 50% a Palermo. Ma la svolta dovrebbe essere alle porte: il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, ha annunciato che entro la fine del mese di giugno arriverà la riforma del tpl. Si tratta di un disegno di legge, che dovrebbe essere presentato subito dopo la riforma portuale. Lupi ha già chiari i punti della riforma. Sono otto: «riprogrammazione dei servizi; liberalizzazione; modernizzazione del settore industriale del comparto; costi standard; tariffe, evasione e abbonamenti; rinnovo del parco rotabile; integrazione del tpl con la pianificazione urbana; sistema del trasporto intelligente».
Troppe società, bisogna accorpare
Ma vediamo come saranno articolati i diversi punti nella bozza di riforma del ministro. Per riprogrammare i servizi, bisogna ripartire dalla domanda e dai bisogni reali dei cittadini, e non dalla necessità di far sopravvivere le aziende attualmente esistenti, sostiene Lupi: 1.100 società di Tpl su 8000 comuni (di cui 6000 sotto i 5000 abitanti) sono troppe, bisognerà accorpare, favorendo le aggregazioni dei Comuni. In questo senso, sarà sicuramente fondamentale per esaminare la domanda di mobilità il rapporto dell’Asstra, la società che raccoglie le aziende di trasporto pubblico locale, che sarà presentato il 28 maggio. La riprogrammazione va di pari passo con l’integrazione nella pianificazione urbana e i sistemi di trasporto intelligente: la mobilità privata e pubblica va ripensata a livello comunale, con la creazione di nodi «interni» ai centri urbani e l’integrazione tra rete bus, rete metropolitana e «mobilità attive». Passando alla modernizzazione, secondo Lupi «all’interno del ddl vanno inseriti elementi di incentivazione» in questa direzione: quindi, promuovere aggregazioni tra aziende e superare il nanismo del comparto. Sui costi standard, prosegue, «siamo a buon punto per la gomma e ora dobbiamo avere il coraggio di integrare i costi standard sul ferro»: come si legge nella bozza, l’obiettivo è «superare la cultura del rimborso a pié di lista», per cui ogni azienda richiede rimborsi a suo piacimento, e i costi finiscono per essere molto diversi l’uno dall’altro. Importante in questo senso sarà il ruolo dell’Authority trasporti, costituita a Torino.
Autobus vecchi, dal 2019 andranno in pensione
Per rinnovare il parco rotabile-abbiamo autobus in media vecchi di 12 anni rispetto alla media europea di sette - la riforma vuole incentivare il comparto industriale del revamping/rigenerazione dei mezzi, che attualmente è tutto italiano, mentre i produttori sono tutti esteri. Ma anche escludere dal patto di stabilità interno gli investimenti nel TPL. Inoltre viene stabilito che dal 1° gennaio del 2019 debba entrare in vigore il divieto di circolazione per i bus Euro 1, 2 e 3 (oggi la metà dei 50.000 mezzi in circolazione). A tal fine sono stati già stanziati 600 milioni di euro, e si programma di stanziarne 200/300 all’anno mettendo in moto leasing finanziari che portino al rinnovo del parco mezzi con le conseguenti ricadute sulla filiera produttiva. Cambia anche la politica sulle tariffe e i biglietti: per incentivare i passeggeri ad acquistarli, si introdurranno diversi sistemi moderni, come l’acquisto attraverso sms o codici a barre, ma anche agevolazioni fiscali a chi decide di acquistare l’abbonamento. Mentre contro l’evasione, si daranno incentivi ai Comuni che abbassano il numero di «portoghesi» e a barriere in ingresso ed uscita per i treni locali.
A caccia di risorse
Ma il vero nodo restano le risorse, visto che il Tpl è sull’orlo del precipizio: dal 2010 le aziende hanno perso mezzo miliardo all’anno di finanziamenti, e il Fondo unico trasporti è stato depauperato senza sosta. Rispetto ad un fabbisogno stimato in oltre 6 miliardi, l’ultima dotazione è stata di poco meno di 5 miliardi. E per le aziende - pubbliche e private- che operano nel settore mantenere i conti in regola è diventato un esercizio di acrobazia. Con le Regioni che, strozzate a loro volta dai tagli dei trasferimenti dallo Stato, hanno finito per chiudere i cordoni della borsa.