Coraggio, è quasi finita. Mancano solo otto giorni ed è fatta: anche questa campagna elettorale potremo buttarcela alle spalle. Chi, negli ultimi due mesi, ha avuto la fortuna di starsene all’estero (ma anche a San Benedetto del Tronto o Montenero di Bisaccia) sappia che non si è perso niente. Sì, certo, c’è la questione degli Ufo in Adriatico. Ma, niente paura, è stato tutto abbondantemente chiarito. Gli Ufo sono le piattaforme petrolifere, e c’è, comunque, chi ci difenderà da loro. Possiamo dormire sonni tranquilli, insomma. Niente a che fare con i sonni che, invece, non riusciamo quasi mai a portare a termine perché, alle 5 di mattina o alle 2 di notte, il cellulare squilla per un sms che ci ricorda che il giorno dopo il candidato X terrà un importante incontro con la cittadinanza. C’è una categoria di candidati che non riesce proprio a capire che svegliare l’elettore con il beep di un messaggino è il modo più sicuro e veloce per perdere i voti. Mano a mano che passano i giorni, e ci si avvicina a quello del voto, sembra quasi diminuire il numero delle castronerie. Sarà la fatica di chi la campagna elettorale la fa, oppure il tedio di chi invece la subisce. Ma se aguzzate la vista – come in quella rubrica della Settimana enigmistica – qualcosa riuscite a beccare ancora. I simboli elettorali e o i nomi di certe liste di piccoli comuni sono veri tesori di bêtise. Tanto per dirne una, in un comune della provincia di Chieti c’è una lista che gioca con l’ordine delle parole. E’ quella del Partito socialista nazionale, che ricorda Partito nazional socialista. Nel simbolo c’è un’aquila che ricorda quella della Repubblica sociale italiana di Mussolini, così, tanto per fugare qualsiasi residuo dubbio. Ma le stranezze riguardano anche la cosiddetta macchina burocratica. All’Aquila, per esempio, sono stati stampati i soliti fac simili di schede elettorali. Solo che, invece di avere stampigliata sopra la scritta fac simile, le schede esibiscono un fax simile. Ma tutto questo sarà dimenticato fra qualche giorno. Gli scettici, quelli dal cuore duro come la pietra, non ci crederanno, ma il futuro che ci aspetta non potrebbe essere più roseo. Li avete letti i programmi dei candidati, no? Orti urbani, piste ciclabili e biciclette per tutti, isole ecologiche, un asilo nido per ogni condominio, fiumi godibili e puliti, teatri monumentali ed energia verde. La profezia di Jerzy Kosinski, si sta finalmente avverando, con 40 anni di ritardo. I candidati assomigliano sempre di più a quel Chauncey Gardner che Peter Sellers rese immortale in «Oltre il giardino». La politica trasformata in un manuale di regole di giardinaggio applicate da chi non è mai uscito dal perimetro della sua casa e ha imparato a misurare il mondo solo attraverso lo schermo di un televisore (oggi sarebbe quello di un computer o di un palmare). C’è, tuttavia, chi ignora l’alba radiosa che ci attende il 26 maggio. Chi sono? Per esempio, quelli che incontro sull’autobus numero 8, ogni giorno, venendo qui al giornale. Sono in gran parte stranieri che non voteranno neppure. Sono persone che non confidano (più) nella politica. Sono come i passeggeri del «Treno dei feriti» di Hernàndez, brandelli di un’umanità ammaccata, alla quale la prospettiva di avere, sotto casa, un orto con tante piantine di cardamomo non riesce davvero a riscaldare il cuore.