ROMA Si combatte su sette milioni di persone. La posta in palio sono loro. Chi tra Matteo Renzi, Beppe Grillo e Silvio Berlusconi riesce a conquistare la loro testa, visto che il cuore degli italiani verso la politica resta quello che è (indurito e freddo ma al cuor si comanda), può battere gli altri due. E poi dovrà ringraziare questi magnifici sette milioni, cioè il 15 per cento dei cittadini italiani che ancora non hanno deciso per chi votare ma a votare vogliono andare, perchè alla fine una scelta la faranno e sarà la scelta migliore per chi avrà la fortuna, o il merito, di averla provocata.
La concretezza delle cose fatte - gli ottanta euro in più per gli italiani a reddito basso, l’abolizione di enti inutili come le Province, l’arrivo di nuovi investimenti anche stranieri cui il premier dà molta importanza come riprova del suo pragmatismo - sono la chiave con cui Renzi da qui a domenica prossima prova a intercettare il consenso di questa area preziosa e decisiva.
I MOTIVATI
I leader infatti, e Grillo soprattutto, mentre parlano dai palchi o negli studi tivvù hanno negli occhi non più il mare magnum dell’astensionismo, difficilmente prosciugabile, ma i cosiddetti «indecisi motivati», non qualunquisti nè anti-politici, pronti a identificarsi anche in extremis in una proposta politica e la cercano e alla fine la troveranno. Grillo si rivolge loro come un leader di lotta ma anche di governo. E in questo miscuglio c’è la vera metamorfosi di Beppe il camaleonte, come s’è visto nel faccia a faccia tra lui e Bruno Vespa a Porta a Porta. Ma anche nell’intervista di Gianroberto Casaleggio a Lucia Annunziata a In mezz’ora: in cui il guru pentastelluto ha detto che «se arriviamo primi alle europee si va subito alle politiche e poi vogliamo governare». Il cambiamento sostanziale vogliono i magnifici sette milioni: e se Renzi glielo propone in maniera troppo leggerista, non va bene. Il cambiamento dev’essere radicale, perchè come dicono i sociologi la frattura più profonda oggi in Italia è quella tra popolo e élites (non solo politiche) e il profilo di estraneità all’establishment che il capo del governo si è dato è una carta che può fare breccia. Grillo, anche nel suo nuovo mix meno estremo, spinge sul tasto della rottamazione generale, Renzi su quello della razionalità. Enzo Risso di Swg (istituto di sondaggi che fu guidato da Roberto Weber) spiega: «Da quando è apparso Renzi, quindi dallo scorso inverno con le primarie del Pd, la curva della rabbia degli italiani ha preso una china discendente. E su questo, tra alti e bassi, lui può lavorare per scongelare gli indecisi».
SCONGELAMENTO
«Questi sette milioni - spiega Antonio Noto, di Ipr Marketing, a cui la Rai ha affidato le proiezioni elettorali domenica prossima - nel voto del febbraio 2013 hanno votato un po’ per tutti i partiti. E’ un target trasversale. E’ un vero e proprio partito dei critici verso i partiti che però non li vogliono mollare e cercano le ragioni per non farlo». Berlusconi, che rispetto a Renzi e a Grillo ha compito più difficile, si approccia a costoro con nuove promesse (i mille euro di pensione ai poveri), con la mozione degli affetti («Ho fatto 40 riforme importanti nei miei anni di governo») e mediante la scomposizione del target. Ovvero ha individuato, tra i sette milioni, una parte di anziani e di animalisti e batte e ribatte sui temi che considera a loro congeniali. Su altra scala, nel rivolgersi a questo target, è la strategia di Grillo. Parla d’Europa, tema quasi inedito in queste elezioni europee ma anche in tutte quelle che le hanno precedute, e insomma: fiscal compact («Una truffa»), vincolo del tre per cento («Un nodo scorsoio»), «Merkel affamatrice» (ma anche «culona»).
OPERAZIONE ARGO
E Renzi? Osserva Noto: «Nella campagna per le primarie, il tema del ruolo che l’Italia potrebbe avare in Europa era centrale nel suo discorso. Ora, da questo punto di vista, ha cambiato verso. Poca Europa, e invece sta incentrando sui se stesso cioè su Palazzo Chigi («Se va male il governo, va male l’Italia» o ieri: «Berlusconi e Grillo litigano, io governo») la caccia agli indecisi». Lo fa perchè dallo studio del target dei 7 milioni viene fuori, come al Nazareno e a Palazzo Chigi ben sanno, che una buona quota degli indecisi sono dei radicali riluttanti, ovvero potrebbero spingersi nelle braccia di Grillo ma solo se una altra proposta innovativa e di salvezza nazionale non emerge sul mercato di questi ultimi giorni fatidici, in cui si decide tutto e soprattutto si decide come decidere dentro l’urna. Di fatto, i collaboratori di Renzi, in queste ore, scherzando parlano dell’Operazione Argo (dal titolo del celebre film che nara degli americani che si vanno a riprendere i loro connazionali prigionieri nella Teheran di Khomeini). Ovvero: il pressing con tutti i mezzi, dal porta a porta al comizio, dalla tivvù al tam tam, per riportare a casa nel Pd chi se ne era allontanato facendosi catturare dal fascino grillino.
Ma non bisogna affatto pensare - come si sarà capito - che i sette milioni di voti in palio appartengano a sprovveduti. «Si tratta di cittadini - spiega Noto di Ipr Marketing - che leggono i giornali in misura maggiore rispetto al resto della popolazione, che seguono più di altri le notizie e gli approfondimenti politici in televisione, e Grillo non a caso è rientrato in tivvù, e che hanno un titolo di studio elevato, tra il diploma e la laurea. Le promesse fiscali di Berlusconi, su costoro, hanno presumibilmente meno presa delle iniziative in questo stesso campo realizzate o in fieri da parte di Renzi».
La Swg ha fatto la radiografia del segmento politico-sociale che deciderà l’esito elettorale, arrivando a dilatare l’ampiezza della quota di indecisi, ma altri studi la dimezzano, fino alla quota record di 14 milioni. La prevalenza sono donne: il 36 per cento. Il 35 per cento sono giovanissimi tra i 18 e i 24 anni. Il 32 per cento sono meridionali (tra i siciliani e i sardi si arriva al 38 per cento) e questi ultimi sono numeri che segnalano per il Pd un problema Sud particolarmente acuto, anche perchè in quella parte d’Italia si prevede un boom dei 5 Stelle e si calcola che l’astensione sarà superiore anche di dieci punti rispetto alla media nazionale. Ma ormai, sugli astenuti, dati stabilmente al 42 per cento, Renzi e Grillo sembrano aver messo una pietra sopra (Berlusconi è l’unico che crede di poterne rimobilitare un po’), mentre gli indecisi sono il vero tesoretto da aprire. Ognuno ci prova con le proprie chiavi e chissà quante ne cambieranno ancora i due sfidanti nei prossimi quattro giorni.