PESCARA Il treno regionale 23686 era partito alle 14,33 di ieri dalla stazione di Roma Tiburtina: secondo la tabella di marcia sarebbe dovuto arrivare a Pescara centrale alle 18,46, dopo 4 ore e 13 minuti di viaggio. Invece, a quasi trecento metri dalla stazione di Pescara San Marco, lo scalo metropolitano caduto in mano ai vandali e diventato un simbolo del degrado, è accaduta la tragedia che non ti aspetti: il treno bianco e verde, cento passeggeri a bordo, si è trovato davanti un bambino di tre anni che stava giocando lungo i binari insieme al fratellino di due anni e, forse, altri amichetti. Si chiamava Francesco Spinelli e abitava a un passo da quelle rotaie che sono diventate la sua tomba. Come è potuto accadere?, è la domanda che adesso si fanno tutti. Tutti, tranne i residenti delle case popolari del quartiere di San Donato, tagliato in due dalla linea ferroviaria Roma-Sulmona-Pescara. Loro, quelli che vivono a ridosso della ferrovia, lo sanno che è troppo facile raggiungere quei binari e che tanti ci camminano sopra anche per andare a fare la spesa, come se fosse un marciapiedi: basta scalare i blocchi di cemento e arrampicarsi mani e piedi su un rilevato di pietre per ritrovarsi sulla strada del treno. Poi, dall’incrocio tra via Po e il sottopasso di via Volta, proprio di fronte al parco dell’Accoglienza, non c’è più il recinto che separa strada e rotaie. Secondo la ricostruzione della polizia ferroviaria, Francesco – appartenente a una famiglia rom: il papà si chiama Virgilio Spinelli e la mamma Loreta De Rosa – potrebbe essere salito sulla massicciata fin da casa, lontana meno di trecento metri dal punto dell’impatto, oppure avrebbe potuto metterci soltanto un pugno di secondi a ritrovarsi in cima al rilevato passando proprio da via Volta. All’improvviso, però, è spuntato il treno che, in base alle informazioni diffuse dall’ufficio stampa delle Ferrovie dello Stato, viaggiava a una velocità tra i 60 e i 70 chilometri orari. Ai poliziotti della Polfer, il macchinista del treno ha raccontato quei secondi interminabili: all’uscita di una curva si è accorto di avere davanti il gruppo di bambini, ha azionato la frenata rapida e suonato la tromba ma un convoglio di oltre 10 carrozze, con una forza di 500 tonnellate sulla motrice, non si ferma in un istante: il bambino è stato travolto dal treno che l’ha colpito su un fianco. Il corpicino è stato sbalzato ed è caduto nel fossato: un volo di oltre tre metri, finito contro il recinto di una villetta a due piani. Il fratellino è stato soltanto sfiorato: in base al racconto dei testimoni alla Polfer, tra i bambini c’era anche un adulto ed è stato proprio lui ad afferrare il più piccolo e a tirarlo via dai binari. La Polfer, guidata dal dirigente Davide Zaccone, lo sta cercando per interrogarlo ma finora questa persona non ha un nome e un cognome. Una donna rom proveviente da un vicino campo con una decina di roulotte, tra le prime a intervenire, racconta invece di aver aiutato così il fratellino illeso: «L’ho preso in braccio e l’ho lasciato a un’altra donna. Mi sono sentita male e non sono stata capace di raggiungere l’altro piccolo, pochi metri più in là, faccia a terra». Sul posto due ambulanze, una della Misericordia e una del 118. Per il bambino di tre anni, non c’è stato niente da fare: è morto sul colpo. Il fratellino, illeso per «un miracolo» secondo i testimoni della tragedia che hanno visto il treno perdere velocità fino a fermarsi di fronte al parco dell’Accoglienza, ha riportato escoriazioni. Alle 20,11 il treno è ripartito. Sul posto, si è stretta nel dolore e nelle lacrime la comunità rom: distrutta la madre, circondata e sorretta dai parenti. Per il sopralluogo, è arrivato anche il pm Giuseppe Bellelli: a seguire, pm e Zaccone si sono incontrati in procura per decidere i passi dell’indagine e capire come mai dei bambini si sono ritrovati a giocare sui binari, di fronte al parco vero.