PESCARA «Ho visto quel treno fermarsi di colpo, proprio di fronte al parco. Mio figlio stava giocando a pallone con i suoi amichetti: avevo sentito il suono del fischio ma non pensavo a una tragedia così. Ma qui la ferrovia non ha neanche lo straccio di una rete di protezione. Da qui, se uno è incosciente può seguire i binari e arrivare fino al supermercato». Marco è un papà di 41 anni: il figlio di anni ne ha 9 e gioca nel parco dell’Accoglienza, l’area verde nata tra le case popolari di San Donato con i fondi europei per ridare una speranza al quartiere degradato. Proprio di fronte agli scivoli e alle altalene, al di là del recinto verde del parco, si allarga via Po e subito dopo ecco la ferrovia teatro della tragedia. La recinzione della ferrovia lungo via Po – un filo di rete arrugginita che non supera un metri d’altezza – arriva fino all’incrocio con il sottopasso di via Volta, proprio di fronte al parco dell’Accoglienza: poi, niente più,il recinto che separa strada e rotaie non c’è. È per questa mancanza che, adesso, il quartiere prova rabbia: «Se c’era la rete, forse, non moriva nessuno», dice un rom sotto i binari. «Non è possibile che non ci sia una barriera di protezione che impedisca a chiunque di raggiungere le rotaie», protesta una mamma. La ferrovia è una croce del quartiere: la stazione San Marco che, dal 2006, avrebbe dovuto essere una tappa della metropolitana di superficie dell’hinterland pescarese è diventata un altro mostro, tra scritte sui muri e l’ascensore che non è mai entrato in funzione. Da ieri, a San Donato, la ferrovia fa ancora più male: la comunità rom piange un bambino di appena tre anni, Francesco Spinelli, e il resto del quartiere si unisce a un dolore che non trova giustificazione. «Siamo sconvolti. Non ho parole. Pensare che un bambino di tre anni possa morire in quel modo, sotto un treno, è assurdo», dice il presidente nazionale della fondazione Romani, Nazzareno Guarnieri, lontano parente della vittima. Ma, per la Polfer, non c’è obbligo in capo alle Ferrovie dello Stato di rendere invalicabili i binari: sono le Ferrovie stesse a decidere i tratti più a rischio e come evitare incidenti. Che un bambino di tre anni e un altro di due fossero da soli a giocare sui binari, all’apice di un dislivello che nel punto più basso è di quasi tre metri, forse non è possibile. All’imbocco del sottopasso, si radunano i rom della zona: piangono e si disperano. «Ma perché?», si chiedono e poi, quando la bara con il piccolo Francesco viene caricata sul carro funebre, cala il silenzio: «Addio angelo nostro», sussurrano le donne.