PESCARA Quattro personaggi in cerca di voti, un milione duecentomila per la precisione. Da Luciano Ovunque a Gianni Comunque, da Sara che si sveglia a primavera a Maurizio che prova a fare qualcosa di sinistra, la caccia all'ultimo consenso è aperta. Ben sapendo che la prima scommessa da vincere per tutti e quattro è riconquistare la fiducia del popolo abruzzese che cinque anni fa disertò le urne, tant'è che l'astensionismo sfiorò il 50%. Se il trend di sfiducia da parte dell'elettorato sarà confermato, basteranno 250mila voti per portarsi a casa l'intero malloppo. Se invece ci sarà un ritorno di fiamma e passione politica, ne serviranno almeno trecentomila. Quelli che invoca da sempre D'Alfonso e sui quali è sicuro di mettere le mani. Non ne parla Chiodi, benché anch'egli sappia che quella è la soglia fatidica. Più modesto, almeno a parole, Acerbo che pensa in grande senza evocare grandi numeri. Vuole tutto il piatto, invece, la Marcozzi che in ossequio al mantra del Movimento 5 Stelle, vuole spazzare via il vecchio per affermare il nuovo della politica. In ballo ci sono cinque anni di governo regionale e 31 posti da consigliere (29 fra gli eletti, 2 con il presidente eletto e il miglior perdente dei candidati presidente). Con 14 liste, ben 8 delle quali a sostegno di D'Alfonso, e oltre 400 candidati consiglieri, i colpi bassi non sono mancati fino all'ultimo secondo dell'ultimo giorno di campagna elettorale. Chiodi, D'Alfonso e Marcozzi (così i politicamente corretti saranno contenti) sono divisi su ogni tema, ma uniti nel rivendicare la primogenitura di idee, progetti e ricette salvifiche. Gli abruzzesi, però, non hanno più l'anello al naso e non credono più agli uomini della Provvidenza, alle magnifiche sorti e progressive che col tempo si sono rivelate modeste e regressive. Pertanto, pur nel rispetto del gioco delle parti, nessuno dei quattro candidati presidenti ha provato il bluff, ciascuno ha giocato con quello che aveva. Chiodi che difende il titolo è andato sul sicuro delle sue liste canoniche, D'Alfonso che il titolo vuole strappargli ha aperto a quante più liste possibili, Marcozzi e Acerbo sono rimasti fedeli alla natura dei rispettivi partiti: una sola lista a testa, ma almeno contano di andare sul sicuro. Partiamo da chi sostiene il presidente uscente Gianni Chiodi. Tra Forza Italia, Nuovo centrodestra-Unione di centro, Abruzzo Futuro e Fratelli d'Italia, ci sono molti teramani (gli ex assessori Giandonato Morra, Paolo Gatti, Lanfranco Venturoni e Mauro Di Dalmazio) e anche una Terramani, che di nome fa Isabella, in corsa con Abruzzo Futuro. Molto più lunga la teoria che affianca Luciano D'Alfonso. Fra Pd, Regione facile, Valore Abruzzo, Italia dei valori, Sinistra ecologia e libertà, Partito socialista italiano, Centro democratico e Abruzzo civico ce n'è per tutti i gusti. Anche per quelli indigesti al candidato presidente come Giorgio D'Ambrosio, dominus di Pianella, convinto di portare duemila voti alla causa di Centro democratico e dello stesso D'Alfonso, che però li disdegna e non li ritiene determinanti. Una e una sola lista, come da copione, per il Movimento 5 Stelle che si accende per Sara Marcozzi: al suo fianco pochi volti noti, ma molte persone con un bagaglio di battaglie civili per la legalità, l'ambiente, il porto di Pescara, le antenne di San Silvestro. Più o meno sulla stessa falsariga le scelte di Maurizio Acerbo con la sua «Un'altra Regione»: esempi virtuosi con qualche ombra. Così c'è il sindaco finito in prima pagina sul «New York Times» come esempio di buona amministrazione nella tutela ambientale, l'assessora cacciata dalla Giunta perché troppo attenta al rispetto delle regole, ma c'è pure un anarchico condannato per l'assalto a un blindato dei carabinieri. Con la propaganda chiusa, tutti e quattro hanno affidato le proprie ambizioni a una frase «storica», sperando che faccia presa sugli elettori. Così si va dal sobrio «Abbiamo ridato dignità a una Regione canaglia e ora, dopo cinque anni di sacrifici, possiamo tornare a correre» di Gianni Chiodi al visionario «Con infrastrutture moderne renderemo l'Abruzzo facile e veloce e alla portata di tutti», una Regione Ovunque, appunto, di Luciano D'Alfonso, dalla voglia matta di «mandare tutti a casa e azzerare il passato per far rinascere l'Abruzzo» di Sara Marcozzi al solidarismo della sinistra storica con il «ripartiamo dalla questione morale che è la prima emergenza della nostra regione» di Maurizio Acerbo, citando il leader della sua gioventù, Enrico Berlinguer a pochi giorni dal trentesimo anniversario della morte.
Maurizio Acerbo. Dal quartiere Zanni alla Camera dei deputati
È nato a Pescara nel 1965. Già segretario provinciale della federazione giovanile Comunisti italiani di Pescara, è stato eletto a 20 anni consigliere nel quartiere Zanni e poi consigliere comunale. Esponente di Rifondazione comunista, è stato eletto nel 2006 alla Camera. Nel 2008 consigliere regionale abruzzese.
Gianni Chiodi. Il sindaco di Teramo diventato governatore
È nato a Teramo nel 1961. Dottore commercialista, nel 1999 diventa consigliere comunale di opposizione al Comune di Teramo, città di cui diventerà sindaco nel 2004. A dicembre 2008, con lo scioglimento anticipato dell’8ª legislatura, viene eletto presidente della Regione per il centrodestra. Ora ci ritenta.
Luciano D'Alfonso. Da Lettomanoppello a numero uno di Pescara
È nato a Lettomanoppello nel 1965. Laureato in Scienze Politiche e Filosofia, è dipendente dell’Anas. Eletto presidente della Provincia di Pescara nel ’95, nel 2000 diventa consigliere regionale, nel 2003 sindaco di Pescara. Alla guida del capoluogo è rimasto fino al dicembre 2008.
Sara Marcozzi. L’avvocato di Chieti folgorata da Grillo
La più giovane dei candidati.Nata a Pescara nel 1978, ma ha sempre vissuto a Chieti, è laureata in Giurisprudenza e dal 2009 svolge la professione di avvocato. Ha aderito al Movimento 5 stelle due anni fa ed è stata portavoce del Meetup di Chieti, il movimento degli amici di Grillo.