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25/05/2014
AbruzzoWeb
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Gran Sasso: seggiovia fontari, ancora scontro
Luigi Faccia, ''basta ambientalisti da salotto'' |
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L'AQUILA - “Ora basta! Non è possibile che ogni volta che si cerca di trovare soluzioni per lo sviluppo turistico del Gran Sasso, di affrontare la profonda crisi economica ed occupazionale, un manipolo di benpensanti che professano l’integralismo ambientale dai propri salotti ben arredati pretendono di insegnare, a chi dell’ambiente è parte integrante, le regole del mantenimento di un ecosistema”.
È furibondo Luigi Faccia, direttore della Scuola Italiana Sci di Assergi, contro gli ambientalisti di Emergenza Abruzzo, che riunisce 29 associazioni e movimenti, dalla Lipu Club alpino al Wwf e Italia Nostra, e che si oppongono al piano d'area del Gran Sasso, che con circa 9 milioni di euro di fondi della ricostruzione intende rilanciare gli impianti sciistici di Campo Imperatore, sostituendo tra le atre cose il vecchio impianto di risalita delle Fontari, con un nuovo impianto, più lungo e spostamento di circa 150 metri.
il Piano prevede poi la realizzazione di due nuovi accessi diretti al comprensorio da Monte Cristo e dalla Fossa di Paganica, e anche quanto proposto dal progetto perorato da molti operatori economici, associazioni e giovani appassionati, denominato 'Gran Sasso anno zero', volto a creare le condizioni, anche con infrastrutture poco impattanti, per lo sviluppo in tutto l'arco dell'anno, dello sci di fondo, del parapendio, del trekking, della mountain bike, dell’arrampicata sportiva, dell’alpinismo. Attività che però non possono prescindere, per essere sostenibili economicamente, dal potenziamento e rilancio degli impianti sciistici, di cui è prevista la privatizzazione.
Dall’altra parte gli ambientalisti reputano, in particolare l'intervento sulle Fontari, eccessivamente impattante, incompatibile con i delicati equilibri ambientali del Parco Nazionale del Gran Sasso Laga. E minacciano di fare ricorso contro il bando di gara per la realizzazione della nuova seggiovia. Argomentando che proprio nell’area interessata, la Rete di icerca ecologica a lungo termine (LTER Italia) sta studiando la flora e la fauna.
Emergenza ambiente propone in alternativa un Piano di riconversione in chiave ecologica dei principali complessi turistico-sciistici, con smantellamento e rinaturalizzazione completa degli impianti obsoleti o inattivi, chiusura e rinaturalizzazione della viabilità minore, la realizzazione di una rete di percorsi per sci fondo-escursionismo, il potenziamento, la sistemazione e la valorizzazione della rete dei sentieri escursionistici, nonché dei Centri Visita e di quelli di ricerca ecologica a lungo termine.
Argomenti e impostazione culturale di fondo rispediti al mittente da Faccia che agli ambientalisti non le manda certo adire con questa lettera aperta che riportiamo integralmente.
LA NOTA INTEGRALE
Credevo di averle viste e sentite tutte, invece lungo il percorso della nostra vita c’è sempre da imparare. Infatti nella primavera di qualche anno fa, non volevo crederci, ma l’intero ecosistema del Gran Sasso subiva un attacco mortale, tanto da mettere a rischio la vita di intere generazioni di chirotteri (mammiferi placentati comunemente noti come pipistrelli) e falene (insetti che appartengono all'ordine dei Lepidotteri, con abitudini notturne).
Questo cataclisma fu attribuito alla funesta predizione dei Maya per l’anno 2012 ma per fortuna non fu così, infatti il tutto fu causato dalla presentazione da parte del Comune, della progettazione dell’illuminazione dei tralicci della Funivia del Gran Sasso per permettere il servizio notturno della stessa.
Andando più in là nel tempo, si ricorda l’attacco subito dal Fringuello dell’Appennino e dalla Vipera dell’Orsini, scatenato dall’uomo, mammifero che occupa uno degli ultimi posti nella graduatoria delle specie viventi, colpevole di aver bonificato la pista dell’Osservatorio e rendere la pratica dello sci più sicura agli umani ma rendendo inospitale l’habitat di queste due tenerissime bestiole.
Venendo al presente, purtroppo, siamo di nuovo a commentare l’ennesimo attacco alla natura. Infatti anche questa volta l’opera dell’uomo va a compromettere irrimediabilmente una preziosissima fetta di terreno e cotica erbosa dove esisterebbe, a detta della notissima rete Lter e di una diffusissima e non meglio specificata mappa, una stazione di ricerca a lungo termine che studia la vita e le abitudini di preziosissime e rarissime specie animali e vegetali, compromettendone l’attività di ricerca.
Come si può ben vedere, ogni volta che si cerca di trovare soluzioni realistiche e concrete affinché si avvii un processo di sviluppo turistico solido e duratura nel tempo, in modo da poter affrontare la profonda crisi economica ed occupazionale che attanaglia il nostro territorio e la nostra martoriata città, un manipolo di benpensanti che professano l’integralismo ambientale dai propri salotti ben arredati e che in maniera arrogante e presuntuosa pretendono di insegnare, a chi dell’ambiente è parte integrante, le regole del mantenimento dell’ecosistema del Gran Sasso, si ergono a novelli Robin Hood dell’ambiente che cercano di sconfiggere l’odiatissimo Sceriffo di Nottingham.
Ma contrariamente alla leggenda, questi Robin Hood dell’era moderna, depredano le sempre più povere popolazioni locali vietandogli qualsiasi possibilità di sviluppo turistico, per poter mettere a disposizione di pochi fortunati adepti, l’ambiente privo di questo fastidiosissimo essere vivente chiamato uomo.
A questo punto però è arrivata l’ora di dire basta a questi comportamenti ostili e strumentali che si celano dietro ad innumerevoli associazioni e sigle ambientaliste che il più delle volte, nell’elenco degli appartenenti, annovera solamente il fondatore e si nascondono dietro ad appelli alla popolazione su presunte irregolarità procedurali, mancanza di pubblicità degli atti e non condivisione delle scelte. La vera realtà invece è diversa e lo dimostrano il comportamento che questi paladini di un mondo migliore hanno sempre avuto negli anni e particolarmente con il versante aquilano del Gran Sasso.
Non ho mai voluto credere ad un progetto chirurgico per far morire turisticamente il Gran Sasso aquilano ma, purtroppo, devo cominciare a pensare diversamente. Infatti non è possibile che la costruzione di infrastrutture a sostegno del turismo invernale sconquassino l’ambiente solo da noi ed invece non succeda nulla nelle altre località sciistiche alpine ed appenniniche.
Dico basta anche a ricevere lezioni sull’ambiente da chi ci viene solamente a passeggiare durante i fine settimana ed ha il culetto ben saldo su una poltrona che dal lunedì al venerdì gli produce un reddito che gli consente poi di venire, nelle nostre case, a fare il professore il sabato e la domenica.
Gli imprenditori locali che vivono del proprio sudore e non di quello altrui, sanno benissimo che il Gran Sasso, turisticamente, deve essere vissuto 12 mesi l’anno, ma sono allo stesso tempo consapevoli che il Gran Sasso non può prescindere dal turismo invernale, tradizione ben consolidata nell’aquilano ed in tutto l’Abruzzo. Solo l’integrazione delle varie forme di turismo, nessuna esclusa, può rendere vincente il Gran Sasso.
Vorrei concludere con una frase che attualmente va molto di moda in campagna elettorale e che dice molto spesso anche il Presidente del Consiglio: l'aria è cambiata.
Questo vuol dire che non si subiranno più passivamente posizioni pretestuose e strumentali su come deve essere condizionato il futuro nostro e dei nostri figli, come peraltro noi non ci permetteremo mai di venire nelle vostre case a pretendere l’impossibile, “ambientalmente parlando”.
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