Matteo Renzi aveva detto che il voto europeo, sul fronte italiano, sarebbe stato un «derby» tra speranza e rabbia. E stando ai numeri quel derby alla fine lo ha vinto lui. Il Partito Democratico strappa il 40,9% dei consensi contro il 21 del Movimento 5 Stelle e il 16,7% di Forza Italia. Un dato accolto con entusiasmo dal capo del governo, che non ha commentato il risultato con i giornalisti affidando però la sua soddisfazione a Twitter: «Un risultato storico. Commosso e determinato, adesso al lavoro per un’Italia che cambi l’Europa». Una percentuale superiore al 40% nella storia repubblicana era riuscita a conquistarla solo la Dc di De Gasperi e neppure Berlinguer,evocato nei giorni scorsi proprio dai grillini che ne avevano rivendicato l'eredità sulla questione morale, ci si era mai avvicinato.
Delusione a 5 stelle
Beppe Grillo è il grande sconfitto di questa tornata elettorale. I 17 europarlamentari che dovrebbe avere conquistato non sono pochi, ma il M5S puntava a ben altri risultati. Il sorpasso non c'è stato e l'hashtag #vinciamonoi ora suona beffardo. L’ex comico deve fare i conti non solo con un netto calo di consensi rispetto alle elezioni politiche dello scorso anno, ma anche con un distacco pesantissimo dal suo principale avversario - 20 punti sono di fatto un altro partito - che sembra difficilmente colmabile nel breve periodo. E che oltretutto finisce col legittimare Renzi spegnendo le polemiche sulla sua ascesa a Palazzo Chigi senza un passaggio elettorale. Il leader del M5S non si è fatto sentire nella notte elettorale («Forse sta già dormendo» hanno detto i suoi davanti alle telecamere), e anche gli altri esponenti di punta del Movimento hanno preferito prendere tempo rimandando le valutazioni a quando i dati saranno definitivi. Resta da vedere se ci sarà un passo indietro di Grillo, che nei giorni scorsi non aveva escluso questa ipotesi nel caso di un risultato deludente.
«Il centrodestra non esiste più»
Grande la soddisfazione al Nazareno, dove i commenti sono entusiastici e dove si fa notare con orgoglio come il Pd sia ora anche il principale gruppo in seno al Pse. Canta vittoria anche la Lega, unico a crescere tra le forze dell’opposizione: «Ci davano per morti e invece ci siamo» sottolinea il segretario Matteo Salvini. Forte invece la delusione di Forza Italia, che nei commenti a caldo preferisce minimizzare parlando di risultato «non esaltante» e che punta il dito contro Alfano e il Nuovo Centrodestra, accusati di fatto di avere favorito la crescita di Renzi e di esserne rimasti poi fagocitati. Giovanni Toti, consigliere politico di Silvio Berlusconi, parla della possibilità di ricostruire il centrodestra in Italia recuperando proprio il rapporto con gli alfaniani, ma anche con la Lega e Fratelli d’Italia, anche se il quadro politico è cambiato e se attualmente le quattro forze politiche stanno su fronti opposti. Facile per Ignazio La Russa mettere le mani avanti, sottolineando che se verrà portata avanti la nuova legge elettorale (frutto di un accordo tra Renzi e Berlusconi) «le possibilità di trovare un’intesa sono pari a zero». Anche il leghista Salvini è alquanto netto: «Ovunque in Europa si è affermato il centrodestra, tranne che in Italia. Il problema è che il centrodestra non c’è più: bisognerà reinventarlo».
Il dato europeo
A livello continentale i due dati più eclatanti sono la vittoria del Front National di Marine Le Pen in Francia e il successo di Nigel Farage in Gran Bretagna. Le ultime proiezioni confermano il Partito popolare a 212 seggi con il 28,2% dei voti, e segnano un leggero incremento dei socialdemocratici che passano a 186 seggi da 185 precedentemente stimati, con il 24,7% dei voti. I liberali scendono a 70 seggi (9,3%). Sostanzialmente invariati i numeri degli euroscettici (141) e dei partiti non schierati in famiglie politiche europee. L'Efd ottiene 36 seggi, gli eurodeputati indipendenti salgono a 38, gli altri partiti non allineati restano a 67 eurodeputati. I conservatori e riformisti registrano 44 seggi, mentre la sinistra di Tsipras scende a 43 seggi e i verdi restano a 55.
L’affluenza nelle regioni
Tornando al fronte italiano, un risultato che desta preoccupazione è quello sull’affluenza, ferma al 57,22% a fronte del 65,87 della precedente tornata, quando però si votò in due giornate. Numeri inconsueti per un Paese come il nostro abituato a livelli di partecipazione ben più incoraggianti, ma su cui altre nazioni metterebbero subito la firma: una stima degli uffici statistici di Bruxelles parla infatti di un’affluenza media del 43,1% (che a livello comunitario - spiega Jaume Duch, uno dei portavoce dell’Europarlamento - segna «la prima inversione di tendenza dal 1979»). Le regioni italiane più assidue ai seggi sono state il Piemonte (dove si votava anche per il rinnovo del consiglio regionale), dove i votanti sono stati il 67,38%, e la Lombardia con il 66,40%. In Abruzzo, l’altra regione che votava anche per il consiglio regionale, gli elettori che si sono recati ai seggi sono stati il 63,43%. I dati più negativi quelli delle isole: in Sicilia ha votato il 42% degli aventi diritto e in Sardegna il 39,12.