PESCARA La prima notizia sull’affluenza alle urne è che il dato delle ore 23 ha messo in crisi il cervellone del Viminale. Mentre scriviamo il dato abruzzese è estremamente evanescente, perché a un’ora dalla chiusura dei seggi sono disponibili i dati di un terzo dei comuni e mancano i maggiori. La seconda notizia è che se da un lato gli abruzzesi hanno superato lo choc delle scorse regionali (quando alle urne si recò solo il 52,58% degli aventi diritto), avrebbero però preferito il voto delle europee rispetto a quello per palazzo Silone. Gli elettori si sarebbero mostrati più fiduciosi (o attivamente critici) verso Bruxelles che verso L’Aquila. Un dato che se fosse confermato dovrebbe far riflettere molto la classe politica abruzzese. Considerando che l’affluenza alla politica ha toccato il 75%. La giornata è partita molto a rilento con un modesto 16,61% alle ore 12, un incremento sensibile alle ore 19 con il 46,96%, e alle 23 (dato parziale) lo sfondamento del 60%. La provincia più virtuosa dal punto di vista del diritto-dovere di voto si è confermata Teramo, dove però si è votato anche al Comune e dove ha lavorato molto il governatore uscente Gianni Chiodi. L’affluenza buona ma non eccezionale risente anche di una campagna elettorale che è stata lunga, molto dura e cattiva. Preceduta da due scandali nazionali come il caso dell’ex assessore De Fanis e l’altrettanta clamorosa e pruriginossa Rimborsopoli (nella quale è rimosto impigliato il governatore). Vicende che hanno rafforzato Grillo e il partito dell’astensionismo. Ma che tipo di campagna eletotrale è stata dal punto di vista della comunicazione dei partiti? Secondo Marco Santarelli, l'esperto di analisi delle Reti del Polo di ricerca dell'Università D'Annunzio Chieti-Pescara, ha vinto la comunicazione tradizionale mentre «si è totalmente ignorata la Rete» tanto cara ai grillini. «Passando attraverso tv locali», dice Santarelli, « si è puntato alla piazza e all'incontrare persone, riprendendo in mano una vecchia abitudine degli anni '80, anche nella loro casa» Stavolta dunque la televisione, in un rinnovato sprint inaspettato ai tempi di twitter e di Facebook, ha dato un forte input a questa tornata elettorale. «È la rete stessa che si è autoalimentata dalla Tv», dice Santarelli, «incrociando facilmente dei dati venuti fuori tra contenitori pomeridiani e talk show, i leader politici hanno ricevuto il 30% di twitt in più rispetto a quelli avuto in giorni precedenti». Secondo Santarelli, «nel 2014 possiamo più o meno dire che le elezioni hanno avuto molto dalla tv, dai contesti i cui si sono manifestati (vedi strategie su tasse, ricerca, salario minimo delle famiglie e problemi reali in generale). Il messaggio dalla rete si è spostato verso soglie più popolari e non solo verso i giovani. Tutto questo perché gli analisti hanno, giustamente, capito che tali elezioni potevano essere lo specchio di un deserto elettorale e per cercare di portare e riportare persone alle urne hanno attuato due strategie, una quella di candidare più persone possibili (che diventano link di parenti e amici che sono più facili da convincere) in un'unica circoscrizione, e, l'altra, di tornare alla tv e in giro nelle piazze per arrivare agli under 65/85 che ancora oggi utilizzano moto più il piccolo schermo che il web».