PESCARA Un altro siluro a Nazario Pagano arriva dal deputato Fabrizio Di Stefano con una lettera nella quale, pur usando toni garbati e rinviando ogni decisione al dopo ballottaggio, di fatto scarica il coordinatore regionale. Prima di impartire una piccola lezione di filosofia targata Confucio, Di Stefano prende le mosse dall'annunciata convocazione degli stati generali di Forza Italia da parte dello stesso Pagano per analizzare la sconfitta alla Regione. Ma alla prova dei fatti quella di ieri si è rivelata una riunione per pochi intimi che non poteva oggettivamente prendere decisioni di sorta. Non c'erano i consiglieri regionali rieletti e quelli bocciati, insomma non c'erano i vertici "azzurri" in Abruzzo, mentre hanno risposto all'appello solo i vice coordinatori e i componenti del direttivo nominati dallo stesso Pagano. In Forza Italia, quindi, si resta al palo, fermi alla dure prese di posizione di Mauro Febbo e Lorenzo Sospiri, confermati a Palazzo dell'Emiciclo, i quali appena due giorni fa avevano chiesto le dimissioni di Pagano, ritenuto il principale responsabile del flop del partito e della coalizione non solo alla Regione, ma anche in altre realtà locali dove si è votato. Una resa dei conti che ora viene adombrata anche da Fabrizio Di Stefano. «Caro Nazario, - così attacca la lettera il deputato - non ho inteso partecipare alla riunione non tanto per l'irritualità di una convocazione di noi parlamentari, fatta letteralmente ad horas (raggiunti da te solo ieri in tarda serata con una telefonata), ma soprattutto perché la ritengo, così come da te congegnata, non utile. Se c'era da fare un confronto e cercare un coinvolgimento che io ho chiesto e auspicato, lo si sarebbe dovuto fare sin dalla formazione delle liste e dalla individuazione della strategia elettorale, cosa che invece hai gestito in totale solitudine o, penso, con il solo confronto con il presidente Chiodi». Per Di Stefano, dunque, Pagano ha sbagliato i tempi, i modi e i soggetti da chiamare in causa: «Oggi vuoi fare questa analisi e cercare questo coinvolgimento, mancato nella fase preparatoria della campagna elettorale. - aggiunge - Ma un confronto lo si sarebbe dovuto fare con la più ampia partecipazione possibile. Avrebbero dovuto essere coinvolti infatti tutti coloro che in prima persona, in questa sfida, come si suol dire, "ci hanno messo la faccia", cioè con tutti i nostri candidati. Constato invece che neppure i consiglieri eletti sono stati convocati!». Si prova a salvare il salvabile, auspica Di Stefano: «Preferisco rinviare un'analisi a dopo i ballottaggi concentrandoci sugli stessi con il massimo delle energie e considerando che a Pescara (ieri il sindaco Mascia ha firmato l'apparentamento con Serraiocco, portatore di uno 0,7% al primo turno), per le comunali, con un'azione più lungimirante e volta a coinvolgere e non ad escludere, forse si sarebbe potuta evitare una divisione così lacerante. Il confronto lo cercherò dopo l'8 giugno con il territorio, con le donne e gli uomini che sono da sempre in trincea e lo sono stati anche in questa campagna elettorale, ed a cui deve andare tutto il ringraziamento del partito, e non come stamattina, solo con un organismo autoreferenziale». Poi uno scatto d'orgoglio: «Oggi pensiamo a vincere i ballottaggi perché ce lo chiede la nostra base e perché ne abbiamo tutte le possibilità in quanto i nostri candidati sono sicuramente più credibili e più affidabili delle alternative di centrosinistra». Prima della chiusa filosofica: «Ricordo a me stesso, e lo consiglio umilmente a te, un pensiero di Confucio: 'L'uomo probo e l'arciere che manca il bersaglio ricercano in sé stessi la causa del proprio errore'». Il redde rationem in Forza Italia è solo rinviato al dopo ballottaggio.