ROMA Il punto non è tanto, o non solo almeno, se la Tasi sarà più pesante della vecchia Imu. Bankitalia ne è convinta ma, per esempio, il centro studi Uil pensa esattamente il contrario affermando che la tassa sui servizi indivisibili costerà in media 410 euro contro i 537 versati per l’imposta comunale sugli immobili. Con un risparmio secco di 127 euro. Il punto è che senza la «manovrabilità dell'aliquota finalizzata alle detrazioni che la farà diventare più equa», come ha promesso ieri il sottosegretario all'Economia Giovanni Legnini, a rischiare il salasso saranno i proprietario delle case di minor pregio. «Ai sindaci – ha così raccomandato l’esponente di governo - spetta un grande ruolo, perché si tratta di un'imposta autenticamente federalista». Ecco, tutto dipenderà dalle scelte dei primi cittadini ai quali, alcune settimane fa, Palazzo Chigi ha offerto la possibilità di alzare l'aliquota Tasi dello 0,8 per mille sulle abitazioni di fascia alta per finanziare in questo modo sgravi ed esenzioni in favore delle famiglie a reddito medio-basso. Alcuni sindaci, negli oltre 2 mila comuni che hanno già scelto, hanno seguito questa strada. La quale, sono i numeri a dirlo, è indispensabile per riequilibrare la tassazione. La vecchia Imu prevedeva infatti una detrazione fissa di 200 euro per ciascun immobile più 50 euro per ogni figlio a carico di età inferiore a 26 anni. Un meccanismo che alleviava il carico su molti italiani fino ad annullarlo del tutto in diversi casi. Con la Tasi al 2,5 per mille e senza il paracadute di eventuali detrazioni non si scappa, invece.
LE CIFRE
E così, ad esempio, già a partire da una rendita piuttosto modesta di 400 euro la Tasi rischia di essere più pesante dell’Imu. Fanno 165 euro al posto dei 133 (o appena 33 con due figli a carico) versati con il regime Imu. E, paradossalmente, la situazione si ribalta al crescere della rendita. Con l’aliquota al 2,5 per mille, la categoria catastale A/2 pagherebbe 486 euro: sconto da 290 euro rispetto alla stagione Imu. Un bilocale di 52 mila euro di valore catastale non pagava nulla di Imu, mentre con Tasi al 2,5 per mille verserebbe 132 euro. Con due figli, l'Imu era zero fino a quota 78mila euro di valore catastale, invece la Tasi al 2,5 per mille chiederebbe 195 euro. Il paradosso nasce dal fatto che fino al 2012 le detrazioni Imu erano rigide, quindi non cambiavano in base al valore catastale dell'immobile. Per effetto di quel meccanismo accedeva che nelle case più grandi l'effetto delle detrazioni era più contenuto ma con la Tasi, che ha aliquote più basse dell'Imu, c’è sempre un vantaggio al crescere del valore dell’immobile. Un villino con un valore di 500mila euro, per dire, poteva pagare di Imu fino a 2.800 euro, mentre con la Tasi può arrivare al massimo a quota 1.650 euro. I dati dell’Agenzia del Territorio certificano che ai tempi dell’Imu in vigore su tutti gli immobili il 10% delle case di maggior valore pagava circa il 50% dell'imposta totale, mentre con la Tasi il carico si trasferisce sulle case medie che, ovviamente, rappresentano la maggioranza del parco abitativo nazionale.
Aggravi alle porte anche per molti dei proprietari di seconda casa. Con la Tasi (più Imu) portata al limite massimo dell’11,4 per mille del valore catastale dell’immobile, il versamento medio salirebbe dagli 818 euro della vecchia imposta sugli immobili verso quota 886,7. Con un aumento di 68,7 euro e una crescita della pressione fiscale dell’8,4%. Tanto da confermare i timori di Confedilizia secondo la quale, rispetto all'Ici versata nel 2011, le tasse sulla casa in più pagate dagli italiani arriveranno quest'anno fino a 44 miliardi di euro.