ROMA Che i sindacati confederali si sentano tirati un po’ per i capelli in questa vertenza Rai non lo nasconde più nessuno o quasi. Il rischio è scendere in piazza il prossimo 11 giugno accanto ai 51 dirigenti che guadagnano più di 200 mila euro l’anno. E anche di più. Senza dire del rischio di ammucchiata. Si va dai grillini agli autonomi; tutti contro Renzi.
Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl preferirebbe evitarlo. «Sarà difficile per me trovarmi in questa condizione, il mio sindacato rappresenta chi guadagna 1200 euro, vorrei sottolinearlo».
Lei dunque non sciopera?
«Io lo sciopero non lo farò. Ma il governo annunci prima dell’11 giugno il rilascio della nuova Concessione, che poi è il vero nodo, il perno intorno al quale ruota tutta questa vicenda. Faccia chiarezza e affrontiamo insieme tutti i temi del rinnovamento e la funzione del servizio pubblico».
Il sottosegretario alle Comunicazioni Giacomelli in realtà lo ha già fatto capire: il rinnovo della Concessione non è in discussione.
«Lo dica più chiaramente e poi si metta subito mano al nuovo piano industriale. Ci troviamo in una strettoia: la Rai così com’è non può continuare. Con la botta dei 150 milioni sottratti al canone non può reggere. Ma si dica in modo trasparente cosa si intende per esuberi: non vorrei che alla fine a rimetterci siano proprio quei lavoratori precari che guadagnano 1200 euro al mese. Nell’ultimo decennio in Rai hanno lavorato troppi lavoratori che non sono tutelati e questo non deve più succedere».
In base agli accordi interni ogni anno la Rai dovrà assorbire dal bacino dei precari circa 500 dipendenti, tra amministrativi e giornalisti.
«Appunto. Per questo dico che va fatta chiarezza. Chiedo al governo cose molto semplici. Chiedo di uscire dalla confusione e di mettere mano alla Concessione. L’efficienza deve fare premio. Da troppo tempo la politica ha fatto in Rai il bello e il cattivo tempo. E ogni volta che ci ha messo le mani sopra è stato solo per piegarla ai propri interessi. Gli impegni si possono mantenere se si aboliscono i privilegi. L’azienda ha un organico importante, le esternalizzazioni si riportino all’interno. Noi non volgiamo che si tocchi nessun lavoratore».
Ventiquattro sedi regionali. Per lei sono troppe? É giusto eliminarne qualcuna e accorparle?
«Benissimo, si facciano i tagli dove si deve tagliare, se ci sono sprechi o doppioni si intervenga purché tutto avvenga alla luce del sole. Quello che non vogliamo è una Rai politico-diretta come è stata finora, prigioniera dlele solite logiche politiche. In passato certe rigidità, certi toni, certe parole sono serviti solo a portare il dominio da una parte o dall’altra».
Giusto vendere una quota di RaiWay?
«Se i ponti che trasmettono il segnale restano in mano pubblica sono più tranquillo, questo è certo. Ma anche in questo caso vorrei che si facesse chiarezza. Vendere? Ma vendere a chi? Alla concorrenza per sfruttare le Torri? Chi entrerà in questi progetti e con quali investimenti? E poi: vendere senza sapere a chi andrà tra due anni la Concessione del servizio pubblico? Non sempre aprire al Mercato vuol dire implementare».
Tornando allo sciopero...
«...io lo sciopero non lo vorrei proprio fare».