ROMA Prima di brindare attende di leggere la lettera che il presidente e ceo di Etihad, James Hogan, ha promesso per oggi e con la quale si capiranno meglio le condizioni e gli obiettivi dell’investimento. La bottiglia è comunque in frigo perché Matteo Renzi e il suo governo sulla vicenda Alitalia hanno rischiato di giocarsi una buona dose di credibilità e con loro la compagnia aerea che da qualche decennio pencola tra alleanze e pretese autarchiche che nel 2008 spinsero Silvio Berlusconi a bloccare la vendita ad Air France facendone tema da campagna elettorale. Dopo svariati tentativi e un viaggio di Enrico Letta negli Emirati, la trattativa è decollata sotto le cure dell’attuale governo e sino all’intesa che porterà nelle casse della Compagnia seicento milioni di euro e offrirà prospettive di rilancio a tutto il settore aereoportuale.
BACCHETTATE
Il principale merito che Renzi si attribuisce in questa vicenda è quello di aver rotto il tabù dell’italianità della compagnia costato sinora alle casse dello Stato oltre 4 miliardi, e di aver sorretto l’azienda sino all’arrivo di un affidabile compratore che per prima cosa ha dovuto ridimensionare le attese delle banche creditrici. Una volta ribadito che l’alternativa al partner straniero sarebbe stata solo la messa in liquidazione dell’azienda perché soldi pubblici non ce ne sono e non si possono mettere pena le bacchettate di Bruxelles, anche le resistenze dei sindacati si sono affievolite. Anche se resta il nodo degli esuberi che Renzi gestirà insieme al ministro Poletti, da domani in poi la ”faccenda” viene considerata risolta sotto il profilo delle competenze dell’esecutivo e lasciata alle decisione che prenderanno i manager e il cda della Compagnia.
SCALI
Per palazzo Chigi, se tutto andrà liscio, si tratta di un altro punto a favore dopo la vertenza Electrolux e anche in questo caso conterà molto il piano industriale con il quale si capirà dove e come la nuova Alitalia intende sviluppare per recuperare quella massa di turisti - provenienti specie dall’Oriente e dal medio Oriente - che in Italia arrivano fruendo degli hub di Parigi, Londra o Francoforte. Dall’Ilva passando per la Micron e il Sulcis, sul tavolo di palazzo Chigi passano le principali crisi industriali e le ripetute riunione avute anche di recente con Franco Bassanini e Giovanni Gorno Tempini, rispettivamente presidente e amministratore delegato della Cassa Depositi e Prestiti, confermano il ruolo di volano dell’economia che Renzi assegna agli investimenti pubblici. Il nuovo Rinascimento industriale, con la conseguente creazione di nuovi posti di lavoro, è per Renzi ottenibile solo grazia alla spinta degli investimenti pubblici e proprio questo è il nodo che intende risolvere con Bruxelles per evitare che l’aumento del debito pubblico, dovuto in gran parte alla partecipazione al fondo salva Stati, si trasformi in un cappio intorno al collo.
SEMESTRE
E’ per questo che le raccomandazioni che oggi arriveranno da Bruxelles all’Italia, e in parte già filtrate, non sono destinate ad impressionare il presidente del Consiglio. Soprattutto quelle relative alla necessità di rientro dal deficit. Anche perché, come ha sostenuto ieri, «non ho paura di ciò che la Commissione dirà, ma mi preoccupo di più di ciò che diremo noi alla Commissione». Come dire, stavolta presidente della Commissione e commissari dovranno muoversi in un ambito più preciso grazie ad un programma che il semestre di presidenza italiana dell’Unione intende avviare.
E che l’Italia stia già in pressing su Bruxelles lo conferma l’attivismo del sottosegretario Sandro Gozi che di recente ad Atene ha chiesto e ottenuto dai suoi colleghi che nell’agenda della prossima Commissione entri anche il nodo della governance dell’Unione. Ovvero che si apra un dibattito sul funzionamento del sistema. Un punto, questo, cuore del semestre italiano insieme a quella dei contenuti, ovvero delle priorità che l’Unione deve darsi per i prossimi cinque anni per «cambiare verso». Un’inversione ad ”u” che Renzi ritiene necessaria per togliere l’acqua dove nuota l’euroscetticismo e «perchè - ha sostenuto ieri il premier da Trento queste politiche economiche hanno causato una disoccupazione senza precedenti» in Italia e su troppi temi, dall'energia all'immigrazione, manca una visione comune e incisiva dei problemi.