BRUXELLES La richiesta di rinviare il pareggio di bilancio al 2016 non è stata bocciata in extremis, ma la Commissione europea ieri ha comunque chiesto all'Italia di adottare «sforzi aggiuntivi, in particolare nel 2014» per garantire il rispetto del Patto di Stabilità. Anche se la parola «manovra» non è mai menzionata, la raccomandazione per l'Italia invita il governo Renzi a «rafforzare le misure di bilancio» per quest'anno «alla luce dell'emergere di uno scarto» dello 0,6% del Pil tra l'aggiustamento strutturale del deficit contenuto nel Def («soltanto 0,1 punti percentuali di Pil») e quello richiesto da Bruxelles (pari allo 0,7%). Il commissario agli Affari economici, Olli Rehn, ha detto di sostenere «il forte piano di riforme» di Renzi. Ma sulla principale misura – gli 80 euro al mese per i redditi più bassi – la Commissione ha espresso perplessità. «I recenti interventi volti ad alleggerire la pressione fiscale sui fattori di produzione sono stati piuttosto limitati». Per Bruxelles, c'è «margine per spostare ulteriormente il carico fiscale verso i consumi, gli immobili e l'ambiente».
La battaglia sulla richiesta italiana di rinviare il pareggio di bilancio si è giocata nella notte tra domenica e lunedì. Il testo proposto da Rehn prevedeva una chiara bocciatura, ma su richiesta del commissario Antonio Tajani il passaggio è stato cancellato. Tuttavia, secondo Rehn «rinviare il raggiungimento degli obiettivi di medio termine non pone l'Italia in una buona posizione nei confronti delle regole che ha sottoscritto». Per il commissario, «scommettere sulla benevolenza dei mercati è molto rischioso» a causa dell'alto debito pubblico. Per il 2015, inoltre, le coperture sono troppo vaghe: «Il raggiungimento degli obiettivi di bilancio non è suffragato da misure sufficientemente dettagliate». Le previsioni del governo sono «leggermente ottimistiche». L'Italia deve attuare «le misure adottate, rafforzarne alcune ed essere pronte a adottarne altre», ha detto Rehn: solo in caso di nuova recessione, «le regole permetterebbero di riconsiderare automaticamente l'aggiustamento richiesto nel percorso verso l'obiettivo di pareggio di bilancio».
LO SCENARIO
L'Italia ha evitato una procedura per squilibri eccessivi, perché il Piano Nazionale di Riforme è ritenuto «appropriato» per affrontare il problema della scarsa competitività. Ma Rehn ha avvertito che la Commissione continuerà a monitorare. Sul fronte delle riforme, le 8 raccomandazioni sono stringenti, con alcune scadenze per verificare attuazione ed effetti. L'Italia deve «portare a compimento l'ambizioso piano di privatizzazioni» e continuare sulla strada dei risparmi della spesa pubblica. Sul fisco, oltre a suggerire un aumento delle imposte sugli immobili e dell'Iva per finanziare il taglio del costo del lavoro, la Commissione vuole che il governo riesamini «la portata delle agevolazioni dirette» e allinei i valori catastali con quelli di mercato, cosa che sta avvenendo con la delega fiscale. Bruxelles chiede anche «interventi complementari» sulla giustizia civile per risolvere le sue «gravi inefficienze».
Sul mercato del lavoro, l'Italia dovrà fare una valutazione entro la fine dell'anno delle misure annunciate dal governo. Secondo la Commissione, è necessario limitare «l'uso della cassa integrazione» e «adoperarsi per una piena tutela sociale dei disoccupati». Sulla scuola, occorre «rendere operativo il sistema nazionale per la valutazione degli istituti». Sulle banche, l'invito è di riformare la governance delle popolari e delle fondazioni. L'Italia deve anche rimuovere gli ostacoli alla concorrenza nelle professioni, nei servizi pubblici locali, nelle assicurazioni, nel commercio al dettaglio e nei servizi postali.
Il Tesoro esclude una manovra bis
ROMA Una riduzione strutturale del debito pubblico pari ad almeno lo 0,7 per cento del Pil, invece dello 0,1 che emerge dai documenti italiani. La posizione europea non cambia molto rispetto a quella espressa nel novembre dello scorso anno: lo 0,6 per cento di sforzo aggiuntivo per il 2014 vale, tradotto in euro, 9-10 miliardi. Una manovra correttiva che il governo italiano non ha per ora intenzione di mettere in cantiere, ma che più in là potrebbe essere costretto a prendere in considerazione, almeno parzialmente.
L’enfasi della commissione comunque non è sul disavanzo ma appunto sul debito. La stessa frase con cui viene negato il via libera al rinvio del pareggio di bilancio - tolta dalle raccomandazioni ma presente nel documento di lavoro compilato dai tecnici - fa riferimento proprio al rischio di non rispettare il vincolo di riduzione del debito pubblico: insomma un anno di più per portare a zero il deficit strutturale non sarebbe di per sé un problema.
I DETTAGLI DA PRECISARE
Proprio perché si tratta del debito, l’eventuale correzione potrebbe fare affidamento anche su dismissioni patrimoniali, cioè sul piano di privatizzazioni che il governo italiano rivendica sin dai tempi di Letta e che il Tesoro (dopo averne recentemente ampliato la portata) ha richiamato anche ieri nel suo comunicato. Bruxelles però ritiene quel piano «ambizioso» e «largamente non precisato». Inoltre il quadro economico a cui fa riferimento il governo italiano è quello di una «crescita sostenuta» ed anche su questo aspetto da parte europea c’è più di un dubbio.
L’altro pacchetto a cui l’Italia conta di fare ricorso è la revisione della spesa. Su questo in un certo senso l’analisi è concorde perché anche il ministero dell’Economia riconosce che le minori spese non sono ancora «pianificate nel dettaglio». Il punto però, come fa rilevare la commissione, è in che misura questi interventi possano avere effetto sull’anno in corso, al di là di quanto già scontato nelle stime ufficiali, visto che tra l’altro la spending review deve servire almeno in parte a finanziare la riduzione dell’Irpef per i lavoratori dipendenti. Sempre nel documento di lavoro dei tecnici europei si ricorda che il piano di spending review ha suscitato «forti aspettative» ma allo stesso tempo «dovrà dimostrare la fattibilità di ottenere risultati rapidi nel breve periodo e di inserirli in riforme efficaci nel tempo».
L’INCERTEZZA SUL 2015
Un margine di incertezza è presente anche nei numeri relativi al 2015. La commissione prende atto che le previsioni italiane non specificano né come saranno ottenuti i 3 miliardi di prevista riduzione della spesa (in assenza dei quali scatterebbero aumenti di entrata) né come sarà realizzata l’ulteriore correzione pari allo 0,3 per cento del Pil (4-5 miliardi) richiesta per centrare gli obiettivi dichiarati.
La volontà di Palazzo Chigi e del ministero dell’Economia di escludere manovre correttive è legata ad una serie di fattori, alcuni dei quali tuttavia non sono sotto il controllo del governo. Molto dipenderà dall’effettivo ritmo della crescita dopo lo scivolone di inizio anno; Bruxelles però non è particolarmente ottimista sull’effetto immediato che il bonus da 80 euro al mese potrà avere sui consumi. Inoltre anche la capacità di portare avanti ed accelerare le riforme strutturali se dimostrata, potrà aumentare la credibilità del nostro Paese, che poi da luglio assumerà la presidenza di turno dell’Unione. Insomma con tutta probabilità il giudizio definitivo arriverà soltanto in autunno, quando dovrà essere impostata la legge di stabilità.