Risolvere il problema dei pendolari in Italia è un po’ come mettere mano alla burocrazia nella pubblica amministrazione, o ficcare il naso nel malaffare delle tangenti. Il problema atavico che traghetta il Paese da una Repubblica all’altra
Quello del Tpl è un “tarlo” che il Ministro Maurizio Lupi ha da tempo. Sul Tpl ha preparato un disegno di legge che presenterà al Consiglio dei Ministri a giugno, dopo il periodo caldo elettorale. “Perché quello dei trasporti – ci dice – non è un tema da propaganda o da sbandierare. E’ una riforma che va progettata e pianificata per i prossimi cinque anni”.
Cominciamo dai soldi?
Quelli ci sono.
Le Regioni sostengono diversamente.
Vede, prima ancora di parlare dello stanziamento dei soldi, occorre analizzare se quelli che ci sono, sono spesi bene.
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E…?
Siamo organizzati male: abbiamo 1.100 aziende del trasporto pubblico locale su 8mila comuni. E il 75% di esse perde un miliardo di euro.
Quindi nel suo disegno prevede un accorpamento delle aziende?
Razionalizzazione e, in molti casi, certo, accorpamento. Il concetto è integrare le due modalità di trasporto: non è detto che io debba per forza prendere il treno. Se portare la linea ferroviaria in un paesello mi costa centinaia di migliaia di euro, propendo per la gomma.
Una ripianificazione dei servizi in base alla domanda.
E’ fondamentale ragionare non in termini di aree amministrative ma in funzione di un bacino di utenza.
Chi definirà i bacini?
L’Autorità dei trasporti è l’altro pilastro che lavorerà alla riforma.
Il suo progetto di riforma era stato annunciato già a gennaio, dopo una serie di incontri con le Regioni, i sindacati e e le aziende. Ci sta dicendo che il disegno di legge tiene in considerazione le istanze di tutti?
E’ figlio di quella cabina di regia e dei suggerimenti presentati da Ferrovie dello Stato. Incluso quello sull’orario di apertura delle città.
Cioè sta pensando di far diluire l’ingresso nei nodi urbani pendolari?
Certo. Non saremmo i primi a farlo e so che la regione Lazio e il comune di Roma stanno ragionando sulle modalità operative. Non mi riferisco ovviamente alle attività dei privati, ma agli uffici pubblici. Bisognerà riprogrammare gli orari di apertura.
Molti contratti di servizio delle Regioni sono in scadenza. Cosa accadrà dalla seconda metà dell’anno?
Uno dei punti della riforma è la liberalizzazione.
L’ex ad di Fs Mauro Moretti ha più volte sostenuto che nessuna azienda privata vorrebbe partecipare alla gare. Fare trasporto pubblico in Italia non conviene.
Non è del tutto vero. Intanto dovremo ridefinire i costi standard per chilometro in base all’efficienza del servizio. Poi non è detto che debbano andare a gara intere linee ma anche tratte più piccole.
L’ultimo punto su cui verte la proposta è la lotta all’evasione, con l’incentivo agli abbonamenti. E il tutto deve essere informatizzato: saranno premiate le aziende che ce la faranno.
Incentivi e sgravi: chi paga?
Il Fondo per i trasporti pubblici è di 5 miliardi, non pochi. L’abbonamento dovrà essere scaricabile dal 730. Fs ha investito i suoi ricavi per 3 miliardi per il parco rotabile e con la legge di stabilità sono stati stanziati 600 milioni di euro per rinnovare i mezzi. I soldi ci sono. Serve far funzionare il tutto.
E i tempi? Quando i cittadini potranno cominciare a vedere i primi risultati?
La proposta di legge sarà presentata a giugno, dopo quella degli aeroporti e dei porti. Le sperimentazioni sugli orari avverranno relativamente a breve termine nelle grandi città.
Stiamo monitorando il servizio esistente e da subito dobbiamo vedere i miglioramenti.