PESCARA Uno scarto di oltre 20 punti percentuali, registrati al primo turno del 25 maggio scorso, divide i due candidati a sindaco. Marco Alessandrini, che ha ottenuto il 43 per cento delle preferenze, si sente più vicino alla vittoria. Ma il sindaco uscente Luigi Albore Mascia, che ha riportato il 22,83 per cento dei voti, non si dà per vinto. Spera ancora di poter ribaltare il risultato al ballottaggio di domenica, soprattutto dopo aver portato a casa l’importante apparentamento con il candidato sindaco del Nuovo centrodestra Guerino Testa, che ha con sé un serbatoio di voti pari al 12,03 per cento registrato al primo turno. L’accordo tra Mascia e Testa ha consentito, inoltre, di ricompattare il centrodestra, che si era diviso al primo turno tra i due candidati a sindaco. Questo, tra l’altro, non è l’unico accordo raggiunto dal sindaco uscente. Ha deciso di scendere in campo insieme a Mascia un altro candidato sconfitto, Vincenzo Serraiocco, che non è riuscito a superare l’uno per cento delle preferenze al primo turno. Sull’altro fronte, Alessandrini non ha incassato apparentamenti, ma due candidati a sindaco sconfitti al primo turno si sono schierati con lui. Si tratta di Florio Corneli, consigliere del Pd uscente e di Roberto De Camillis, presidente del consiglio comunale anche lui uscente. Il primo ha registrato l’1,06 per cento di voti al primo turno; il secondo l’1,99 per cento.
Luigi Albore Mascia: «I pescaresi votino me, cambierò la città»
PESCARA «Devo inaugurare il Ponte nuovo e devo portare a compimento la manutenzione delle strade». Sono questi i due motivi principali per i quali Luigi Albore Mascia, il sindaco uscente del centrodestra, ricandidato, chiede agli elettori di rivotarlo per altri cinque anni dopodomani, quando sfiderà al ballottaggio il candidato del centrosinistra Marco Alessandrini. Dunque al sindaco, che ci riceve rilassato, pur tra la frenesia della campagna elettorale che si concluderà stasera a piazza Salotto, nel suo ufficio al Comune, serve un altro lustro. Insomma, «sarebbe meglio rimanere altri cinque anni, per completare un ciclo». D’accordo, ma nel caso non fosse rieletto? «È un’eventualità che non prendo in considerazione. Ma nel caso sarò impegnato come consigliere e avvierò un momento di riflessione professionale, ricominciando con la mia attività di avvocato». Nel frattempo alle spalle si lascia un quinquennio. «Sono stati cinque anni appassionanti, intensi e straordinari. Dalla vecchia amministrazione non abbiamo ereditato nulla, se non il Ponte del mare. E se questo è uno svantaggio, da un altro lato non lo è, poiché puoi agire senza condizionamenti. E la nostra soddisfazione è stata tanta: penso ai Giochi del Mediterraneo del 2009, al Festival dannunziano, alla vittoria su Marsiglia per i Giochi del Mediterraneo sulla spiaggia del 2015, e al ripristino del collegamento marittimo con la Croazia. E sono stati anche anni di responsabilità». Cioè? «Penso alla nevicata del 2012 e poi all’alluvione dell’anno dopo, con il dolore per l’annegamento della signora Mancini, per l’omicidio Rigante e per la morte del calciatore Morosini. Una grande sofferenza poi c’è stata anche per il mancato dragaggio del fiume. Governare è come la vita, una montagna russa. E se mi guardo allo specchio, e mi confronto con cinque anni fa, mi trovo fisicamente invecchiato». C’è qualcosa che avrebbe voluto realizzare, ma che non è riuscito a mettere in atto? «Sì, avrei voluto riqualificare piazza Salotto con dei giochi d’acqua e con più verde. E poi avrei voluto il teatro dell’Adriatico. Ma tutti e due i progetti sono stati vanificati in consiglio comunale da pezzi della maggioranza e dall’opposizione, che in questi cinque anni è stata irresponsabile. Ed è questo l’aspetto che meno mi è piaciuto dei cinque anni al Comune. C’è stata un’aggressione nei miei confronti che non si giustifica, nella quale non si è mai distinto il piano politico da quello personale». Di cosa invece è fiero su quanto compiuto dalla sua amministrazione? «Della battaglia combattuta per via Caduti per servizio. C’erano emergenze sociali ed è cambiata con la vigilanza e gli interventi strutturali. Una battaglia che ora posso dire sia quasi vinta». Da più parti l’hanno accusata di aver preso decisioni senza aver concertato con i cittadini. «Non è vero. Non va dimenticato che siamo in regime di democrazia rappresentativa: nel momento in cui io ricevo un mandato, non ho bisogno di fare delle verifiche quotidiane. Ma questo non significa che non bisogna confrontarsi. Solo che la democrazia andrebbe distinta dall’assemblearismo». Intanto domenica Alessandrini le potrebbe subentrare. «Alessandrini è una persona perbene e di cultura. Con in più un cognome che merita rispetto e con una famiglia eccellente che lo supporta. Ma questo non fa di lui una persona con esperienza amministrativa, in grado di guidare una città complessa. E poi il Partito democratico, in questi cinque anni non gli ha dato fiducia». Quindi i cittadini dovrebbero riscegliere ancora lei. «I pescaresi mi devono rivotare perché sono un patrimonio di questa città e perché mi sono distinto sul piano nazionale. I cittadini dovrebbero essere orgogliosi di questo, perché Pescara, a differenza di amministrazioni passate, ha dato di sé un’immagine adamantina». Un sogno realizzato, quello di diventare sindaco, e che potrebbe rinnovarsi. «Infatti. Già da ragazzo ambivo ad un ruolo di responsabilità per la città».
Marco Alessandrini: «Segnali incoraggianti, la vittoria è vicina»
PESCARA «È una corsa frenetica: ho mille appuntamenti, continuo a incontrare gente e non smetto mai di guardare l’orologio». L’intervista a Marco Alessandrini, 43 anni, candidato sindaco del Partito democratico, atteso domenica alla prova del ballottaggio, inizia con un’asserzione tra il serio e il faceto. Per non risparmiargli nessuna domanda, c’è stato bisogno di seguire il suo passo e mettersi in cammino, ieri mattina, lungo via D’Avalos. Tra una stretta di mano ai commercianti, la promessa di interventi pratici e gli inviti ad andare alle urne, lo sfidante che il 25 maggio scorso ha ottenuto la più alta percentuale di voti (43%) si lascia andare ad alcune considerazioni. Alessandrini, come sta affrontando questo scorcio di campagna elettorale? «Sono sereno perché intorno a me c’è un clima incoraggiante, anche se mantengo un profilo basso, perché so che le partite si giocano dal primo all’ultimo minuto. In questi giorni la mia agenda è ricca di impegni cadenzati, cerco di essere presente in ogni punto della città e continuare a ragionare con le varie categorie: commercianti, artigiani, mondo del volontariato e della scuola». Che cosa le chiedono i cittadini? «I pescaresi cercano aiuti per le piccole difficoltà quotidiane, dall’albero abbattuto alla buca o al marciapiede dissestato. C’è il problema del lavoro che si ripropone tra le diverse generazioni e quello delle barriere architettoniche. I disabili, in particolare, non sono solo un numero, ma un’espressione di dolore, poiché gli edifici pubblici non sono accessibili e si continua a parcheggiare davanti agli scivoli. Poi ci sono persone che propongono iniziative e soluzioni, ma la maggior parte desidera solo essere ascoltata. Il segreto sta nel sorriso: sono gratis e funzionano». Cosa dice agli indecisi per convincerli a votare per lei? «Spesso faccio questo sketch: fermo qualcuno per strada e gli chiedo se è di Pescara e se sa chi sono. Ogni volta capita che ci sia gente che non mi conosce o dice di non avermi mai visto. Allora mi presento ed espongo, brevemente, le mie priorità per il rilancio della città, dicendo loro che sarò il sindaco di tutti». Quale sarà il suo primo provvedimento se dovesse diventare sindaco? «Ho a cuore due questioni: l’eliminazione dei tornelli all’ingresso del Comune e un’operazione trasparenza sui conti pubblici. Il primo provvedimento sarà immediato, poiché è necessario recuperare una trama di fiducia tra cittadini e pubblica amministrazione. Sui conti abbiamo calcolato un ammanco di 30 milioni di euro tra il silenzio del sindaco uscente, che non ha risposto a una mia interrogazione urgente. Subito dopo disporrò una mappatura sull’accessibilità degli edifici pubblici». Quali progetti salva dell’amministrazione Mascia? «Non mi dispiace l’idea delle pedonalizzazioni, anche se alcune sono state improvvisate. Bene l’isola pedonale lungo via Battisti e via Firenze, è un errore chiudere al traffico corso Vittorio». Nelle sue liste ci sono tanti giovani e donne. Quanto crede nell’apporto delle nuove energie? «Nella composizione delle liste ho cercato di interpretare il desiderio di rinnovamento della gente. Nel Pd ci sono volti nuovi e freschi, ma di esperienza e competenza, poiché essere giovani non basta. Ho creduto anche nella doppia preferenza di genere e sono convinto che la sensibilità e la preparazione delle donne sarà fondamentale». Pensa di prendersi una vacanza dopo il ballottaggio? «Vacanza è una parola che non conosco. Temo e mi auguro che ci saranno pochi giorni di riposo nei prossimi cinque anni. Guidare una comunità è un onore e un onere, ma sono contento così». Tra le sue passioni c’è anche la cucina. Se eletto metterà da parte i suoi interessi per dedicarsi a tempo pieno alla politica? «Sul comodino ho l’autobiografia di Claudio Martelli che si intitola “Ricordati di vivere”. E’ una frase che sento mia, poiché credo che non bisogna mai perdere la propria umanità e coltivare le proprie passioni».