Mancano poche ore al duello finale tra i due contendenti allo scranno per eccellenza di piazza Orsini e l’atmosfera si fa sempre più incandescente. S’impegnano tutti i mezzi possibili per dirottare i voti degli ultimi indecisi e si fa ricorso sia alle rispettive corazzate in campo, ad esempio al governatore uscente Gianni Chiodi, in giro tra i negozi a convincere gli ultimi dubbiosi assieme a Paolo Gatti, oppure nell’altro schieramento al subentrante Luciano D’Alfonso che, a detta del sindaco Brucchi, ha chiesto il voto perfino a sua zia che è residente a Villa Ripa: scontata la risposta. «Mi hanno riferito che abbia chiesto il voto porta a porta» commenta il senologo.
Questa sera, invece, spazio ai comizi di chiusura: la Di Pasquale aprirà le danze alle ore 19 in piazza Martiri; dalle 22 alle 23 sarà la volta di Brucchi. Resta all’orizzonte lo spettro dell’anatra zoppa, cioè di una Manola vincente che si ritrova con una ventina di consiglieri avversi e con solo 11 «amici», un vulnus che Marcello Olivieri continua a ribadire, questa volta corredata da un’indiscrezione, cioè da un accordo siglato il 2 giugno tra il Pd e gli altri candidati sindaci attraverso il quale Gianluca Pomante figurerebbe assessore alla Cultura, Graziella Cordone alle Politiche sociali, Valdo Di Bonaventura amministratore Ater.
Comunque ancora non si smorza l’eco della polemica sulle telefonate fatte degli addetti di un call center che, nel ricordare agli utenti teramani di andare al voto per il ballottaggio di domenica prossima, formulavano anche una sorta di indebita pressione chiedendo se la malcapitata riconfermasse il voto a Brucchi. «Questo è un atto intimidatorio, è come ammettere chi hai votato» commenta infervorata la Di Pasquale cassando la procedura e aggiungendo che per il momento non farà alcun esposto «ma la vicenda è da penale». Da Facebook instilla il dubbio che le chiamate «per chiedere il voto a Brucchi venissero fatte da un’utenza del Comune». Il sindaco uscente ammette che le tecniche di «abbordaggio» dell’elettore sono diverse, ognuno agisce a modo proprio: «Per esempio il Pd usa gli sms o D’Alfonso che è andato da mia zia a Villa Ripa, come chiamiamo questo comportamento? Lui è il presidente di tutti e non di una fazione». Il sindaco uscente smentisce che le telefonate siano partite dal Comune e che sono state prese misure verso la centralinista che avrebbe sbagliato procedura.
Ieri mattina il sindaco dell’Aquila Cialente e Giovanni Lolli, in odore di assessorato regionale, sono andati a fare una visita alla Di Pasquale nella sua sede elettorale. Nel suo intervento Cialente ha rinsaldato il gemellaggio tra le due città chiedendo «di mettere da parte (il discorso è allargato a tutte le province abruzzesi) rivalità e campanilismi sterili e perseguendo l’insegnamento della Uil che ha accorpato le due sedi». Lolli riporta alla luce un modello Teramo ormai naufragato: aDi fatto siamo stati 5 anni isolati, ci siamo rinchiusi, abbiamo fatto ridere».