Il filo rosso dei grandi appalti unisce la ricostruzione all’inchiesta veneta
L’AQUILA Mose-Expo 2015-L’Aquila. Una sorta di triangolo delle Bermude che ha inghiottito, finora, un sacco di soldi. E che fa dire al filosofo Massimo Cacciari, nel commentare l’inchiesta della Procura di Venezia su appalti e mazzette, con 35 arrestati e 100 indagati, che «non si possono fare le opere pubbliche così. Perché oggi è il Mose, ieri L’Aquila e l’Expo, domani chissà. Lavorare costantemente con l’emergenza, o dire che le grandi opere vanno date in mano al Napoleone di turno, è una logica criminogena». Insomma, se le procedure sono sbagliate le tangenti sono «inevitabili». Il fango della faccenda Mose potrebbe far arrivare i suoi schizzi fino all’Aquila. RISVOLTI AQUILANI. I nomi di alcuni degli arrestati in Veneto non sono poi così sconosciuti in città. Inevitabile che sia così, visto che le grandi imprese vanno lì dove c’è da lavorare. E L’Aquila è uno di quei posti dove c’è tanto da fare. E dove in tanti hanno preso, stanno prendendo ancora e prenderanno. Ad esempio, la Coveco di Marghera dell’imprenditore edile Franco Morbiolo ha ottenuto l’appalto da 11 milioni di euro assegnato dalla commissione di gara per la realizzazione del nuovo palazzo dell’amministrazione provinciale in via Sant’Agostino. Un’assegnazione contestata, quella del progetto di demolizione e ricostruzione dell’immobile, visto che è stata oggetto di un ricorso al Tribunale amministrativo regionale da parte di una delle ditte escluse. Con gli inevitabili ritardi nei lavori. Ritardi che, alla luce degli ultimi eventi, sono destinati a protrarsi ulteriormente. Un altro nome conosciuto è quello della Serenissima holding, cassaforte nella quale conferiscono numerose importanti aziende italiane tra le quali la Mantovani, impegnata sia sulla piastra di Expo 2015 sia sul Mose di Venezia, e la Fip, che opera nell’ambito dell’antisismica e dell’ingegneria strutturale. Di questa holding si è parlato di recente in città in quanto una delle società del gruppo ha presentato al tribunale di Padova un’offerta per rilevare un ramo dell’azienda padovana Consta, già in procedura di preconcordato determinato, secondo l’azienda, da «impreviste congiunture sui cantieri esteri». Ebbene, l’azienda stessa diffuse una nota rassicurante per tutti coloro che erano in attesa della conclusione dei lavori affidati alla vecchia ditta in difficoltà per rientrare a casa. Ora la nuova bufera potrebbe travolgere vecchie e nuove sigle. EXPO. Non c’è solo l’effetto-Mose sull’Aquila. Un nome noto in città è anche quello della Maltauro costruzioni, azienda vicentina che ha lavorato nella realizzazione degli insediamenti abitativi del Progetto Case ma anche in altri appalti sia di carattere pubblico sia in lavori affidati da privati. In seguito a un’indagine della Procura di Milano è finito agli arresti l’imprenditore Enrico Maltauro accusato di aver pagato 600mila euro di tangenti Una recente inchiesta del settimanale L’Espresso ha evidenziato la segnalazione della prefettura dell’Aquila che citava la partecipazione a varie gare di appalto «con una società indagata in quanto infiltrata da esponenti della criminalità mafiosa». Insomma, un quadro poco confortante che potrebbe portare a esiti imprevedibili qualora ci fossero ulteriori sviluppi cittadini delle principali indagini aperte altrove a carico di alcune di queste imprese.