ROMA Oltre 2mila dipendenti Alitalia a casa. È questo il sacrificio che oggi Alitalia chiederà ai sindacati. Un sacrificio doloroso, ma necessario, perché possano restare gli altri 11mila lavoratori della compagnia. A fare chiarezza sul destino dell’Alitalia targata Etihad è l’amministratore delegato del gruppo Gabriele Del Torchio, che indica la strada necessaria di una «ristrutturazione dolorosa» e si dice fiducioso sull’accordo con la compagnia emiratina, che investirà 560 milioni: per chiudere ci vuole ormai «solo qualche settimana. Non stiamo vendendo la compagnia ai potenziali partner di Abu Dhabi», ha messo in chiaro Del Torchio, assicurando che la maggioranza dell’azionariato resterà in mani europee. «Ci alleiamo con loro per mettere a fattor comune le sinergie: l’accordo ci permetterà di affrontare con maggior serenità il futuro», ha aggiunto il manager varesino, spiegando che, indipendentemente da Etihad, la situazione attuale del settore impone per Alitalia e le altre compagnie importanti sacrifici: «C’è l’assoluta necessità di passare attraverso un complesso, doloroso e faticoso processo di ristrutturazione. Non ci sono tante altre vie d’uscita». E sacrifici pesanti verranno chiesti ai dipendenti. Gli esuberi saranno 2.200 e saranno “strutturali”, senza cassa integrazione a rotazione o solidarietà, ma vere uscite. «Queste persone purtroppo devono uscire - dice Del Torchio - si dovranno trovare però meccanismi e forme di tutela sociale». Da capire la risposta del sindacato: il giorno della verità è l’incontro di oggi. Ma i primi commenti sono critici. La Filt-Cgil: «Mentre sono ancora in corso le trattative con le banche, Del Torchio dà per inevitabili oltre 2mila licenziamenti. Un metodo scorretto». L’altro fronte è quello del debito. Ma «con le banche siamo molto avanti», assicura Del Torchio. La soluzione su cui si starebbe convergendo sarebbe quella di cancellare un terzo dei 560 milioni di debito che Etihad vuole rinegoziare e di convertire in azioni i restanti due terzi. E intanto Intesa San Paolo, primo azionista (20,59%) di Alitalia e maggior creditore (280 milioni) precisa: «Alitalia è un grande progetto industriale che, se come previsto, tornerà a generare utili nel 2017, sarà un’opportunità per tutti gli azionisti attuali e futuri: a partire da un arco temporale in cui genererà utili, c’è la possibilità per noi di uscire dall’azionariato», afferma l’amministratore delegato Messina, spiegando che il disimpegno sarà quindi «non prima del 2017».