ROMA «I ballottaggi segnano la fine delle posizioni di rendita elettorale, è finito il tempo in cui qualcuno sa che in quel posto si vince di sicuro». Non appena atterrato ad Hanoi, in Vietnam, per la prima tappa del viaggio che lo porterà in Cina e in Kazakistan, Matteo Renzi analizza con i suoi più stretti collaboratori il risultato dei ballottaggi e definisce il quadro complessivo «straordinario» e spiega perché: «Quando si mettono le persone giuste si vince». Il bilancio di un voto che consegna al Pd 164 comuni su 235 è certamente positivo. Per quanto riguarda la partita dei capoluoghi di Regione e di provincia, al centrosinistra vanno 19 Comuni, 9 dei quali strappati al centrodestra: Prato, Pescara, Pavia, Cremona, Bergamo, Verbania, Biella e Caltanissetta, l’unico capoluogo siciliano andato al ballottaggio che si è aggiunto ieri con lo scrutinio dei seggi nell’isola. Sempre in Sicilia il Pd vince a Monreale e Termini Imerese. Forza Italia, che perde moltissimi comuni, si dovrà accontentare di guidare 7 città ma è comunque riuscito a toglierne 4 al centrosinistra: Padova (dove ha vinto il leghista Bitonci), Potenza, Perugia e Foggia. Il Movimento 5 Stelle ha espugnato la città di Livorno, ma conquista anche Civitavecchia e Bagheria, in Sicilia. «I nostri sindaci 5 Stelle. Sempre di più. Virus inarrestabile» esulta Grillo, che già immagina la rimonta: «Sarà vero che vinceremo noi? Non so, ma io sono contento adesso...». Quel che è certo è che le sorprese dei ballottaggi piacciono a Matteo Renzi, che commenta il voto di domenica scorsa come la fine delle roccaforti elettorali, delle rendite di posizione che garantiscono la vittoria in alcune aree del paese a prescindere dai candidati. Certo, il Pd ha perso a Livorno, Perugia, Padova e Potenza e Renzi non fa finta di niente. Ma poi ragiona sui numeri e fa notare che dei 12 ballottaggi con il M5S solo in una città Grillo ha vinto: «Finisce 20 a 1, altro che frenata...» sibila il premier, che mette la «firma» su un risultato che consegna al Pd «il Piemonte, Ventimiglia, Pavia Bergamo, Cremona, Prato». La perdita di Livorno, storica roccaforte della sinistra, è una ferita che sarà difficilmente rimarginabile e che, inevitabilmente, apre uno scontro tra “vecchi e nuovi”. «Dove il partito ha avuto il coraggio di cambiare, spesso ha vinto» affonda il senatore renziano, Andrea Marcucci. «È chiaro che dove c’è il cambiamento, il Pd vince» aggiunge Alessandra Moretti. Commenti e analisi che non piacciono affatto a Gianni Cuperlo. «Ma davvero c’è chi pensa che dopo i ballottaggi si possa dire che si vince dove il corso renziano si è fatto strada e si perde altrove?» si chiede l’esponente della minoranza Pd, che nelle primarie ottenne a Livorno una vittoria schiacciante su Renzi e adesso spiega che si vince e si perde insieme: «Per me un partito è anche e forse soprattutto una comunità». Ma a leccarsi le ferite è soprattutto il centrodestra, che si interroga sulla disfatta subìta alle europee e poi alle amministrative e non sa più come andare avanti. Tutti, in Forza Italia, definiscono «necessaria» la «ricostruzione» del centrodestra. E la sconfitta a Pavia di Alessandro Cattaneo, votato come “il sindaco più amato d’Italia” segna la definitiva sconfitta del berlusconismo. E, nell’attesa che venga individuato un successore del Cavaliere, si fa avantio come possibile leader del centrodestra il leghista Matteo Salvini.