PESCARA E pensare che Pescara e L’Aquila si erano sempre guardate in cagnesco. E che proprio per oliare la ruggine tra le due città era nata nel 1970 questa specie di Regione ircocervo, unica in Italia, con uffici e assessorati sparsi tra il capoluogo di Regione e quello adriatico, e con la curiosa prassi di portare i consiglieri a svernare da gennaio a marzo sull’Adriatico, come vecchi pensionati alle terme, ospitati per le sedute dal Consiglio comunale di Pescara. Ora, con Luciano D’Alfonso presidente di Regione, cioè con il più “adriatico” e “pescarese” dei politici, la musica sembra cambiata. Non c’è giorno che D’Alfonso non pensi all’Aquila. Non c’è atto che D’Alfonso non condivida con L’Aquila. Ieri era anche alla processione del patrono, San Massimo. Il neo governatore è di casa nel municipio aquilano. Il sindaco Massimo Cialente lo accolse lì subito dopo la sentenza di assoluzione dal processo Ecosfera, arrivata ai primi di febbraio a ridosso delle primarie di coalizione che D’Alfonso avrebbe stravinto con il suo due assi “Luciamion”. Con lui c’era anche l’ex deputato e sottosegretario del Pd Giovanni Lolli, che oggi è pronto ad assumere un ruolo centrale nella giunta del governatore. Cialente e Lolli hanno seguito spesso D’Alfonso in campagna elettorale. Lo hanno poi festeggiato in piazza Salotto, a Pescara, dopo l’elezione. E Lolli in queste ore affianca D’Alfonso nelle audizioni dei consiglieri regionali per la selezione della squadra di governo. A Lolli il governatore vorrebbe affidare anche il reclutamento dei manager da mettere alla guida delle società e delle agenzie regionali che saranno salvate dal commissariamento. Nel frattempo all’Aquila sono approdati due pescaresi doc come l’ex procuratore Nicola Trifuoggi, ora vicesindaco di Cialente, e il nuovo capo della polizia municipale Ernesto Grippo che si fece le ossa a Pescara con D’Alfonso sindaco. È questo l’asse Pescara-L’Aquila che inquieta il sindaco di Teramo rieletto Maurizio Brucchi (Forza Italia). Ieri sulle colonne del nostro giornale Brucchi dichiarava secco e irritato: «Tu governatore non puoi dire “se vince Brucchi perde Teramo”. Aspetto ancora il telegramma di risposta di D'Alfonso ai miei complimenti dopo la sua elezione. Spero che torni ad essere il governatore di tutti gli abruzzesi, perché fino a venerdì non lo è stato, e dia a Teramo quello che le spetta. Altrimenti sono pronto a mettermi la fascia e a protestare sotto l’Emiciclo». Brucchi non aveva gradito la presenza ingombrante di D’Alfonso a Teramo durante la campagna elettorale per il ballottaggio, ma soprattutto non aveva digerito quella del sindaco Cialente («Che c’entra lui con Teramo?»). Eppure alla vigilia della campagna elettorale le cose non era messe così. Dall’Aquila era, per esempio, arrivato subito un altolà da un vecchio politico democristiano, Romeo Ricciuti, ma ancora influente e con un figlio in politica, Luca, consigliere regionale uscente di Forza Italia. Il vecchio Romeo aveva avvertito gli aquilani: «A me risulta che D'Alfonso porti avanti lo sviluppo della “linea Adriatica” e verrà qui a prendere voti anche contro di noi». E dall’Aquila erano arrivate anche le resistenze più forti alla sua candidatura. Stefania Pezzopane, senatrice aquilana del Pd, ex presidente della provincia e assessore al Comune, non aveva nascosto l’ambizione di correre le primarie al posto dell’ex sindaco di Pescara, la cui vicenda giudiziaria non convinceva i vertici del Nazareno. Pezzopane era stata anche “testata” da alcuni sondaggi (lusinghieri per lei) ma poi aveva prevalso la linea della segreteria regionale e soprattutto l’avvolgente corteggiamento di D’Alfonso nei confronti di Lolli, promosso subito vicepresidente e assessore esterno, ancora prima che si aprissero i seggi. Da un altro capoluogo di provincia, Chieti, il sindaco Umberto Di Primio osserva le manovre dalfonsiane con un misto di curiosità e sospetto: «Un asse Pescara-L’Aquila? Non riesco a immaginare che D’Alfonso, dopo tutto quello che ha passato, possa pensare da presidente di spaccare la Regione e creare un qualunque asse, sia esso di carattere geografico o politico. Sarebbe un errore grandissismo e denoterebbe, non tanto una mancanza di stile, quanto di visione politica». «Comunque», riprende Di Primio, pensando alle elezioni comunali del prossimo anno e alle traversie del collega Brucchi in campagna elettorale, «non permetterò nè a D’Alfonso nè ai suoi accoliti locali, l’invasione di Chieti. E non permetterò che la città diventi merce di scambio elettorale. Siamo una forza responsabile, lo sia anche il presidente D’Alfonso».