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Data: 15/06/2014
Testata giornalistica: Il Messaggero
Il giudice reintegra autista Arpa licenziato

Il 16 ottobre 2012 era finito ai domiciliari perché nel giardino di casa i carabinieri gli avevano trovano alcune piantine di marijuana. La notizia, apparsa sui giornali, non era piaciuta all'Arpa per la quale l'uomo, autista di linea, lavorava da oltre 10 anni. Eppure il gip gli aveva concesso, in attesa dell'udienza, l'autorizzazione per potersi a recarsi al lavoro. Ma tre giorni dopo, il 19 ottobre, ecco arrivare dalla società la comunicazione del provvedimento di sospensione preventiva per la durata di 60 giorni con la motivazione che tale circostanza «configura un'azione disonorevole ed immorale».
Ottenuta la definizione del procedimento penale con il patteggiato della pena (con sospensione e non menzione), il 13 dicembre l'autista si presenta nella direzione dell'Arpa che lo aveva convocato, a Chieti, per alcuni chiarimenti sulla vicenda. Nonostante ciò il 18 gennaio 2013 è stato licenziato, come eccepito dall'Arpa in riferimento anche alla «delicatezza delle mansioni affidate» e «l'imminente lesività dell'immagine imprenditoriale della società ed il danno in concreto ad essa cagionato dal lavoratore». Eppure oggi l'autista potrà tornare a svolgere la sua mansione, così come ha deciso il giudice Giuseppe Marcheggiani (a difendere il lavoratore che ha impugnato il provvedimento l'avvocato Fabrizio Silvani).ù
Nella sentenza si parla di un «licenziamento disciplinare» per il quale, quindi, non sono state applicate le garanzie procedimentali previste dalla legge. «La valutazione in ordine alla legittimità del licenziamento disciplinare- si legge- deve essere in ogni caso effettuata attraverso un accertamento in concreto dal parte del giudice del merito della reale entità e gravità del comportamento addebitato al dipendente nonché del rapporto di proporzionalità tra sanzione e infrazione...». «Non è priva di rilievo la circostanza che il gip, su conforme richiesta del Pm, aveva autorizzato il ricorrente ad assentarsi dal luogo degli arresti domiciliari per lavorare».

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