ROMA Come si dice? Se Maometto non va alla montagna... Un vecchi proverbio che ha funzionato anche stavolta: ieri a sorpresa Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, con un post sul sito del movimento, hanno chiesto al premier Matteo Renzi di poter partecipare alla discussione sulla nuova legge elettorale. Non solo i due leader del Movimento CinqueStelle hanno riconosciuto che Renzi «è stato legittimato da un voto popolare e dunque molto è cambiato».
E Renzi non si è tirato indietro aprendo ad un incontro che sarà fissato nei prossimi giorni a patto però «che non ci siano giochinin strani - ha detto ieri Renzi - questa volta lo streaming lo vogliamo noi. Ma sulle riforme siamo pronti a discutere con tutti». Il presidente del Consiglio, infatti, mette sullo stesso piano il M5S e la Lega Nord con la quale è già in corso un confronto relativamente al titolo V (quello dei poteri delle Regioni) per la riforma della Costituzione.
Renzi, soprattutto, intende rassicurare alleati di governo e Forza Italia: «Io credo - ha detto - che l'accordo che abbiamo siglato (al Nazzareno con Berlusconi, ndr) regga. Se la Lega e Grillo vogliono sedersi intorno ad un tavolo sono i benvenuti».
IL SEGNO
L'apertura grillina ha segnato l'intera giornata politica ma la novità maggiore sembra essere la strategia del M5S: toni più pacati, apertura al confronto. Lo aveva annunciato lo stesso Casaleggio la scorsa settimana quando ha rivoluzionato lo staff comunicazione. Il primo atto concreto, passato inosservato, è stato l'incontro di una delegazione M5S con il ministro Andrea Orlando al ministero della Giustizia per «discutere della legge anticorruzione».
L'obiettivo dei Cinquestelle, evidentemente, è far valere il proprio peso in Parlamento e sostituire Forza Italia come interlocutore del governo. Lo afferma a chiare lettere il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio che, tra l'altro, insieme ai due capigruppo parteciperà all'incontro con Renzi che sarà richiesto formalmente domani. «Il Patto del Nazareno - dice Di Maio - è sempre più debole e noi siamo a un bivio. È Berlusconi l'ago della bilancia? Vogliamo esserlo noi».
Per il Pd si tratta di un regalo su un piatto d’argento, destinato probabilmente a depotenziare anche le recenti polemiche interne. Renzi non a caso ieri ha sottolineato che «fa un pò ridere che fino a tre-quattro settimane fa sembrava che le riforme le volessimo fare soltanto noi, ora le vogliono fare tutti».
I vicesegretari dem Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani hanno rimarcato come sia Matteo Salvini della Lega che tutto il M5S siano dovuti «tornare sui loro passi», dopo la vittoria con il 40,8% del Pd alle Europee. E certamente non dispiacerà neanche al Quirinale vedere crescere e allargarsi il fronte sulle riforme.
IL CLIMA
Tuttavia, il clima nel centrodestra appare teso. Ncd ha puntualizzato che fa parte della partita. «Molto da dire ha anche il Nuovo Centrodestra, sia per quanto riguarda la riforma del Senato sia per la legge elettorale», ha detto Fabrizio Cicchitto. Più critico Renato Balduzzi di Scelta Civica che ha invitato a «non sacrificare la dinamica interna alla maggioranza attraverso rapporti preferenziali con questa o quella parte della opposizione».
In Forza Italia non manca chi teme la nascita di un asse Pd-M5S ed attende con impazienza il nuovo vertice Berlusconi-Renzi. Per Osvaldo Napoli: «In uno scenario diventato all'improvviso tanto mutevole il rischio è che le riforme finiscano bruciate se entrano nel forno sbagliato».
Matteo vuole la rivincita nell’arena web
questa volta Beppe non potrà aggredirlo
ROMA L’altra volta, nel duello streaming con Renzi, Beppe Grillo fu contundente. Appena il premier provava a parlare, l’ex comico lo aggrediva: «Zitto, racconti solo balle!». Di fatto fu un monologo del Beppe Furioso che sentiva di avere il vento in poppa anche se alla fine Matteo - dopo aver parlato appena 140 secondi - spiazzò un bel colpo: «Grillo, esci da questo blog!». Stavolta, nella rivincita del duello streaming, il leader pentastelluto da contundente sarà invece suadente, come ha dimostrato di saper essere nel suo duetto con Bruno Vespa a Porta a Porta. Il problema di Grillo è proprio quello del necessario cambiamento di approccio alla partita. Perchè adesso, rispetto allo scorso febbraio quando si giocò il match di andato on line, lui e il suo movimento sono di gran lunga più deboli. Tra le elezioni politiche del 2013 e le elezioni europee di questo 25 maggio hanno perso tre milioni di voti. Quindi Grillo dovrà presentarsi in scena, di fronte al trionfatore Matteo che magari gli farà trovare nella sala dello streaming un cartello con su scritta la cifra 40,8 per cento (ossia la misura del proprio apogeo), con i riccioli meno spinosi, le orecchie più basse e i toni della voce non squillanti come a suo tempo. Se l’altra volta Renzi era appena diventato premier incaricato senza essere passato dalle urne, in questo caso il voto (sia pure europeo) c’è stato e l’ha premiato. E lo stesso Grillo si accinge al duello dovendo ammettere la forza dell’avversario: «E’ un leader legittimato dal popolo».
IL PRE-PARTITA
La diretta on-line ora la vuole Renzi («Nulla deve restare segreto»), mentre quattro mesi fa la volle Grillo che ultimamente non è tanto sicuro di sè. Beppe in quella occasione si sentì come Gian Maria Volontè in «Per un pugno di dollari», il quale rivolto a Clint Eastwood dice: «Quando un uomo con il fucile incontra un uomo con la pistola, l’uomo con la pistole è un uomo morto». Ma adesso, il fucile ce l’ha Matteo e non Grillo. Al quale il premier potrebbe tranquillamente ripetere le stesse parole che ha pronunciato l’altroieri dall’assemblea del Pd: «Caro Beppe, vedo che in Parlamento vi divertite, ma siete in crisi con i vostri elettori». I quali, nel nuovo match, potrebbero perfino tifare più per Renzi che per il loro idolo, perchè ormai stanchi di vedere i diarchi pentastelluti - Beppe & Casaleggio - che finora hanno solo saputo dire di «no» e in questi frangenti hanno però scoperto il «nì». Tutti ricordano di quando Enrico Letta, nello streaming con i grillini, disse loro: «Scongelatevi!». A questo punto, in questa svolta del dialogo, potrebbe essere invece Grillo a dire a Renzi: «Scongelateci!».
Beppe il fuciliere dell’altra volta, che trasformò quell’occasione di dialogo in uno spaghetti western, adesso deve stare attento a non mostrare tutta la debolezza che ha e a non trasformare il web-evento in una supplica e in una preghiera di collaborazione. Un inizio di dialogo - che è anche alla base della svolta annunciata ieri da Grillo & Casaleggio - i pentastelluti in realtà lo hanno fatto partire da qualche tempo. Nel tentativo di uscire dal nullismo che li riguarda e che li fa soffrire, giovedì scorso - solo per fare un esempio - una delegazione di deputati e senatori 5 Stelle è andata in pellegrinaggio nello studio del ministro Andrea Orlando, al dicastero della Giustizia in via Arenula, per chiedere di inserire nel pacchetto anti-corruzione in esame un inasprimento delle pene in materia. Segno che l’aria sta cambiando nel pianeta grillino e che altre forme di scongelamento si avranno e si stanno avendo anche sulla legge elettorale e sulle riforme istituzionali. E allora, Renzi da «Ebetino di Firenze», come lo ha sempre chiamato Grillo, diventa padre (o fratello) costituente. Matteo da «bugiardo», «bluff» e «prestanome dei poteri forti e dei poteri rotti» si trasforma in un leader che ha vinto ora mentre i grillini sono quelli che dicono di se stessi #vinciamopoi. Al punto che Renzi li ridicolizza così e, se Beppe lo farà arrabbiare troppo nel video-match, gli ripeterà in faccia queste parole: «Avete vinto in tre città. Se andate avanti di questo passo, tra 105 anni vincerete anche in tutte le altre».
Il premier: mai il proporzionale grazie a loro convinco Berlusconi
ROMA «Bene, Grillo viene a Canossa. E’ il segno che è in grossa difficoltà. Ora andiamo a vedere...». Matteo Renzi non trattiene un sorriso e moto di «pura soddisfazione» quando, nella sua casa di Pontassieve, apprende dell’invito di Beppe Grillo e di Gianroberto Casaleggio a discutere della riforma elettorale, riconoscendogli per di più una «legittimazione popolare». Per il premier e segretario del Pd, l’inedita disponibilità dei Cinquestelle è la prova della «centralità» assunta dalla sua leadership e dal Partito democratico. «Abbiamo vinto le elezioni alla grande, governiamo e governeremo per altri 4 anni e soprattutto abbiamo dimostrato una determinazione granitica a fare le riforme. Ebbene ora tutti, Lega compresa, cominciano ad aprire gli occhi. Ma di certo non azzeriamo l’Italicum e tutto ciò che abbiamo fatto finora».
TRATTATIVA IMPOSSIBILE
Renzi non vede un accordo con i Cinquestelle sulla legge elettorale tra le cose possibili. «Io sono disponibile e incontrarli come incontro tutti, e voglio incontrarli in streaming, alla luce del sole, così poi evitiamo resoconti distorti, giochini sgradevoli e frottole su presunti patti segreti», ha confidato ai suoi. «Ma posso dire fin d’ora che se ci vengono a dire che la loro proposta non è modificabile, non se ne farà nulla».
Non se ne farà nulla, perché la bozza di riforma confezionata da Grillo e Casaleggio, per il premier «è inaccettabile». «Quello è proporzionale puro, un proporzionale che riporterebbe le lancette del Paese indietro di 25 anni, al pentapartito di democristiana memoria», ragiona Renzi, «ed è davvero curioso che i Cinquestelle preferiscano, al cittadino arbitro che vota e decide chi governa, i pasticci da Prima Repubblica, quando dopo le elezioni erano gli intrighi di palazzo a far nascere esecutivi della durata di pochi mesi». Invece, come detta in un comunicato il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini, «per noi la legge elettorale deve garantire governabilità, potere dei cittadini di scegliere da chi essere governati, certezza di chi vince e chi perde fin dalla sera delle elezioni».
Insomma, sul merito la distanza è abissale. L’ipotesi di un intesa lunare. Ma la mano tesa di Grillo e Casaleggio, oltre a certificare la centralità del Pd, per Renzi rappresenta un’occasione ghiotta. Non per stracciare il “patto del Nazareno” sull’Italicum con Silvio Berlusconi («non rinnego nulla, le riforme devono essere condivise»), ma per spingere il leader di Forza Italia «a decidersi una volta per tutte». «Non scaricheremo l’ex Cavaliere», dice uno dei più stretti collaboratori del premier, «ma avere davanti due forni, un secondo fronte di trattativa, è molto utile. Potremo dire a Berlusconi: “Ragazzo, basta giochetti e rinvii, basta cincischiare, adesso si vota l’Italicum”. In ogni caso, dopo la sostituzione di Mineo, Chiti e Mauro in Commissione, abbiamo in Senato numeri per andare avanti anche da soli...».
Chiara la minaccia. C’è però da vedere per se, e per quanto tempo, il “forno” dei Cinquestelle resterà aperto. Renzi e i suoi, subito dopo l’apertura di Grillo, sono corsi ad analizzarne le ragioni. Arrivando alla conclusione che l’ex comico è «in grave difficoltà, con le spalle al muro» e «prova e entrare in gioco». «Dopo il brutto risultato elettorale, Grillo litiga con Pizzarotti e non riesce a gestire neppure il sindaco eletto a Livorno», dice un altro stretto collaboratore del segretario democrat, «in più questa mossa sulle legge elettorale, l’annuncio di voler dialogare con un partito di sinistra come il nostro, gli serve per distogliere l’attenzione dall’ intesa europea con il razzista Nigel Farage. Senza contare che in Parlamento c’è sempre qualche nostalgico del proporzionale. Chissà, probabilmente intende mestare nel torbido... In quell’uomo la buona fede è scarsa».
FORTE DIFFIDENZA
La parola d’ordine, in altre parole, è «massima diffidenza». Ma per come si sono messe le cose, «vista la nuova forza del Pd», Renzi è pronto ad andare a vedere. Chiudere la porta in faccia a Grillo, senza neppure ascoltarlo, sarebbe controproducente: «Ho sempre detto che sono pronto a dialogare con tutti e non cambio idea». Inoltre il premier si vuole godere l’incontro (in diretta streaming) con il capo dei Cinquestelle: una sorta si sfida all’Ok Corral con l’unico vero avversario rimasto sul campo. Una sfida che solletica il competitivo Renzi, convinto di potersi prendere la rivincita dopo non aver brillato nel faccia a faccia di febbraio.