ROMA Partito o movimento? Passato lo choc del deludente risultato elettorale il Movimento 5 stelle è ora di fronte a una scelta decisiva per il futuro. La linea del «Vinciamo noi» e non dialoghiamo con nessuno, tanto più con “l’ebetino di Firenze”, ultimo appellativo che Grillo ha affibbiato a Matteo Renzi, non porta da nessuna parte. Soprattutto ora che è chiaro che il governo potrebbe portare a casa in un modo o nell’altro la riforma elettorale e quella della Costituzione. Costi quel costi. Ecco perché a sorpresa Grillo e Casaleggio hanno deciso di entrare in partita, accettando e anzi proponendo per la prima volta il dialogo politico con Renzi. La svolta è stata decisa nelle ultime ore ma le premesse sono state poste subito dopo la debacle elettorale, nel vertice convocato alla Casaleggio associati per discutere dei risultati elettorali con i capogruppo di Camera e Senato e con i responsabili della comunicazione. Il fallimento dell’obiettivo del «Vinciamo noi» infatti è stato attribuito anche ai toni decisamente aggressivi usati da Grillo durante la campagna elettorale. Ovviamente Grillo non è stato sconfessato da Casaleggio che piuttosto ha puntato a cambiare i responsabili della comunicazione, quasi fosse stato un Messora qualunque a «spaventare» gli indecisi oltre che a irritare i gruppi parlamentari. Casaleggio però avrebbe invitato tutti a «sorridere di più e ad abbassare i toni». «I toni di noi parlamentari sono più morbidi rispetto a quelli che di solito tiene Beppe: forse avremmo dovuto trovare una via di mezzo», era l’analisi fatta allora da uno dei due capogruppo pentastellati, Manlio Di Stefano. La stagione della rabbia e dei vaffa insomma è servita per lanciare il Movimento ma il secondo partito italiano ha bisogno di altro se vuole conservare il suo elettorato e fidelizzarlo. Soprattutto di fronte a un Pd che con Renzi sta invadendo il terreno di gioco dei pentastellati, facendo proprie alcune battaglie simbolo dei grillini. La strategia insomma è da riscrivere e il nuovo racconto che il M5S propone ha anche bisogno di personaggi nuovi che lo rappresentino. Come Luigi Di Maio, il giovanissimo vicepresidente della Camera. Sarà infatti proprio il ventiseienne parlamentare grillino di Avellino a rappresentare il Movimento all’incontro con il premier per discutere di legge elettorale. Di Maio sarà lì come il principale rappresentante istituzionale del Movimento, minimizzano dal blog Grillo e Casaleggio.
L’apertura pentastellata agita Forza Italia
Spiazzati e molto preoccupati dall’apertura di Grillo, i maggiorenti di Forza Italia provano a “difendere” il posto occupato da Berlusconi al tavolo delle riforme . E per riuscirci, tentano di spaventare il premier. «Renzi incontri pure chi vuole in streaming o meno, ma dedichi la sua attenzione soprattutto ai problemi dell’Italia: le tasse e il lavoro» affonda il consigliere politico del Cavaliere, Giovanni Toti, che è costretto a fare buon viso a cattivo gioco: «Ben venga il dialogo sulle riforme e sul fatto che le regole del gioco siano condivise...». Osvaldo Napoli, invece, è molto meno diplomatico: «L’apertura di Grillo sulla legge elettorale è soltanto l’ultimo forno messo a disposizione del premier. Ma il rischio è che le riforme finiscano bruciate se entrano nel forno sbagliato». Al coro si aggiunge anche Altero Matteoli, che chiede a Renzi di essere «coerente» con gli impegni assunti e cioè con i contenuti del patto siglato con Berlusconi al Nazareno e gli ricorda che Beppe Grillo vuole una legge elettorale proporzionale: «È un modello che non garantisce né un vincitore certo né il bipolarismo. Probabilmente è utile solo a lasciare il paese nel marasma».