PESCARA È arrivato in bici, come ha fatto il suo collega della Capitale, Ignazio Marino, oppure come si usa fare nelle cancellerie europee (vedi i ministri del governo danese di qualche tempo fa). Una due ruote di seconda mano «no logo», ricomprata, senza spenderci troppo, dopo due furti consecutivi di altrettante biciclette. Si è presentato così, ieri mattina, con un cielo grigio che prometteva pioggia, mentre il sindaco uscente, Luigi Albore Mascia (del centrodestra), lo attendeva davanti al suo ufficio, il neosindaco del centrosinistra, Marco Alessandrini, per l’insediamento ufficiale in municipio, dopo la vittoria al ballottaggio dell’8 giugno scorso. Una lunga chiacchierata, come due vecchi amici, tra Mascia e Alessandrini, davanti all’ingresso della sala giunta, qualche sorriso, e poi via dentro, nella stanza dove fino a qualche giorno prima si riuniva il primo cittadino uscente con i suoi assessori. È l’arrivo, infatti, del giudice Angelo Bozza, nella sua veste di presidente della commissione elettorale, a scandire i tempi. E alle 10 e 07, dopo aver dato notizia della convalida dei voti elettorali ricevuti da Alessandrini (29.699), Bozza, con Alessandrini di fronte, e Mascia poco più defilato, dichiara il primo ufficialmente sindaco di Pescara. Tempo un minuto e mezzo e Mascia si sfila la fascia tricolore per «incoronare» il suo successore. Tutto in un batter d’occhio, con la presenza, tra gli altri, dei più stretti collaboratori di Mascia, come l’avvocato Giuliano Grossi, il quale - una volta sedutosi, Alessandrini, per le prime foto di rito, sulla sedia del suo ufficio da sindaco - nel chiedere congedo al nuovo primo cittadino, viene salutato da un religioso «Andate in pace» di Alessandrini, mentre dal fondo si sente Mascia che acclama: «Evviva il sindaco!». Ma i due sindaci hanno ancora qualcosa da dirsi lontani da orecchi indiscreti e vanno insieme a prendere un caffè. «È stato un colloquio personal-politico», lo ha definito Alessandrini, «nel quale Mascia mi ha voluto dare un consiglio, il quale però non riferisco». Niente fronzoli, dunque, ieri nel passaggio di consegne tra vecchio e nuovo sindaco. «M’aspettavo qualcosa con gli effetti speciali», ha poi esordito, celiando, Alessandrini, nel discorso di post-investitura tenuto nella sala consiliare, di fronte ai cittadini, e senza fascia tricolore. «Ma a me piacciono le cose semplici», ha aggiunto, «e in quest’occasione non indosso la fascia proprio perché mi sento tra amici. Credo», ha spiegato, «che ci siano molte aspettative, poiché l’amministrazione che mi ha preceduto non ha inciso in maniera visibile. Tuttavia, però», ha messo le mani avanti, «noi non abbiamo la bacchetta magica». E poi, ancora, via con le consuete citazioni, anche per scrollarsi di dosso le innumerevoli pressioni che sta subendo (a partire dalla formazione della giunta), seguite da un passaggio in dialetto. «Io amo l’ironia, ma dovrò maneggiarla con cura», ha precisato. «E so che Flaiano ricordava che l’italiano è sempre pronto a salire sul carro del vincitore», per poi aggiungere, a conferma, che, «come diceva Chaplin, il successo rende simpatici». Insomma, intorno al sindaco, è già partito lo sparagmòs, la richiesta delle spoglie, che Alessandrini ha tradotto così: «Ora mi chiedono: ”E mo che m’attocca?”», adesso che mi spetta? Ieri, intanto, come primo atto, dopo l’annuncio del presidente della Regione, Luciano D’Alfonso, che venerdì sera, in piazza Salotto, aveva fatto sapere che oggi, «alle 9 di mattina», sarebbe partito l’abbattimento dell’ex Cofa, il mercato ortofrutticolo in disuso (di proprietà della Regione), Alessandrini ha preso carta e penna e ha scritto a D’Alfonso per ribadirgli la necessità della demolizione, riconfermata dal governatore. «Domani (oggi, ndr), ha reso noto il capo della giunta regionale, «darò ordine al capostruttura del patrimonio della Regione di dare inizio all’iter dei lavori». Unico «veleno», ieri, in Comune, dopo i convenevoli destra-sinistra, una notizia fatta filtrare dall’entourage di Alessandrini. Con una delibera del 13 giugno scorso, la 236, fatta approvare dopo una richiesta del sindaco uscente, sono stati assegnati, come premio di rendimento, 7971, 56 euro al direttore generale del Comune, Stefano Ilari. Un atto legittimo, come è previsto dalla normativa, ma da alcuni definito un colpo di coda dell'amministrazione «poco opportuno, visto anche il periodo di crisi che si sta vivendo».