ROMA Un «no» netto e categorico: non accetteremo mai 2.251 licenziamenti. Alzano un autentico muro le organizzazioni sindacali di fronte alla richiesta dei vertici di Alitalia di procedere al taglio massiccio di dipendenti. Il tavolo per adesso non salta, ma evidentemente il confronto si inasprisce rispetto a una trattativa che dovrà essere chiusa entro la metà di luglio, per esplicita affermazione di Etihad e del ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, che si è assunto il ruolo di garante del negoziato. «Siamo Polo Sud e Polo Nord», ha puntualizzato con incisiva similitudine geografica, il segretario nazionale della Filt-Cgil, Mauro Rossi, al termine della riunione di ieri con l’azienda. Oggi la trattativa prosegue con i rappresentanti dei piloti e degli assistenti di volo. In giornata si era nuovamente diffusa la voce della possibile nomina alla presidenza di Alitalia di Luca Cordero di Montezemolo. Ma l’entourage del numero uno della Ferrari ha così puntualizzato: «Il tema ad oggi non è sul tavolo. L’accordo con Etihad non è ancora chiuso e quindi è assurdo porre il problema di un ruolo in questo momento». Insomma, una precisazione tutt’altro che ultimativa: il tema potrebbe perciò ripresentarsi. Anche se in ambienti milanesi si sostiene che il presidente della Ferrari probabilmente preferirebbe un’altra presidenza, sempre a nome di azionisti arabi: quella di Unicredit, di cui è già vicepresidente e al cui capitale partecipa il fondo Aabar.
LE CONDIZIONI
La posizione di chiusura dei sindacati è formale e sostanziale allo stesso tempo: vogliono conoscere le linee del piano industriale prima di parlare di tagli agli organici. Cioè come la nostra ex compagnia di bandiera ed Etihad intendono costruire il futuro del vettore: quali saranno i servizi, quali i collegamenti, quali i mercati, quali le risorse e quanti i dipendenti. «Abbiamo comunque deciso - precisano i sindacati - di proseguire il confronto. Non si tratta di fare sconti, chi investe 560 milioni non può avere la necessità di mettere per strada 2.251 persone. Vogliamo vedere il piano».
Una posizione rigida che richiama quella brandita nel 2008 davanti ai vertici di Air France, che ebbe così buon gioco ad abbandonare il tavolo. L’ad di Alitalia, Gabriele Del Torchio, nei giorni scorsi era stato d’altro canto chiaro: «Gli esuberi sono una condizione necessaria per chiudere l’intesa con Etihad». Insomma, sembra di capire che questa volta sui tagli non verranno fatti passi indietro.
Intanto ha trovato conferma l’invio della lettera a Etihad, anticipata dal Messaggero, in cui si formalizza l’esito positivo dell’ultimo cda di Alitalia con il via libera all’operazione e il mandato ai vertici a chiudere. Nella lettera si ribadisce la disponibilità ad accettare le condizioni poste dal vettore arabo, compreso il nodo, già sciolto, della ristrutturazione del debito e quello degli esuberi. Anche se su quest’ultimo la questione appare tutt’altro che definita.