«Senza una ricapitalizzazione Atac fallirà». La fotografia scattata dalla relazione del collegio dei sindaci è quella ripetuta più volte nei mesi scorsi dall’assessore comunale Guido Improta. Troppi debiti e troppa incertezza finanziaria. E così, sia il collegio, sia la società di certificazione Mazaras (in scadenza di contratto), pare non abbiano avuto il coraggio di esprimere un giudizio certo sulla continuità aziendale di Atac. A pesare probabilmente ci sono pure le inchieste avviate dalla Procura e trapelate negli ultimi giorni, sfociate nei blitz della guardia di finanza che ha sequestrato montagne di fatture e computer sia in azienda che in alcune società che per Atac svolgono servizi esterni. La relazione che sarà presentata oggi al consiglio di amministrazione avrebbe, quindi, un punto oscuro: quello di dare quantomeno una speranza sui conti dell’azienda, prerogativa solitamente affidata proprio ai sindaci.
Manca ancora un piano industriale e manca soprattutto il rispetto dei parametri finanziari. C’è il tema sulla ripartizione dei corrispettivi affidati a Comune e Regione. Nella relazione si parla anche di una truffa, l’ultima, 7 milioni di euro di false fatturazioni. Un’altra falla che salta all’occhio dei revisori, i quali non certificano un fatto determinante: che esistano le condizioni per (quantomeno nei prossimi 12 mesi) fare sopravvivere la società.
DISASTRO CONTABILE
Il deficit di Atac segna meno 219 milioni nel 2013. Ben 62 milioni in più rispetto al conto negativo dell’anno precedente, con un passivo accumulato negli ultimi 10 anni di 1,6 miliardi. E manca dal Comune la certezza sui corrispettivi nella misura sufficiente a coprire i costi. Il motivo? Non c’è ancora il contratto di servizio. Ecco che i revisori fanno i salti mortali per non dire «no», ma nemmeno «sì». Perché in realtà, a leggere le carte, c’è poco da stare allegri. Ci sono poi una miriade di cause pendenti. Ci sono gli interessi sui debiti e i debiti. Considerando tutto ciò, il capitale aziendale risulterebbe diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite. Significa quindi che Atac ha «mangiato il capitale» per cui non hai più quelle riserve da codice civile, che le permettono di continuare l’esercizio. Per legge gli amministratori o il consiglio di gestione, e nel caso di loro inerzia il collegio sindacale, devono convocare l’assemblea: ricapitalizzaione, o amministrazione controllata (una sorta di fallimento).
I PUNTI OSCURI
Nella relazione si parla del contenzioso tra Atac e Roma Tpl. Dei 31 milioni messi e soldi dal bilancio (il costo sarebbe a carico del Comune), da cui però mancano altri 63 milioni decisi dal tribunale (anche questi soldi vanno conteggiati nel mucchio; qualcuno dovrà tirarli fuori). Tra i crediti vantati da Atac, invece, ci sono quelli per il rinnovo del contratto collettivo, circa 130 milioni di euro. Ma i soldi non ci sono. E senza l’intervento del Comune, socio unico, la perdita è per ora sulle spalle di Atac. Ci sono poi i crediti vantati da Atac dalla Regione Lazio, che ha sempre «preferito Cotral» per i trasferimenti, che è di sua proprietà. Un saldo contabile, in questo caso, che vedrebbe Atac con un piccolo passivo, ma che alla luce dei conti attuali rischia il defalut.