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Data: 19/06/2014
Testata giornalistica: Il Sole 24 ore.com
Il Dl Irpef è legge, Sel a sorpresa vota a favore. Vendola: ma non è uno scivolo verso il governo

Dopo il voto di fiducia incassato ieri dal governo (342 sì e 201 no), via libera definitivo della Camera al decreto Irpef con 322 voti sì, 149 no ed 8 astenuti. Al momento del voto finale, a sopresa, si schierano a favore della conversione anche i deputati di Sel. Ma il leader del partito, Nichi Vendola, avverte: il voto favorevole «non é uno scivolo per avvicinarsi progressivamente all'area di governo. Io dico no». Per Vendola, il decreto «é ricco di contraddizioni», ma « interviene su una platea vasta che vive un disagio sociale straordinario». Per questo «Tutto ciò che assomiglia a una riparazione dei danni fatti alle famiglie va bene. Resta una perplessità di fondo sulle fonti di finanziamento del decreto», sottolinea Vendola.

La sfida di Sel al Governo: direzione giusta, ora combattere diseguaglianze
A dare l'annuncio in Aula della svolta maturata nel partito di Vendola, dopo il confronto interno degli ultimi giorni, è stata Titti Di Salvo, che nel corso delle dichiarazioni di voto finali sul provvedimento ha sottolineato come questa sia «la direzione da consolidare». Con questo voto, ha aggiunto, «noi sfidiamo il governo ad assumersi la responsabilità di andre vanti in un linea di politica economica in grado di combattere le disuguaglianze». Sel, ha poi chiarito Di Salvo contro ogni lettura malevola del riallinamento del partito, intende «giudicare il decreto a occhi aperti. E' un bonus elettorale? Può darsi. Non serve a niente? Vedremo... Noi diciamo che è la direzione da consolidare: trovate le risorse che servono laddove ci sono, trovatele per continuare in questa direzione».


L'astensione di Marcon e Airaudo
In disseso dal loro gruppo, hanno votato contro i due deputati di Sinistra Ecologia e Libertà Giulio Marcon e Giorgio Airaudo. «Voto in dissenso da Sel», ha spiegato Marcon nel corso del dibattito, perchè «Noi siamo all'opposizione del governo, nessuno si sogni di usare questo decreto per rimettere in discussione questo orientamento. Gli 80 euro vanno bene ma non vanno bene tante altre cose». D'accordo con lui il collega Airaudo, anche lui annunciando il voto di astensione: «Serve un altro governo e un'altra politica», ha concluso.

Nel decreto anche il rinvio del pagamento dell'acconto Tasi
Sul decreto l'esecutivo aveva già incassato la fiducia anche a palazzo Madama. Tra le principali novità del decreto, il bonus da 80 euro (già erogato nelle buste paga di maggio) destinato ai dipendenti con reddito sotto i 26mila euro. Per la Rai viene confermato il taglio di 150 milioni di euro, ma la Tv pubblica viene esclusa dalle riduzioni di costi operativi previste nel decreto per le partecipate dello Stato. Nel provvedimento è entrato anche il rinvio del pagamento dell'acconto Tasi per i Comuni in ritardo con le delibere delle aliquote. Il bonus da 80 euro è stato blindato dal Governo in attesa di estenderlo con la prossima legge di stabilità a nuclei monoreddito con più figli, pensionati e incapienti. Così come il taglio del 10% dell'Irap, eventualmente da rafforzare per le Pmi nell'ambito della delega fiscale.

Le novità introdotte dal Senato
Dal restyling operato da Palazzo Madama, confermato in toto dalla Camera, anche a causa dei tempi ristretti rimasti a disposizione (il Dl scade il 23 giugno), è comunque arrivata qualche novità. A partire dalla proroga a ottobre del versamento della Tasi per i Comuni ritardatari nell'individuare le aliquote che è diventata già operativa con il decreto ad hoc varato dal Governo. Tra gli altri ritocchi, l'aumento della "tassa" sui fondi pensione dal'11% all'11,5% per sterilizzare gli effetti dell'innalzamento della tassazione sulle rendite finanziarie e il pagamento dell'imposta sulla rivalutazione dei beni d'impresa diluita in tre rate (16 giugno, 16 settembre e 16 dicembre) e non più in un'unica soluzione.

Bocciate le pregiudiziali di costituzionalità
La fiducia votata ieri dalla Camera, è la tredicesima "dell'era Renzi". Quanto alle pregiudiziali di costituzionalità, bocciate in Aula, quella posta dal M5S riguardava la natura non omogenea del decreto mentre la richiesta di Forza Italia puntava sulla violazione del principio di uguaglianza del bonus Irpef: entrambe sono state bocciate con 230 "no" e 92 voti favorevoli.

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