ROMA A una settimana dal Consiglio dei ministri di venerdì scorso, non sono ancora approdati alla Gazzetta ufficiale i testi del decreto legge di riforma della pubblica amministrazione e di quello sulla competitività delle imprese. Il pacchetto era stato approvato dal Consiglio dei ministri tutto insieme, senza ulteriori specificazioni nel comunicato finale; ma subito era apparso chiaro - data l’avversione del Quirinale verso i provvedimenti omnibus - che sarebbe stato diviso quanto meno in due testi: Pa e semplificazioni da una parte, sviluppo e competitività dall’altra.
Anche i provvedimenti “spacchettati” però sono oggetto di un esame attento da parte della presidenza della Repubblica, alla quale comunque i testi sono effettivamente arrivati solo nelle ultime ore. Per quanto riguarda la pubblica amministrazione la versione finale non conterrà novità eclatanti, ma ci saranno piccoli ritocchi, mentre alcuni articoli all’ultimo momento potrebbero essere stralciati perché privi del carattere di urgenza.
Per le nuove regole previdenziali da applicare ai magistrati, che comportano l’uscita a 70 anni e quindi - potenzialmente - l’uscita di scena dei vertici di molti uffici giudiziari ci sarà un anno in più di regime transitorio: il divieto di trattenimento in servizio partirà solo dal 2017. Uno slittamento ben più limitato toccherà la norma sul dimezzamento dei permessi sindacali, che dovrebbe scattare a settembre, un mese dopo rispetto a quanto originariamente previsto.
LE PRESSIONI
In queste ore ci sono naturalmente pressioni per aggiustamenti delle norme che risultano penalizzanti per particolari categorie. È il caso ad esempio degli avvocati dello Stato, che vorrebbero almeno limitare il pesante taglio degli emolumenti legati alle vittorie nei procedimenti. Ed ha scatenato proteste anche la chiusura delle sedi staccate dei Tar. Ma l’attenzione del Quirinale è soprattutto su alcune norme che potrebbero non possedere i requisiti di necessità e urgenza necessari almeno sulla carta per l’inserimento nel decreto legge. È il caso ad esempio dell’articolo 2 relativo agli incarichi direttivi ai magistrati, delle novità in materia di Autorità indipendenti, alla riforma del Formez ed all’unificazione delle scuole della pubblica amministrazione. Qualcuno di questi punti potrebbe essere stralciato e dirottato verso il disegno di legge delega.
Sicuramente non cambierà l’impianto complessivo della riforma, incentrato su alcuni principi-base: il ricambio generazionale nella pubblica amministrazione e la mobilità dei dipendenti, volontaria ma anche obbligatoria in un raggio di cinquanta chilometri dal luogo della originaria sede di lavoro. Il riassetto della dirigenza è invece incluso nel disegno di legge delega, anche se si trova già nel decreto ad esempio il divieto di attribuire incarichi dirigenziali a personale già in pensione.
Del decreto fanno parte anche alcune semplificazioni per i cittadini, come la possibilità per i malati cronici di usare la stessa prescrizione medica senza doverla continuamente rinnovare.