ROMA Galeotta fu la cena romana fra Migliore, il vice segretario pd Guerini e il tesoriere Bonifazi. A Nichi Vendola è risultata indigesta se non altro per una questione di stile, («per me Gennaro è come un figlio, poteva aspettare»). Poche ore prima l’ex capogruppo alla Camera aveva recapitato al leader di Sel una lettera di dimissioni. E a ruota era stato imitato da Claudio Fava, vice presidente della commissione Antimafia. Altro colpo basso per il governatore pugliese «amareggiato anche sul piano personale». Da Fava non se l’aspettava, dopo «l’incidente siculo», la mancata candidatura alle regionali, c’era stato il ripescaggio in extremis. «E’ una fuga per la vittoria - ha voglia di scherzare un dirigente, che in realtà mastica amaro - andranno in un partito che non ha fatto nulla per averli e che in realtà, forse, ne avrebbe fatto volentieri a meno». In realtà i fuorusciti confluiranno in un nuovo gruppo insieme ai socialisti Di Lello e Nencini che ieri si aggiravano al Nazareno, Al gruppo si aggiungerà anche l’ex deputato di Sc, Dalla Zuanna.
PD PARTITO APERTO
L’emorragia è iniziata con l’uscita dei deputati Ragosta e Aiello, è continuata con 27 esponenti in Campania. Poi anche Titti Di Salvo e Ileana Pizzoni hanno comunicato al presidente e al coordinatore Nicola Fratoianni la decisione «irrevocabile» di lasciare. E non è finita: al gruppo dei fuggitivi potrebbe aggiungersi un altro drappello di dissidenti Guido Quaranta, Fabio Lavagno, Alessandro De Zan, in tutto una dozzina. In dubbio ci sarebbero anche un paio di senatori. Se non è uno scisma, poco ci manca.
«É uno strappo parlamentare, sul territorio non si rifletterà», scommette Massimiliano Smeriglio, vice presidente della Regione Lazio, in una pausa della direzione. «Come l’ha presa Nichi? Molto male». Uno psicodramma. E infatti Vendola non fa nulla per sembrare allegro: «Quando la rappresentanza istituzionale di Sel si spacca in maniera così plateale è una comunità sicuramente ferita, ai compagni e alle compagne che vanno via facciamo gli auguri». Il leader si dice «disposto alle dimissioni» e aggiunge: «Speriamo che ora non continui il tempo delle contumelie e delle rappresentazioni caricaturali». Migliore si è sentito dare del «sabotatore». É girata la voce che in cambio dell’adesione al Pd avrebbe ricevuto la promessa di una candidatura a Napoli per il dopo De Magistris.
In realtà lo strappo si è consumato prima delle europee quando Sel si è schierata con Tsipras. Già allora la tentazione di andar via per Migliore era stata forte. Vendola gli avrebbe chiesto di restare. Il quorum raggiunto per un pelo non ha alleggerito l’impatto del ciclone Renzi. Per i «miglioristi» lo scenario ormai era cambiato, non c’era più bisogno di stampelle, meglio giocarsi la partita da dentro. «Nessuno ha mai pensato di trasformare Sel in una ridotta minoritaria incapace di dialogare con il Pd», resta trincerato all’opposizione Fratoianni. E Renzi? No comment. Dall’entourage del premier trapela solo «massimo rispetto per il travaglio di Sel: il nostro è un partito aperto».