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Data: 27/06/2014
Testata giornalistica: Il Centro
Mazzette sul dopo terremoto - Inganni e creste sugli operai. Ventimila euro a semestre per gli imprenditori in affari con gli amici dei camorristi

L’AQUILA «Ma qua il lavoro sta tutto nell’imbrogliare, hai capito?». La mission degli imprenditori aquilani accusati di fare affari nella ricostruzione post-sisma con personaggi ritenuti contigui (per storie personali e frequentazioni) ai clan camorristici, segnatamente ai Casalesi, sta tutta in questa frase-chiave pronunciata da Michele Bianchini, di 37 anni, di Avezzano, ingegnere e factotum dei Di Tella. Il giovane «dando ancora una volta sfoggio delle sue doti “truffaldine”», come si legge nell’ordinanza custodiale, «lascia chiaramente intendere che nei cantieri affidati dall’imprenditore edile aquilano Elio Gizzi erano loro a gestire tutte le lavorazioni da eseguire, senza che Gizzi si occupasse di alcun aspetto». Anzi, l’ordinanza del gip lo descrive come preoccupato del rispetto del cronoprogramma dei lavori, «al fine di evitare di incorrere nel pagamento di penali per i ritardi nella consegna dei fabbricati». L’INCHIESTA VA AVANTI. Il meccanismo delle buste paga «gonfiate» (anzi in questo caso sgonfiate, visto che gli operai dovevano ridare indietro al datore di lavoro «circa il 50 per cento», come sostiene l’accusa), non sarebbe solo limitato alla vicenda che ha portato ai sette arresti. Anzi. Vi sarebbero altri casi di altri cantieri avviati con la medesima modalità. I controlli da parte degli investigatori sono proseguiti anche nella giornata di ieri in diversi cantieri. Secondo l’accusa il meccanismo serviva a far confluire fondi neri all’interno di una «cassaforte» (la società Gestec, appositamente creata per raggiungere lo scopo) e risparmiare sulla manodopera, per potersi permettere il versamento, a Gizzi e ai Serpetti, del 30% del finanziamento concesso per la ristrutturazione di case private. Con questa somma i tre imprenditori, una volta ottenute le commesse con affidamenti diretti, le cedevano, sia pure rimanendo titolari dei contratti, ai Di Tella che organizzavano e gestivano gli operai e quindi i lavori. 20MILA EURO A SEMESTRE. Secondo la ricostruzione dell’accusa, il giro d’affari che veniva fuori da questo «rastrellamento» di denaro era di 20mila euro ogni semestre («ad agosto e a Natale»). La «raccolta» veniva effettuata in prima persona da Alfonso Di Tella, con contatti diretti con gli operai, tutti di provenienza campana in quanto, come emerge dalle carte, venivano controllati meglio, trattandosi di «manodopera contrattualmente debole, vulnerabile dal punto di vista economico e comunque», come annota il gip, «particolarmente sensibile alle richieste estorsive praticate avvalendosi della forza intimidatrice dell’appartenenza o della contiguità ad ambienti criminali (il clan camorristico di Casapesenna)». LA MAPPA DEI CANTIERI. L’ordinanza individua anche la mappa dei cantieri che, nel solo anno 2012, hanno visto impiegati operai reclutati e gestiti («oltre che sfruttati», scrive il giudice per le indagini preliminari), dai Di Tella. Ecco l’elenco con i relativi contributi assegnati dal Comune per le parti comuni: Cm costruzioni condominio edilizia San Rocco via del Castelvecchio Pettino (contributo ammesso 1 milione); Todima srl cantiere Le Verande via Rocco Carabba zona stazione (contributo 3,1 milioni); cantiere Belvedere via dell’Ortica-Via Giorgetto-via del Calvario (500mila euro), Cantiere La Corte via Scuola della Torretta 99 (contributo 5 milioni), condominio Gioia via Giada 18 Pianola (contributo 1 milione); Domus dei fratelli Gizzi Vesuvio via Australia 1 (contributo 2 milioni), cantiere denominato Complesso De Meo via Australia 16 (960mila euro); Condominio Strinella Alto via Avezzano 3A (contributo assegnato 1,1 milioni). I PUNTI OSCURI. È il gip a indicare, nella parte finale dell’ordinanza, gli aspetti da approfondire: «investimenti dei Di Tella, impiego di ingenti somme di denaro presso case da gioco, agevolazioni ottenute anche da appartenenti alle forze dell’ordine, rivelazione di notizie coperte da segreto di ufficio. Da approfondire anche l’aspetto inerente all’elemento soggettivo del reato di estorsione nei confronti dei lavoratori, con particolare riferimento agli imprenditori aquilani».

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